“Un tracollo di M5s a Roma darà un colpo significativo al fronte del No al referendum, le cui truppe non sono certo rappresentate in maggioranza dalla sinistra Pd né dagli elettori di destra, quanto piuttosto dai sostenitori dei Cinque Stelle”. Ne è convinto Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, secondo cui “se vincono i Sì il giorno dopo Matteo Renzi farà quello che ha sempre sognato: asfaltare tutti. E ciò renderà ancora più probabile una scissione all’interno del Pd che è già molto verosimile”. Nei giorni scorsi riferendosi alla possibilità di modificare l’Italicum, Renzi si era detto “pronto a discuterne. C’è bisogno però che gli altri facciano proposte, noi facciamo le nostre”.



Sulla legge elettorale Renzi a che gioco sta giocando?

Renzi vuole dimostrare una disponibilità al cambiamento perché, così facendo, consegna interamente a Bersani e a D’Alema la responsabilità della rottura. Dichiarando la sua disponibilità e non ricevendo una risposta di merito da alcuno, né dalla sinistra Pd né da altre forze politiche, si scarica la coscienza e la responsabilità. Renzi tira fuori questa disponibilità anche perché è sempre più insistente la voce secondo cui la Corte costituzionale potrebbe rinviare la sua decisione a dopo il referendum.



Quale effetto avrebbe sul referendum un tracollo di M5s a Roma?

Quella parte dell’elettorato grillino che viene dalla sinistra andrebbe verso un rifiuto assai più radicale della politica. I delusi di M5s non tornerebbero nei vecchi partiti, ma andrebbe ad affollare l’area dell’astensione. Ciò toglierebbe buona parte delle truppe al No al referendum. Resterebbe in campo quasi solo la capacità di attrazione della minoranza Pd e della sinistra d’opposizione, un’area che non è maggioritaria. Se quindi i grillini “delusi dalla vita” non decidono di partecipare al referendum è chiaro che il No prende un colpo e Renzi se ne avvantaggia.



Se vincono i Sì il giorno dopo Renzi che cosa farà?

Se i Sì vincono in modo convincente, Renzi fa quello che ha sempre sognato di fare: asfalta tutti. In Renzi non c’è l’animo del conciliatore né del vincitore moderato, anzi conosce solo la battaglia e la regola della vittoria in cui non si fanno prigionieri. Il principale conto che il premier vuole regolare è quello con Massimo D’Alema. Se quindi Renzi vince, la sinistra Pd sarà costretta a pensare alla scissione perché Renzi non le concederà più tregua.

Renzi ha detto di essere più interessato ai Sì fuori che dentro il partito, rischiando così di spaccare il Pd. Gli conviene in vista del referendum?

Renzi si sta rendendo conto che la questione della scissione potrebbe presentarsi più realistica: in caso di vittoria del No per spirito di rivincita, in caso di vittoria dei Sì perché la parte soccombente potrebbe dire di non avere più spazio. Il premier considera l’attività di D’Alema come propedeutica alla scissione e sa che per quanto possa essere debole porta via voti. Siccome la gara è con M5s, basta qualche decimale di punto per perdere il ballottaggio. Per tutte queste ragioni Renzi ha detto che sta guardando a un altro elettorato.

Quale nello specifico?

Renzi è convinto che il recupero che Stefano Parisi sta tentando non riesca, e che quindi i voti moderati vadano sul Pd. In fondo il suo vecchio sogno era quello rubare al centrodestra una parte di voti moderati. Questo, secondo me, è il suo calcolo in vista del referendum.

 

Renzi deve temere di più una vittoria del No al referendum o la crisi economica?

Più il No al referendum. Gli italiani si sono abituati a vivere in un Paese che non uscirà dalla crisi. C’è un dato psicologico di scarsa reattività, che la dice lunga sullo stato d’animo del Paese sempre più afflitto e pessimista. Un referendum invece è un dato politico fondamentale, al di là della dichiarazione fasulla del premier che ha detto che non si dimetterà. Anche perché la campagna elettorale per questo referendum durerà di più di quella per le elezioni americane…

 

Con quali conseguenze?

Se il popolo italiano nella sua maggioranza respinge la legge principale approvata da Renzi, questi può non dimettersi la sera del risultato ma il suo percorso sarà talmente accidentato che nell’arco di qualche settimana la crisi politica del suo governo sarà inevitabile.

 

(Pietro Vernizzi)