«Le banche creano una difficoltà imprevista per Matteo Renzi, ma tanto Forza Italia quanto il Movimento Cinque Stelle preparano un anno di ‘tregua politica’ che consentirà al presidente del consiglio di continuare a governare». A prevederlo è Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds, secondo cui «per dare tempo a Stefano Parisi di fare la rivoluzione interna, Silvio Berlusconi ha bisogno di tempo e ciò fa pensare che da parte del centrodestra non partiranno siluri immediati tali da portare alla fine del governo Renzi. E lo steso vale anche per i Cinque Stelle, che nell’eventualità di una campagna elettorale a breve rischierebbero di trovarsi con il sindaco di Roma Virginia Raggi in mezzo al guado».



Se la situazione delle banche continua a precipitare, può creare difficoltà di sopravvivenza politica per Matteo Renzi?

Sicuramente non lo aiuta. Non dobbiamo dimenticare che l’accelerazione della caduta di Berlusconi avvenne per una questione economica legata all’Europa come lo spread. La vicenda delle banche riguarda il cuore dell’economia italiana, e quindi crea una difficoltà che Renzi non aveva previsto.



Renzi ha detto di avere ereditato il problema da Mario Monti. È così?

Malgrado siano passati due anni da quando è presidente del consiglio, Renzi tende sempre a sostenere che lui deve affrontare colpe altrui. La domanda però può essere rovesciata: “Che cosa ha fatto Renzi nel frattempo?”. L’attuale premier inoltre non può sparare in modo così indiscriminato su tutti i suoi predecessori fingendo di essere arrivato da Marte.

Il premier sembra avere silenziato il tema del referendum. È una scelta politica?

Renzi si rende conto che avere personalizzato la battaglia referendaria nuoce alla campagna per il SI. Solo che la personalizzazione c’è stata e anche molto forte. È un po’ come un tatuaggio sulla pelle viva: resta anche per quanto tu possa cercare di togliertelo. Mettendo la sordina alla battaglia referendaria, Renzi cerca in qualche modo di togliersi dalla prima scena. Il ministro Graziano Delrio e il sottosegretario Angelo Rughetti gli stanno dando una mano, mobilitando con un documento il fronte dei sindaci a favore dei SI.



Sul fronte opposto, l’idea di Berlusconi di riunire il centrodestra intorno a Parisi ha ancora un senso a livello nazionale?

Questa idea di Berlusconi tronca alcune ipotesi in campo come quella di un centrodestra guidato da Salvini. Quello guidato da Parisi è uno schieramento moderato-riformista che si contrappone alla deriva lepenista. Parisi ha detto di recente che vorrebbe riportare Forza Italia al 20%, e quindi al momento non si pone un obiettivo clamoroso. Il suo scopo è fare di Forza Italia la più forte formazione di centrodestra, e quindi quella che torna a dettare le regole nel rapporto con altre formazioni più di destra.

È un obiettivo realizzabile?

Credo di sì. Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è un partito romano, con irradiazioni nazionali a macchia di leopardo, e la stella di Salvini sembra sempre meno luminosa e in ogni caso non ha più capacità espansiva. Il segretario della Lega perde anche l’alleanza con Roberto Maroni, che viceversa si trova più in sintonia con Parisi che non con il suo compagno di partito. Questa operazione ha però bisogno di tempo, e questo può aiutare Renzi.

 

In che senso?

Per dare tempo a Parisi di fare la rivoluzione interna, Berlusconi non ha bisogno di qualche mese bensì di almeno un anno. Ciò fa pensare che da parte del centrodestra non partiranno siluri immediati tali da portare alla fine del governo Renzi. Siluri immediati non arriveranno neanche da M5s, che nell’eventualità di una campagna elettorale a breve rischierebbe di trovarsi con la Raggi in mezzo al guado. Pur temendo il risultato del referendum, Renzi torna quindi ad avere dalla sua la difficoltà degli avversari. Certo il governo ha dei problemi, ma quelli delle opposizioni sono di gran lunga maggiori.

 

Renzi e Berlusconi preparano un nuovo Nazareno?

Non è impossibile un nuovo Nazareno, anche se a Parisi conviene piuttosto una contrapposizione a Renzi, sia pure con uno stile misurato, altrimenti la sua creatura non decolla. In una prospettiva di medio periodo però la spinta a collaborare ci può essere.

 

La giunta Raggi sta affrontando il problema dei rifiuti a Roma. Per M5s possono esserci conseguenze nazionali?

Un insuccesso di Virginia Raggi presumibilmente non avverrà su piccole questioni, bensì proprio su quei problemi che l’hanno portata al Campidoglio. Può avvenire cioè sui trasporti, sui rifiuti o sul rapporto con i grandi potentati. M5s però gode ancora di un tesoretto di voto di protesta che neppure gli errori dei suoi sindaci al momento possono scalfire. I consensi dei Cinque Stelle in questo momento prescindono da quello che fa il movimento. È un voto di spregio contro il vecchio sistema politico.

 

(Pietro Vernizzi)