“Dietro a quanto sta avvenendo a Roma c’è uno scontro tra due gruppi di potere ben precisi. Da un lato ci sono Manlio Cerroni, patron di Malagrotta, e ambienti della destra schierati con Virginia Raggi. Dall’altra ci sono Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e Luca Cordero di Montezemolo coalizzati contro il sindaco”. Lo afferma Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds. Ieri Beppe Grillo e Luigi Di Maio sono intervenuti a Nettuno per cercare di fare chiarezza. Virginia Raggi ha deciso di non cedere sull’assessore all’Ambiente, Paola Muraro, ma ha accettato gli altri cambiamenti che le sono stati chiesti. Raffaele Marra, vicecapo di gabinetto, sarà ricollocato in un’altra sede, mentre a Salvatore Romeo, capo della segreteria, sarà ridotto lo stipendio.
La gestione di Roma è appesa agli scambi di e-mail tra Raggi e Di Maio. Era inevitabile che si arrivasse qui?
Sì, era abbastanza inevitabile perché quella romana è una vicenda piena di ombre. Fin dall’inizio la gestione è stata poco limpida sia nella scelta stessa della Raggi, sia nella gestione che il sindaco ha avuto per quanto riguarda gli assessorati più rilevanti. Ci troviamo in un crogiolo di pressioni che costringe a questo punto i Cinque Stelle più a fare muro che a tentare di risolvere la questione, rinviando tutti i dossier a un tempo successivo.
Repubblica ha concentrato il suo fuoco di fila sulla Muraro. Qual è il ruolo dell’assessore?
L’assessore all’Ambiente, Paola Muraro, emerge come un personaggio di snodo rispetto a Manlio Cerroni, il capo di Malagrotta, grande impresa dei rifiuti. Esisterebbe una sorta di filo rosso che collega i Cinque Stelle con i poteri forti. A ciò si presta anche la biografia della Muraro nonché i piccoli elementi che emergono dalle indagini iniziali. Questi elementi confermano che l’assessore Muraro è stato un personaggio con grandi responsabilità nell’Ama e soprattutto con grandi intrecci in tutto il settore.
In che senso prima parlava di una vicenda piena di ombre?
Il vero problema è in che modo Gianroberto Casaleggio sia arrivato alla Raggi, rispetto ad altri candidati che potevano essere scelti. Io ritengo che il vero motivo sia esattamente perché il fondatore di M5s aveva in mente uno schema di relazioni che poi il sindaco ha applicato. Mi riferisco da un lato ad ambienti della destra, attraverso nomi come Raffaele Marra, e dall’altra a personaggi come la Muraro che pur non essendo di destra rappresenta una lobby importante.
Basta questo a spiegare il caos cui stiamo assistendo?
Noi siamo di fronte a uno scontro, cui alcuni giornali partecipano, la cui origine è il fatto che alcuni poteri costituiti romani reagiscono alla rinascita di un potere romano che ha come perno due grandi studi di avvocati molto affermati. Dietro al dilettantismo della classe dirigente romana di M5s ci sono alcuni burattinai assai più esperti del potere. Questi burattinai hanno lavorato perché la Raggi vincesse, in modo da poterla condizionare. Alcune altre forze hanno individuato questo processo e sono intervenute.
Qual è la natura di questi due gruppi di potere contrapposti?
Sono due gruppi di interesse, uno più tradizionale e l’altro altrettanto potente che finora è stato un po’ meno nella prima scena politica, e che adesso attraverso la Raggi ha creduto di potere finalmente affacciarsi ad essa. A Roma tradizionalmente c’è uno scontro molto trasversale che ha riguardato e riguarda il mondo delle costruzioni. A ciò si aggiunge la vicenda delle Olimpiadi nonché le due squadre di calcio con i loro interessi relativi ai due stadi.
Nello specifico chi sono i capofila di questi due gruppi di potere?
Il gruppo di interessi che ha sponsorizzato la Raggi ha fatto perno su Cerroni, un uomo di grandissima disponibilità economica. Questo gruppo aveva altre priorità rispetto a quelle del mondo che va da Francesco Gaetano Caltagirone al presidente del Coni, Giovanni Malagò, a Luca Cordero di Montezemolo.
Perché Casaleggio ha scelto di legare il suo Movimento a un vecchio gruppo di potere?
La domanda è pertinente solo se noi ci immaginiamo che Casaleggio fosse un profeta disarmato. Nella realtà invece era un uomo potente, che veniva da esperienze rilevanti, che aveva ben chiaro il significato della parola potere, nonché di quelli che lungo la strada sarebbero stati i suoi avversari. Spesso la presenza degli avversari determina la natura degli amici. Io non ho mai creduto che Casaleggio avesse in testa una formula salvifica né per Roma né per l’Italia. Anzi aveva in mente il coagularsi di una struttura di potere, e con il cinismo che M5s ha sempre dimostrato era propenso ad allearsi con chiunque gli capitasse. Non stiamo parlando di una congrega di fraticelli, bensì di un gruppo politico molto aggressivo.
Quanto è efficace l’accusa di “doppia morale” mossa da Renzi ai Cinque Stelle?
In questo momento i Cinque Stelle stanno perdendo pochissimi voti. Il riflesso condizionato dei movimenti di questo tipo è puramente auto-difensivo e il loro elettorato, anche se arrabbiato, non è vicino ad abbandonarli. Non sarà l’accusa di doppiezza a togliere forza a M5s. Ciò che gli toglierà forza sarà se nel prosieguo dell’amministrazione gli errori si sommeranno e soprattutto se si rivelerà un’inadeguatezza della giunta, tale da trasformarsi in un sentimento avverso dell’opinione pubblica.
(Pietro Vernizzi)