Luigi Di Maio la “tocca piano” sul referendum costituzionale in programma tra pochi mesi: il riferimento è di quelli ai limiti, ma è per capire cosa ha scatenato nel giro di poche ore il post su Facebook del leader in pectore del Movimento 5 Stelle. Attacco diretto contro il presidente del Consiglio che con Italicum e referendum sulle riforme costituzionali si gioca molto del suo destino politico. Sentite Di Maio: «non è un Presidente del Consiglio ma il più grande provocatore del popolo italiano, un Presidente non eletto, senza alcuna legittimazione popolare, che sorride mentre le persone soffrono. Il referendum di ottobre, novembre o dicembre (ci faccia sapere la data, quando gli farà comodo) lui stesso lo sta facendo diventare un voto sul suo personaggio che ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Cile. E sappiamo come è finita». Un attacco durissimo che prova a rilanciare l’offensiva M5s a livello nazionale dopo i tantissimi problemi alla giunta Raggi a Roma che ha messo in evidenza tutti i limiti e i problemi del Direttorio a Cinque Stelle. Ancora una volta i contenuti passano in secondo piano rispetto e gli scontri politici invece si riaffermano: una piccola curiosità, in un primo momento il post di Di Maio riportava un “Pinochet in Venezuela”, corretto poi dopo qualche minuto dopo esser stato avvertito della gaffe. Succede anche questo oggi con il referendum di novembre.



Il voto del referendum costituzionale che ancora deve essere fissato con la data ufficiale, si continua a mischiare con il problema-Italicum: la legge elettorale che da più parti viene usata come “merce di scambio” per il Sì o il No al voto sulle riforme costituzionali attende un importante esame da parte della Corte Costituzionale. Come riporta il Messaggero il possibile rinvio dell’esame Consulta potrebbe avvenire dopo il voto referendario, “rinvio legato al possibile ed imminente cambio di conteste e con necessità di esaminare altri ricorsi” riporta la fonte del Messaggero. Sostanzialmente la questione è da dirimere così: un conto è la legge elettorale con un Senato cambiato dal Sì al referendum, e un conto invece è un Italicum con un impianto costituzionale rimasto uguale a quello presente fino ad oggi. Resta dunque molto difficile che l’esame della Consulta possa arrivare prima del 2017 visto che la data del referendum è se va bene a fine novembre, oppure ad inizio dicembre. Un’occasione per Renzi di “rivedere” i piani dell’Italicum come “promesso” alla minoranza del suo partito?



Le ultime novità che arrivano dal referendum costituzionale e dall’Italicum pongono un interessante quesito che forse sottende questi mesi di stressante battaglia per il Sì o il No al voto sulla riforma Boschi, o anche il parere sulla nuova legge elettorale. Le fratture nel Pd spaccano il voto e dividono anche la politica nazionale o favoriscono una maggiore attenzione ai contenuti delle due posizioni rispetto alle modifiche costituzionali? Una bella domanda che non può certamente esaurirsi nello spazio di un dibattito, figuriamoci in quello di un articolo. Eppure la frattura tra Renzi e D’Alema in queste ore sta generando le prossime mosse della maggioranza nell’istituire la data del voto: ieri alcune indiscrezioni di Affari Italiani riportavano un possibile slittamento a primavera 2017 del voto, anche se per ora non ci sono state conferme in questo senso. La minoranza dem è sempre più orientata verso il No, Renzi attacca i “dalemiani” anche se nello stesso tempo è disposto a “totale apertura e disponibilità per cambiare l’Italicum”. Un grande caos che però potrebbe favorire almeno nelle prossime settimane una battaglia sulle ragioni del Sì e del No: con il Pd diviso in due, ci saranno sempre più appelli o proclami per l’una e per l’altra parte e magari il cittadino potrebbe esserne “favorito” nell’informarsi sempre più sul contenuto del referendum costituzionale. Pippo Civati va su questa linea: «Nel dibattito sulla riforma costituzionale bisognerebbe iniziare a rispondere nel merito e smetterla di buttarla in caciara». No al referendum ma anche a D’Alema, Sì al capire meglio la riforma della Boschi: problemi possibili in vista? Che la caciara rimanga solo sulla leadership del Pd e non sul referendum in sé, l’altra faccia della medaglia: «Nel referendum costituzionale non si discute di leadership del Pd. Non carichiamolo di significati impropri», dice il vicesegretario Lorenzo Guerini. Il tempo ci dirà quale delle due facce della medaglia vedremo. (Niccolò Magnani)

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