La polemica nazionale sul referendum costituzionale non si placa: dopo Obama – che parla tramite l’ambasciatore Usa in Italia – ora è anche la Merkel che si esprime sul tema delle riforme del Governo Renzi come la legge elettorale dell’Italicum e appunto il referendum sulle modifiche costituzionali. Apriti cielo, visto che dopo le parole del diplomatico americano ieri l’intera schiera di opposizioni si era ribellata, ora con l’appoggio, seppur minimo, della cancelliera tedesca si attendono grandi polemiche. Ecco le parole di Angela Merkel, tramite il portavoce Steffen Seibert: «Ovviamente non spetta al governo tedesco esprimersi su referendum che si tengono in altri Paesi ma Angela Merkel appoggia nelle sue diverse attività di politica interna e le riforme che il premier ha avviato, ad esempio nel mercato del lavoro». Ingerenza? Modifiche al corso normale degli eventi con il voto popolare italiano condizionato? Forse è una polemica molto più politica che pratica, visto che l’elettorato medio degli avvertimenti stranieri non è per nulla detto che venga particolarmente “toccati”.



Mattarella questa mattina aveva provato a spegnere il caso politico sul referendum costituzionale in seguito alla posizione dell’ambasciatore americano in Usa, eppure il caso politico continua con i rumori che ancora provocano le proteste delle opposizioni al governo Renzi che chiedono l’intervento massiccio dello stesso premier che esiga delle “scuse per evidenti ingerenze estere in affari interni”. Prendiamo ad esempio Alessandro Di Battista, membro del Direttorio M5s, e protagonista di un tour in moto da poco concluso per dire No al referendum sulle riforme costituzionali: ieri ad Otto e Mezzo ha attaccato di nuovo il rappresentante di Obama in Italia, «quella dell’ambasciatore americano John Phillips è una ingerenza sguaiata e molto grave. Vorrei chiedergli se lui rappresenta il popolo americano o gli interessi di qualche banca d’affari. Non siamo alleati non sudditi». Bene, ma quando si parlerà davvero di senato? Di autonomie delle regioni? Di abolizione del Cnel o del cambio regole sul referendum? Non sono punti vani, ma sono i principali contenuti del voto di novembre: la politica prosegue nello scontro, ma intanto questi contenuti rimangono ancora per lo più fermi, o poco “interessanti”.



In visita in Bulgaria il presidente della Repubblica torna sul caso referendum costituzionale provando a livello interno a spegnere le polemiche per le “ingerenze” dell’ambasciatore Usa Phillips che aveva espresso ieri le importanti affermazioni su possibili conseguenze per gli investimenti in Italia a seconda del Si o No al voto referendario. Di contro, le parole di Mattarealla suonano come una decisa ripresa del diplomatico e del governo americano intervenuto così da vicino su una scelta popolare. «E’ un problema di passaggio democratico da vivere come tale serenamente. Il mondo oggi non dico che è diventato piccolo ma molto più connesso e interconnesso fra i diversi Paesi. “l’Italia è un Paese importante e dunque anche il suo referendum costituzionale interno viene seguito con attenzione anche all’estero”. Secondo Mattarella però ammessa questa necessaria considerazione, “non muta in nulla il fatto che la sovranità sia demandata agli elettori”.



Il referendum costituzionale e l’Italicum hanno fatto propendere alla fine una scelta per Pier Luigi Bersani, l’ultimo elemento di forte impatto della minoranza dem nel Pd che era ancora indeciso tra il Sì renziano e il No dalemiano. Inutile dire che ha scelto la via “del Baffino” e si accoda alle polemiche della minoranza democratica che arriva così alla frattura decisiva con la segreteria del Pd. Nell’intervista questa mattina a Repubblica e La Stampa, Bersani dice No ed è la scelta inequivocabile e ultimo: “poi vediamo cosa succede con la legge elettorale, ma se mi chiedono come voto, dico quello che penso. Il mio voto vale uno, non cerco seguaci. Rispondo solo alla domanda, quando me la fanno. Non tutti i comunisti votarono per l’aborto, ma il giorno dopo erano ancora comunisti; non tutti i democristiani votarono per la Repubblica, e il giorno dopo erano democristiani. Che razza di problema c’è?“. Il motivo finale della scelta di Bersani è la diversa idea di democrazia, come la chiama lui, rispetto a Matteo Renzi: «Ho sempre pensato che la riforma del Senato e l’ Italicum insieme fossero una piegatura della democrazia un po’ pericolosa. Non va bene che con il 25 per cento un partito prende tutto e forma un Parlamento di nominati. Lo vogliamo capire che è un sistema sbagliato, dannoso, che alla gente dobbiamo ridare invece un’occasione di scelta, che devono sentirsi piùrappresentati, non meno? Lo vogliamo capire che così crescono i populismi?».

La giornata di ieri potremmo derubricarla nel dibattito sul referendum costituzionale come un punto di (forse) non ritorno: i fatti sono tanti, la confusione molta e le polemiche non si contano. Tutto nasce da un’affermazione che fa scalpore e viene dall’ambasciatore Usa in Italia, John Phillips: «Il ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia», sono le esatte parole di John Phillips, diplomatico Usa nel nostro Paese. Intervenendo all’incontro sulle relazione transatlantiche organizzato a Roma, l’ambasciatore ha voluto ribadire come «Il referendum è una decisione italiana, ma il Paese deve garantire stabilità politica. Sessantatre governi in 63 anni non danno garanzia». Le riforme del governo Renzi vengono viste da Washington come un motivo positivo di speranza per un buon futuro dell’Italia anche a livello economico: per Obama il referendum è necessario, e Renzi ovviamente gongola. Ma un attimo dopo arriva la reazione veemente di Lega Nord, Movimento 5 Stelle e Forza Italia che non ci stanno al “ricatto” della amministrazione Obama rappresentata in Italia da Phillips.

«Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari suoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato – attacca il leader leghista Matteo Salvini – Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare Sì al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il No”», riporta il sito di Repubblica. Durissimo anche Gasparri, Forza italia, «Siamo convinti che oggi come oggi Putin valga mille volte Obama e riteniamo che l’Italia non sia una colonia e che non sia compito dell’ambasciatore americano in Italia pronunciarsi sul referendum costituzionale». Il Movimento 5 Stelle ieri si è riservato l’attacco frontale a Renzi a prescindere dall’endorsement di Obama, con Luigi Di Maio che su Facebook ha definito il premier com Pinochet nell’approfittarsi di una mancata elezione per condizionare il potere (esagerando forse molto nel paragone azzardato). Ebbene, in tutto questo tourbillon cosa rimane del referendum costituzionale? Esatto, molto poco: un’altra occasione persa per affrontare di petto i contenuti della legge e solo tanti, tanti, calcoli politici. (Niccolò Magnani)