Ha parlato Matteo Renzi a Porta a Porta e ovviamente il referendum costituzionale è stato uno dei temi portanti, assieme al terremoto, le due vere emergenze del’Italia, quantomeno politica, dei prossimi mesi. Da un lato discorsi già sentiti – “questo referendum non riguarda una singola persona, ma la riduzione delle poltrone. Semplificazione nella legislazione. Meno poteri alle Regioni, via i rimborsi ai consiglieri regionali. Più potere ai cittadini” – ma dall’altro il premier ha voluto indicare due punti precisi della “sua” legge più importante al giudizio dei cittadini a fine novembre. Per prima questione, la data del voto di questo referendum confermativo: «Entro il 25 settembre fissiamo la data” del referendum, che a quel punto si terrà “tra i 50-70 giorni successivi. Ascolteremo il parere delle opposizioni ma a naso sarà tra il 15 novembre e il 5 dicembre». Dopo la polemica sulla partecipazione personale eccessiva rivolta giustamente a Renzi, ora il rischio di rimanere impelagati su altri tipi di polemiche – come il fatto che la data ancora manca con certezza – rischia notevolmente di lasciare fuori dalla discussione i veri contenuti per capire se sia conveniente o meno votare Sì, No o astenersi al voto referendario. E allora la stoccata sulla questione-senatori arriva da parte del Primo Ministro e lancia la sfida a D’Alema su questo: «Tre nomi (dei consiglieri regionali, ndr), i cittadini potranno scegliere quale farà il senatore. Così come il sindaco di una città importante è giusto che vada in Senato. Sarà un Senato molto diverso». Se vince il Sì si semplifica e non viene deprivata la democrazia, ma rafforzata è lo slogan-refrain di Renzi ancora una volta. Lo spazio per la discussione si fa sempre più stretta, con due mesi al termine della campagna: si riuscirà ad andare sempre più in profondità dei contenuti di questa riforma costituzionale che può cambiare il futuro della politica italiana?



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