Sono bastati pochi giorni per dissolvere un sogno. La crisi di nervi dei vertici a 5 Stelle con relative risse da Taverna (Paola) è ora una crisi politica in piena regola, la prima vera crisi da quando Virginia Raggi ha espugnato il Campidoglio alle comunali del giugno scorso. Se ne vanno due membri chiave della sua squadra, l’assessore al Bilancio, Marcello Minenna, e il capo di gabinetto del sindaco, il magistrato della Corte d’appello di Milano Carla Romana Raineri. Ma non finisce qui; nel pomeriggio li seguono i vertici Atac, Rettighieri e Brandolese, e anche l’amministratore di Ama, Solidoro. Un esodo sorprendente, imbarazzante.
Già finita dunque la primavera grillina? Ed è vero come mormorano a mezza bocca i 5 Stelle che ci sarebbe il governo ed il Pd dietro la fuga dei potenti dirigenti delle municipalizzate allettati da promesse Made in Lotti? Rimane il fatto che le vicende della giunta Raggi pesano come un macigno sul destino di chi riteneva che l’onestà fosse il solo requisito necessario per fare politica e governare. Improvvisazione, incompetenza, personalismi degli staff pentastellati stanno a Roma-Campidoglio come le frenesie arroganti del Giglio Magico stanno a Roma-Palazzo Chigi. Pazienti, i cittadini romani attendono che si concluda anche questo psicodramma, ricordando i versi immortali di Trilussa su “L’elezzione der presidente”, che dovrebbero ammonirci sulle virtù del populismo.
Un giorno tutto quanti l’animali
sottomessi ar lavoro
decisero d’elegge un Presidente
che je guardasse l’interessi loro.
C’era la Società de li Majali,
la Società der Toro,
er Circolo der Basto e de la Soma,
la Lega indipendente
fra li Somari residenti a Roma;
e poi la Fratellanza
de li Gatti soriani, de li Cani,
de li Cavalli senza vetturini,
la Lega fra le Vacche, Bovi e affini…
Tutti pijorno parte all’adunanza.
Un Somarello, che pe’ l’ambizzione
de fasse elegge s’era messo addosso
la pelle d’un leone,
disse: – Bestie elettore, io so’ commosso:
la civirtà, la libbertà, er progresso…
ecco er vero programma che ciò io,
ch’è l’istesso der popolo! Per cui
voterete compatti er nome mio. –
Defatti venne eletto proprio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,
e allora solo er popolo bestione
s’accorse de lo sbajo
d’avé pijato un ciuccio p’un leone!
– Miffarolo! – Imbrojone! – Buvattaro!
– Ho pijato possesso:
– disse allora er Somaro – e nu’ la pianto
nemmanco se morite d’accidente.
Peggio pe’ voi che me ciavete messo!
Silenzio! e rispettate er Presidente!
Forza Roma! Forza Italia!