Dopo Fratelli d’Italia arriva anche la proposta dell’Udc sul piano della Legge Elettorale, in attesa delle modifiche che arriveranno dalla sentenza della Consulta sull’Italicum: le discussioni in Parlamento riflettono in questi giorni la volontà praticamente di tutte le forze politiche di trovare al più breve tempo possibile una soluzione condivisa per andare alle urne prima dell’estate. «Legge proporzionale con premio di maggioranza, accompagnata da un eventuale secondo turno aperto alle coalizioni, anche in questo caso con meccanismo per garantire la governabilità». E’ la proposta di modifica all’Italicum presentata da Democrazia solidale, Centro democratico e Udc, segnalata da Lorenzo Dellai oggi alla maggioranza – con ovviamente la pausa delle discussioni intervenuta per l’emergenza sismica di nuovo scoppiata in centro Italia -; si prevede un sistema proporzionale, con la possibilità di un premio fino al 15% per la lista che raggiunge il 40 per cento. Secondo la proposta dell’Udc riportata da Adnkronos, «Se nessuno arriva a tale soglia, si apre la possibilità di un secondo turno, non basato sul ballottaggio, ma aperto a tutte quelle liste che da sole o coalizzandosi arrivano al 30 per cento in base ai dati del primo turno. A questo punto chi risulta primo otterrà un premio fino al 21 per cento. In assenza di un vincitore al primo turno e in mancanza di presupposti per il secondo, la parola passerà al Parlamento che deciderà come procedere».
Arriva a sorpresa la proposta di Fratelli d’Italia sulla legge elettorale: a pochi giorni dalla decisione della Consulta sull’Italicum, Giorgia Meloni e Ignazio La Russa hanno presentato al governo una bozza di legge che vada a modificare alcuni elementi strutturali dell’Italicum in modo da arrivare presto alle elezioni provando ad accontentare un po’ tutte le forze in campo. Lo spiega l’ex ministro della Difesa nel governo Berlusconi in una intervista al Giornale: «Si parte dall’Italicum esistente ma si elimina il ballottaggio, si eliminano – in parte – i capilista bloccati, si assegna un premio di maggioranza alla coalizione, si ammette il proporzionale puro se nessuno raggiunge la quota del 37%. Se però nessuno raggiunge questa soglia la distribuzione dei seggi avverrebbe con il proporzionale puro», spiega l’onorevole La Russa ai colleghi del Giornale. Secondo i calcoli fatti da Fratelli d’Italia, la vera novità di questo Italicum modificato sarebbe il premio di governabilità anche al Senato, e assegnato alla coalizione vincente nella singola regione a condizione che la lista o la coalizione risulti vincente anche a livello nazionale. «Questa novità consentirebbe di aumentare l’omogeneità del risultato al Senato con quello della Camera dei deputati. Così come auspicato pure dal capo dello Stato; in questo modo anche la soglia del 37% non è casuale, corrisponde alla percentuale prevista dalla prima versione dell’Italicum. Quella, per intenderci, che andava bene sia al Pd sia a Forza Italia quando era in vigore il patto del Nazareno», spiega ancora La Russa.
La politica attende il 24 gennaio per la sentenza della Consulta sulla legge elettorale dell’Italicum, ovvero l’attuale testo approvato in entrambi i rami del Parlamento durante il governo Renzi. In tanti si interrogano su quali correttivi potrebbe mettere in campo la Corte Costituzionale, ma quasi tutti pensano che l’Italicum se non del tutto stralciato sarà pesantemente modificato, costringendo a quel punto un reale accordo tra le forze politiche in Parlamento per portare in tempi brevi una nuova legge elettorale, così da lanciare le nuove Elezioni Politiche. Una tesi poco battuta ieri è stato però presentata da un noto costituzionalista, Roberto Bin: la Consulta – secondo il docente dell’università di Ferrara – potrebbe non accettare di pronunciarsi sul merito della legittimità o meno dell’Italicum. Per Bin, «la Corte dovrebbe muoversi esattamente in questa direzione, perché la legge in questione non è mai stata ancora applicata e anzi al momento della prima ordinanza (del tribunale di Messina) non era neppure in vigore. Bisogna dimostrare di avere un interesse, che si dice debba essere ‘concreto’ e ‘attuale’, nel senso che senza l’intervento del giudice chi agisce subirebbe un danno, anche se solo potenziale”. Non potendo dimostrare questo danno, poiché la legge non ha mai avuto una propria applicazione, il ricorso alla magistratura sarebbe illegittimo e quindi anche l’eventuale pronunciamento della Corte. Spetta alla politica risolvere il problema di quale sarà la legge elettorale vigente in Italia, invece di attendere che sia la Corte a farlo», riflette il Costituzionalista. Ipotesi non probabile ma certamente utile da tenere in considerazione tra i complessi elementi in campo per decidere sulla prossima, fondamentale, sentenza della Consulta.