Dire oggi che il referendum costituzionale è da pensare completamente slegato dall’Italicum è dire un elemento inesatto: ma paradossalmente questo va a vantaggio del Premier. Come? Si continuano a tenere insieme i due argomenti politici, ovvero la legge elettorale e le riforme costituzionali inserite nel referendum e la mozione della maggioranza arrivata ieri in Parlamento con approvazione della Camera lo testimonia. In tanti si sono alzati dicendo che ora il Governo intende cambiare le regole della legge da lui stesso approvato con la fiducia (anche qui cosa esatta e impeccabile): ma questo però è una sostanziale tautologia. Al netto delle due posizioni di Sì e No, il senso lo ha spiegato perfettamente Richetti questa mattina intervistato da Rai News 24: la riforma costituzionale, vincendo il referendum, prevederà un Senato non più elettivo e ridotto a 100 unità. A quel punto l’Italicum sarà la legge elettorale che più si addice alle nuove regole imposte dalle riforme, se invece il referendum vedesse il No vincente allora è evidente che si dovrà per forza di cose cambiare la legge elettorale, visto che non solo non sarà perfetta ma non sarà proprio utilizzabile visto che prevede l’elezione solo della Camera.



Il Referendum Costituzionale ormai è legato a triplo filo con la legge elettorale: l’Italicum ieri in Parlamento ha avuto un movimentato decorso che ha portato la legge elettorale attuale, senza aver neanche mai utilizzato una volta questa nuova legge del governo Renzi, ad essere “passibile di modifiche”. Spieghiamo: il testo della mozione presentata ieri dalla maggioranza Pd-Ap (a cui però la minoranza dem si è ritirata) prevedeva nel testo di «consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle proposte». È passata, mentre tutte quelle delle opposizioni, specie quella a firma M5s che chiedeva di cancellare l’Italicum e introdurre il metodo propozionale, sono state bocciate: in realtà la mozione è molto più prudente di quanto si possa pensare e non stabilisce effettivamente né quando verranno discusse le eventuale modifiche né come potrebbero essere corrette. Il concetto non detto da Renzi era: “diamo un segnale di apertura e vediamo chi lo coglie: il voto sul referendum ora però non deve avere più ostacoli”. Non sappiamo se abbiamo interpretato bene il Renzi-pensiero, di certo non ci sembra di andare molto lontani dalla realtà dei fatti: la mozione non cambierà probabilmente molto sul voto, se non in negativo per aver inasprito la frattura interna con l’ormai nota minoranza dem. Renzi farà a meno di Bersani e D’Alema, ma siamo così certi che il Sì al referendum passerà indenne al vaglio popolare?

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