“L’instabilità della giunta Raggi è la conseguenza diretta di un conflitto molto acuto all’interno del Movimento 5 Stelle nazionale. La scelta di demandare il giudizio sugli assessori all’Autorità nazionale anticorruzione e la posizione fluttuante sulle Olimpiadi riflettono l’incapacità di prendere una decisione come effetto di questa spaccatura”. Lo afferma Stefano Fassina, deputato di Sinistra Italiana e consigliere in Campidoglio. Giovedì il Comune di Roma è finito nella bufera in quanto hanno rassegnato le dimissioni il capo di gabinetto Carla Raineri, l’assessore al Bilancio, Marcello Minnenna, il direttore generale di Atac, Marco Rettighieri, l’amministratore unico di Atac, Armando Brandolese, e quello di Ama, Alessandro Solidoro.
Che cosa ne pensa di quanto sta avvenendo a Roma?
Sono molto preoccupato, perché non si può permettere una situazione di instabilità in una città con problemi così gravi. Per non parlare del fatto che un sindaco eletto con un consenso popolare così elevato non riesce a nominare una giunta che possa essere all’altezza dei problemi che abbiamo di fronte.
Condivide la scelta della Raggi di sottoporre il giudizio sugli assessori all’Autorità anticorruzione?
Ritengo che ci sia stato un utilizzo strumentale del parere dell’Autorità anticorruzione. Il motivo è che c’è un conflitto molto acuto all’interno di M5s, che abbiamo visto sin dai primi giorni successivi alle elezioni. Si è arrivati alla nomina di Carla Raineri come capo di gabinetto dopo un percorso in cui c’erano stati vari tentativi di altro tipo. Il vero problema politico è dunque il conflitto all’interno dei Cinque Stelle.
Questa crisi politica potrebbe costringere la Raggi a dire sì alle Olimpiadi per accontentare i grandi costruttori?
Spero proprio che la Raggi eviti questo errore. Il sindaco ha preso degli impegni in campagna elettorale e li deve mantenere. Il 10 giugno scorso avevo presentato una mozione in consiglio comunale con la quale chiedevo un referendum tra i cittadini romani per decidere quali sono le priorità. La maggioranza a Cinque Stelle, su indicazione del partito, ha bocciato la mia richiesta. Spero che ora non ribaltino la posizione presa in campagna elettorale perché significherebbe contraddire un chiaro mandato dei cittadini.
Secondo lei perché M5s ha detto no al referendum sulle Olimpiadi?
Fare proclami dall’opposizione è certamente più facile che governare. All’interno di M5s è in atto un conflitto che riguarda anche le Olimpiadi, e non erano quindi nelle condizioni per poter esprimere un impegno a favore del referendum.
Perché a quel punto che cosa sarebbe successo?
Nonostante la retorica sulla partecipazione dei cittadini, in caso di referendum i Cinque Stelle non avrebbero più controllato la scelta, perché sarebbe stata demandata ai romani con il rischio di un sì che avrebbe determinato un impatto rilevante sul programma della giunta.
A che cosa porterà il conflitto in M5s?
Lo vedremo. Certo i segnali arrivati in queste settimane sono davvero preoccupanti. C’è una carenza di classe dirigente e la necessità di fare ricorso a figure di qualità come Marcello Minnenna, che poi però rivendicano autonomia. C’è la difficoltà a gestire una cosiddetta base che in questi anni è stata eccitata anche ad atteggiamenti irragionevoli e demagogici. Questa stessa base è ciò che poi si fa fatica a controllare nel momento in cui ci si misura con la sfida del governo e si devono compiere delle scelte, prendendo anche decisioni diverse da quelle sulle quali si è costruita l’identità del Movimento.
Lei quale futuro vede per Roma?
Roma ha un’enorme potenzialità per quanto riguarda il suo tessuto civico e associativo, le sue esperienze di autorganizzazione e di volontariato. Ha però un problema serio di classe dirigente che riguarda la politica e le organizzazioni di rappresentanza a partire da quelle dei datori di lavoro. La stessa Camera di commercio vive una crisi profonda, con un presidente che è sconosciuto alla metà dei suoi associati. C’è quindi uno scarto tra le potenzialità che esprime la città in termini di risorse culturali, economiche e morali e una classe dirigente che fatica a svolgere quel rinnovamento che sarebbe necessario.
(Pietro Vernizzi)