Ieri la Corte di cassazione, come recita il comunicato, ha dichiarato conforme all’articolo 138 della Costituzione e alla legge 352/1970 la richiesta referendaria depositata il 14 luglio, dando via libera al referendum costituzionale Renzi-Boschi.

Partiamo dal punto di vista tecnico.

Sulla base della legge 352/1970 e delle scansioni lì previste, la situazione ad oggi è la seguente. Il 6 maggio 2016 l’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha già avuto modo di dichiarare conformi le richieste fino ad allora pervenute, presentate da deputati e senatori. Una volta spirato il termine di tre mesi dalla pubblicazione del testo della riforma sulla Gazzetta ufficiale (intervenuta il 15 aprile 2016), in data 8 agosto 2016 l’Ufficio centrale si è pronunciato e ha dichiarato conforme l’ulteriore richiesta presentata dagli elettori in numero superiore a 500mila.



A questo punto la decisione della Cassazione, ammettendo il referendum, impone una serie di adempimenti. In particolare, è previsto che entro 60 giorni dalla comunicazione il referendum sia indetto con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei ministri. La data del referendum è quindi fissata in una domenica compresa tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione.



In pratica, con un minimo di approssimazione, l’ulteriore scansione del procedimento risulta così articolata:

Entro 60 giorni (e dunque entro il 7 ottobre): decreto del presidente della Repubblica con cui viene indetto il referendum;

Tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo all’emanazione del decreto: data di svolgimento del referendum.

Con riguardo al momento preciso in cui si voterà, è evidente che ciò dipenderà dai fattori rispetto ai quali sono presenti (sia pur limitati) margini di discrezionalità.

E qui il punto di vista non può che assumere contorni anche politici.



Possiamo intanto provare a fare due esempi, rimanendo sugli estremi.

Se i soggetti coinvolti si attesteranno sui minimi (pochi giorni per il decreto di indizione e la domenica più vicina al 50esimo giorno successivo per la data), si potrebbe addirittura votare alla prima o alla seconda domenica di ottobre.

Se i soggetti coinvolti si attesteranno sui massimi (60 giorni per il decreto di indizione e la domenica più vicina al 70esimo giorno successivo), si potrebbe finire per votare, al più tardi, nella seconda domenica di dicembre.

Ogni domenica che cada in una data ricompresa tra quelle indicate potrebbe essere quella prescelta, compatibilmente con la data concreta di emanazione del decreto, che ancora non conosciamo.

A giudicare dal tweet del presidente del Consiglio dei ministri a poche ore dal comunicato dell’Ufficio centrale (“Adesso possiamo dirlo: questo è il referendum degli italiani”), si potrebbe immaginare una tempistica abbastanza serrata, così come dal tweet del ministro per le Riforme Boschi (“Via libera della Cassazione alle firme raccolte dal comitato del sì! Adesso la parola ai cittadini”). 

Quanto al presidente della Repubblica, come si ricorderà, alla Cerimonia del Ventaglio (27 luglio 2016) disse che gli era parso di assistere a “discussioni un po’ surreali, quasi sulla scia della caccia ai Pokemon”, dal momento che la data non era stabilita per il semplice fatto che non era ancora possibile farlo.

Ebbene, con la decisione della Cassazione ora la procedura può partire e nessuno si nasconde che il fattore tempo non è un aspetto solo tecnico.

La ripresa dei lavori parlamentari, a settembre, lascerà intendere la direzione del confronto politico sulla legge elettorale e su una eventuale modifica dell’Italicum. Gli ultimi mesi dell’anno, poi, sono quelli dedicati all’approvazione della manovra di bilancio, e anche questo sembra un aspetto non trascurabile, se si dovesse intrecciare con la fase finale della campagna per il “Sì” o per il “No”.

Per intanto, non risultano convocazioni del Consiglio dei ministri, mentre le forze politiche di opposizione paiono generalmente orientate a chiedere al Governo di indicare con sollecitudine la data del referendum. E forse non poteva essere diversamente, stante la caratterizzazione che è stata data al referendum, in primis dal premier, quasi fosse una “questione di fiducia”.


E’ disponibile online il quaderno della Fondazione per la Sussidiarietà dedicato alla riforma costituzionale del governo Renzi.

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