“A differenza di quanto hanno scritto i grandi giornali, la minoranza Pd che fa capo a Roberto Speranza non ha ancora formalizzato il No al referendum. Quello che chiediamo a Matteo Renzi è di uscire dalla melina e dal traccheggio, e avviare un’iniziativa politica e parlamentare che affronti i nodi della riforma elettorale”. Lo afferma Federico Fornaro, senatore della minoranza Pd. Dopo l’intervento conclusivo del segretario Pd, Matteo Renzi, alla Festa nazionale dell’Unità a Catania, Pierluigi Bersani ha commentato lapidario: “Renzi a Catania? E’ la solita canzone”. A creare malumori nella sinistra Pd sono state soprattutto le polemiche di Renzi contro Massimo D’Alema, nonché la mancanza di proposte concrete.
Renzi si è detto disponibile a modificare l’Italicum. Perché votare No al referendum prima ancora che il premier abbia formalizzato una proposta?
La formalizzazione del No da parte nostra è una forzatura giornalistica. Domenica Roberto Speranza ha detto una cosa diversa, e cioè che stante questa situazione non ci sono le premesse per votare Sì o meglio a queste condizioni Renzi ci costringe in qualche modo a non votare Sì…
A quali condizioni si riferisce?
Noi abbiamo posto la questione del rapporto tra legge elettorale e riforme costituzionali. Nel comizio di chiusura alla Festa Nazionale dell’Unità di Catania ci saremmo aspettati un altro discorso, che provasse a trovare gli elementi di unitarietà del Pd, e non invece un discorso che ha continuato ad alimentare le divisioni.
Ma non c’è stata un’apertura da parte di Renzi?
Non nei fatti. Renzi si è guardato bene dal citare la legge attuativa per la scelta dei senatori. Mentre sull’Italicum ha genericamente detto che il Pd ha le sue proposte: mi chiedo quali siano e dove siano state discusse e decise. Cioè il premier non è entrato nel merito e soprattutto non ha lanciato quel segnale politico di apertura che ci saremmo aspettati nei confronti della minoranza Pd e in particolare della nostra area.
L’Italicum si può modificare con legge ordinaria, mentre una riforma costituzionale richiede un iter lungo e complesso. Perché gettare via il bambino con l’acqua sporca?
Perché la legge elettorale è il cuore pulsante di una democrazia. In un momento in cui saranno chiamati a votare per il referendum, i cittadini hanno il diritto di sapere come saranno eletti Camera e Senato. Il giudizio sulla riforma che supera il bicameralismo perfetto e che affida a una sola Camera il potere di dare la fiducia evidentemente impone una chiarezza proprio sui sistemi elettorali di Camera e Senato.
Che cosa dovrebbe fare Renzi per convincervi a riaprire il dialogo sulla riforma costituzionale?
Quello che domenica ha ribadito Speranza, e cioè avviare un’iniziativa politica e parlamentare che affronti i nodi della riforma elettorale e provi a delineare una legge elettorale per la Camera e per il Senato. Insomma uscire dalla melina e dal traccheggio, per dare un segnale chiaro in questa direzione.
Voi quale legge elettorale vorreste?
Lo scorso luglio abbiamo proposto una riforma di legge elettorale che si basa sul ritorno ai collegi uninominali. La nostra proposta prevede 475 collegi uninominali, un premio di maggioranza di 90 seggi, 30 seggi alla seconda lista, 23 come diritto di tribuna a tutte le liste che prendono più del 2% e 12 seggi nella circoscrizione estero. Noi crediamo che una buona legge elettorale debba puntare a un giusto punto di equilibrio tra le esigenze di governabilità e di rappresentanza.
Perché l’Italicum non garantisce questo equilibrio?
Con l’Italicum, attraverso il ballottaggio, un partito che al primo turno arriva secondo con il 20%, dopo una vittoria al ballottaggio può arrivare ad avere il 55% dei seggi. Nel nostro modello invece il premio di maggioranza è in numero fisso, mentre la somma tra gli eletti nei collegi uninominali e con il premio di maggioranza non potrebbe comunque superare i 350 seggi. Si dà un premio, ma quest’ultimo non deforma la rappresentanza.
(Pietro Vernizzi)