In giro per Napoli come un turista qualsiasi. Ma mentre Matteo Renzi finge indifferenza per le questioni di palazzo i suoi emissari al Senato posticipano al 16 febbraio il voto sulla commissione d’inchiesta sulle banche. A sei giorni dopo l’annunciata pubblicazione della prossima sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum. Come dire: se la sentenza sarà autoapplicativa si corre al voto. Per evitare di rendere conto all’opinione pubblica del dissesto dei conti pubblici su cui pesa minacciosa la richiesta di manovra aggiuntiva di Bruxelles. Per evitare di rendere conto in un congresso, agli iscritti del Pd, dei disastrosi insuccessi elettorali e referendari. Per evitare la nascita di nuovi partitini di complici ribelli come il salernitano De Luca e la sua neonata “Campania Libera” che o’ presidente ha descritto come uno strumento necessario per difendersi dal Pd. Per evitare di rendere conto della sconfitta in sede europea, dove Gianni Pittella perde la presidenza del Parlamento europeo perché Renzi ha fatto clamorosamente mancare il suo appoggio proseguendo nella lunga faida tra correnti del partito anche fuori dell’Italia. 



Per evitare guai insomma, in pieno Renzi’s style, si caccia il paese in guai molto più grandi. 

Deflazione come non la si vedeva dal 1959. Crisi del sistema bancario. Crisi del sistema scolastico con classi al settimo supplente in tre mesi. Crescita allo 0,7 per cento: stessa percentuale che aveva giustificato l’epurazione di Letta. 



Ma c’è una buona notizia. Maria Elena Boschi è tornata. Su Twitter. Ha scritto: “Con i decreti legislativi di oggi terminiamo l’iter delle #unionicivili. Era una promessa, ora è una legge”.

Peccato che sia la Boschi che Renzi di promessa ne abbiano fatta anche un’altra. Di ritirarsi dalla politica se avessero perso il referendum costituzionale. Ieri se ne sono ricordati anche a Scampia… 

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