Continua il dibattito politico anche all’interno del Partito Democratico in vista del referendum costituzionale del prossimo autunno. Vista la spaccatura all’interno del partito guidato dal premier Renzi tra chi sostiene la riforma della Costituzione e chi è contrario, il responsabile giustizia del Pd David Ermini ha sottolineato, come si legge su Libero che riporta un’agenzia di stampa Agi: “Abbiamo già detto che il Parlamento è sovrano. Fino a ora il governo ha preso delle iniziative perché il Parlamento non era in grado di portare avanti le riforme e Napolitano ci aveva preso a schiaffi il primo giorno. Non è un tabù discutere sull’Italicum: ci sono tante proposte di persone che voteranno sì al referendum. Non dobbiamo mescolare l’Italicum con la riforma costituzionale. Il problema è che questo paese va cambiato”. All’interno del Partito Democratico però c’è chi, come Pier Luigi Bersani, ha annunciato che voterà no al referendum costituzionale se non verrà modificato l’Italicum.



Il referendum costituzionale è un tema appassionante ma troppo spesso diventa la possibilità se non lo sfogo della politica italiana di proiettare progetti, speranze e calcoli per i prossimi mesi decisivi tanto per il governo quanto per l’opposizione. Ma i contenuti? Un esempio su tutti: in tanti criticano le scelte del ddl Boschi sulle competenze del Senato e sul nodo dell’elezione della Repubblica. Ma queste competenze qualcuno le hai mai discusse? Diamo un’occhiata, non tanto per “saputelleria” (perdonateci il neologismo) ma per una informazione più a 360° che provi ad interrogarsi da vicino sul decisivo voto del referendum costituzionale. Il nuovo senato immaginato dalla legge costituzionale dovrà prima di tutto esprimere i pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e produrre entro trenta giorni dall’approvazione della legge le eventuali modifiche. A quel punto la Camera potrà accogliere le modifiche ma non necessariamente: in quale casi può in sostanza non tenerne conto? Se si tratta di leggi su competenze legislative esclusive delle Regioni o leggi di Bilancio, la Camera può non tenere conto delle richieste del Senato, ovviamente solo se è d’accordo la maggioranza assoluta dei deputati (che con l’italicum dovrebbe essere garantita). Secondo luogo: i nuovi senatori continueranno a partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica, a differenza di quanto qualcuno ancora va dicendo. Per tirare le somme, le ultime competenze sulle quali certamente il Senato avrà potere – se dovesse vincere il Sì al voto di novembre del referendum – sono le leggi costituzionali e quelle di revisione costituzionale. Come lo ha pensato Renzi, il compito reale del Senato è diventare il punto di raccordo tra Stato e autonomie locali, regioni e Comuni visto che i senatori saranno proprio rappresentanti di queste realtà. Qualche idea più chiara? Renzi si gioca tanto, anche perché bisogna vedere quanto la legge elettorale appena approvata possa funzionare: se dovesse vincere il No, il Senato rimane così com’è e a quel punto anche l’Italicum sarebbe “monco”, visto che sarebbe applicabile solo alla Camera. Un bel rebus, come si suol dire… (Niccolò Magnani)

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