Erano quasi quindici minuti che il presidente della Repubblica leggeva — con tono tranquillo e studiata fermezza — il testo che scorreva sul bordo superiore della telecamera, quando per una volta si è scaldato e ha “bucato” lo schermo. E’ stato il passo in cui ha rivendicato la giustezza del suo rifiuto di elezioni anticipate dopo il referendum e il conseguente avvicendamento a Palazzo Chigi. Mattarella ha finto di replicare a sostenitori del No che gli avevano scritto lamentandosi per il mancato scioglimento anticipato delle Camere, ma è evidente che la polemica era rivolta verso il leader politico che voleva immediate elezioni anticipate dopo la bocciatura della riforma costituzionale e cioè il segretario del Pd. 



E’ infatti con Mattarella che Matteo Renzi dovrà fare i conti nel 2017. Sottovalutare il Quirinale è sbagliato. Con la seconda repubblica si è inaugurato il culto della personalità del capo dello Stato. Persino i vignettisti dal 1992 non osano più disegni caricaturali. Chiunque sia l’inquilino del Quirinale tutti i sondaggi lo indicano da subito al primo posto nella popolarità, qualsiasi cosa dica o faccia tutti gli editorialisti commentano in modo entusiastico. Ora la presidenza della Repubblica ha dimostrato, durante la recente crisi di governo — e questo messaggio l’ha più volte evidenziato —, di essere scesa dalle nuvole e di avere “gli scarponi sul terreno”.



Ma a differenza della maggior parte dei suoi predecessori — come emerge dalle parole pronunciate a reti unificate — Sergio Mattarella non sembra affatto ricercare un ruolo di “dominus” per sottrarre potere decisionale a governo e parlamento, intrigare chiamando i singoli parlamentari, avere voce in capitolo su testi di legge e nomine. 

Dal piccolo schermo Mattarella si è affacciato nelle case degli italiani come “pater familias”, un arbitro-garante che ha come priorità la tenuta del Paese e cioè la sua unità interna. Ed è proprio questo il punto di partenza che determina una rotta di collisione con Matteo Renzi. Il contrasto parte sempre da una diversa lettura del risultato referendario, nel senso che il tentativo di Renzi di “personalizzare” il 40 per cento dei Sì per trasformare la sconfitta in vittoria (secondo il segretario del Pd si è ripetuto il trionfo delle europee del 2014) non è evidentemente condiviso dal capo dello Stato. Per Mattarella il 60 per cento dei No non è un'”accozzaglia”, ma la maggioranza del popolo italiano che rifiuta l'”uomo solo al comando”. 



Tutto il messaggio, sin dalle prime parole, è imperniato sull’Italia come “comunità” con “fratture da prevenire e da ricomporre” per “far crescere la coesione”. “Essere comunità di vita” secondo “ascolto” e “condivisione” è il filo rosso che lega il discorso fatto da Mattarella dall’inizio alla fine. 

Gli strali sono stati riservati alle ali estreme — alla Lega di Salvini e alla Casaleggio Associati di Grillo — quando Mattarella ha lanciato l’anatema contro “l’odio e la violenza verbale come strumento di lotta politica”, contro l’uso del web come “ring permanente”. 

E’ quindi significativa l’indicazione che ne deriva per la nuova legge elettorale, senza la quale per il Quirinale è “inconcepibile” lo scioglimento delle Camere. 

Il passaggio per Renzi diventa piuttosto stretto dopo questo discorso. Non si va al voto — ha precisato Mattarella — né sulla base delle macerie che lascia sul terreno la prossima sentenza della Consulta, né la soluzione può essere l’accordo del Pd con la Lega. Il consenso va quindi ricercato tra chi si riconosce come “comunità” al fine di avere “una nuova legislazione elettorale” secondo “regole chiare e efficaci”.

L’altro passaggio significativo è come Mattarella ha trattato il tema dell’immigrazione polemizzando con l’Unione Europea, ma anche sottolineando le ragioni della sicurezza contro “presenze minacciose” e “predicatori di morte”. In sostanza ha patrocinato la correzione di rotta impressa da Gentiloni con Minniti rispetto alla politica di Renzi e Alfano. E’ infatti l’unico modo per ritrovare fiducia e alleati a Bruxelles.

In conclusione il capo dello Stato ritiene chiusa la fase dell'”uomo solo al comando” e sconsiglia di insistere nella ricerca di una rivincita contro la maggioranza degli italiani.

Ma sarebbe errato attribuire al discorso del presidente della Repubblica animosità e pregiudizi verso Renzi. Emerge semmai il consiglio “paternalista” rivolto da Mattarella all’ex premier di evitare in futuro la dimensione della star televisiva e di coltivare maggiormente quella del leader politico, senza ripetere l’errore fatto nella campagna referendaria di inseguire Salvini nell’antieuropeismo e Grillo nell’antipolitica. Insomma l’esortazione di Mattarella è rivolta a promuovere un nuovo percorso di riforme di cui ha bisogno il Paese-comunità nel segno del consenso e non della sfida.