Aleandro Petrucci risponde al telefono e si sente accanto a lui una bambina che piange. Voce calma, il fiato un po’ corto di chi sta camminando nella neve, qualche rumore ovattato in sottofondo. Petrucci, sindaco di Arquata del Tronto, sta andando al presidio più vicino della Protezione civile a “chiedere mezzi”. Un’ora fa quattro scosse molto forti hanno fatto tremare nuovamente la terra tra Teramo e dell’Aquila, con epicentro a Montereale. Il sindaco è preoccupato per gli allevatori che non si trovano. Sono saliti in quota per accudire gli animali, come fanno ogni giorno, ma stavolta sono rimasti isolati (saranno tutti recuperati in serata). “Le scosse? Avrò avuto degli altri crolli, però adesso non mi preoccupo di quello, ho tutto il paese evacuato”. Delle case vecchie di Arcuata, paese arroccato alle pendici del Vettore con poco più di mille abitanti, altre frazioni nei dintorni, è rimasto poco. “Stanno tutti giù in riviera a San Benedetto del Tronto, negli alberghi. Qui non ho più nemmeno un abitante, però ho gli agricoltori che vengono dal mare e vanno su a Colle di Arquata, 1200 metri e quattro metri di neve, a dar da mangiare alle bestie. Ora sto andando alla protezione civile per dire: chi mandate su? perché sono arrivate due ruspe non ce l’hanno fatta”.
Com’è la situazione, sindaco Petrucci?
La neve si è sommata al terremoto e i mezzi non sono sufficienti perché c’è talmente tanta neve che gli spazzaneve non ce la fanno e ci servono le turbine, ma una si è rotta, e nella Salaria non si passa. Gli allevatori sono vivi, però devono essere raggiunti, ha capito cosa voglio dire?
Le manderanno l’esercito.
L’esercito è utile perché quando ci si mette funziona, ad Amatrice ha fatto tanto ma da me non è ancora arrivato. Anzi è arrivato solo a presiedere i miei paesi in basso, per paura dello sciacallaggio nelle case abbandonate. Io l’ho chiesto e forse me lo manderanno.
Se ci fosse cosa dovrebbe fare?
Liberare le strade dalla neve. L’avevo chiesto anche per sgomberare le macerie perché in molti punti del paese non si passa. E poi c’è da puntellare quello che è rimasto in piedi. Adesso però viene prima la neve e i vigili del fuoco da soli non ce la fanno.
Prima il terremoto, poi il freddo e la neve. Non siete rassegnati?
No, anzi c’è determinazione. Perché noi siamo montanari e non molliamo. Ce ne sono capitate tante, però la voglia nostra è di ritornare su, quindi aspetteremo la primavera e le casette per ridare ad Arquata un minimo di vita.
Nessuno vuole lasciare il paese?
No, per carità. Siamo stati costretti perché non si poteva fare diversamente. Noi le scosse le abbiamo prese tutte, Norcia è a un tiro di schioppo da qui, confiniamo con Amatrice. Dopo il disastro e le vittime di agosto, il resto l’ha fatto il terremoto del 26 e poi quello del 30 ottobre che ha buttato giù quasi tutto. A quel punto ho deciso l’evacuazione totale. Ma che scossoni stamane.
A proposito di casette. Come siete messi?
Questa è una bella domanda. Stavano per iniziare le opere di urbanizzazione, una gara è stata aperta, ma con tutta questa neve non si riesce a fare niente. Noi pensavamo di averle per aprile, ma con questo tempo il rischio è di avere in aprile ancora tutta questa neve. E una guardia forestale mi ha detto: sindaco, anche se ti danno i moduli questa neve li sfonda tutti.
Cosa chiede al governo?
Il governo sa tutto. Spero solo che ci dia quello che abbiamo chiesto. Adesso siamo in emergenza, ci sono dei problemi che non si possono addebitare a nessuno. Però non siamo rassegnati, questo lo scriva.
Lo scrivo.
Il resto lo fa l’arte di arrangiarsi. I nostri giovani hanno fatto delle magliette con su la rocca di Arquata e il nostro motto, sa qual è? Il coraggio non trema. Insomma tiriamo avanti, che dobbiamo fare?
(Federico Ferraù)