Tredici giudici per un imputato eccellente. Oggi la Corte costituzionale inizia l’esame di legittimità dell’Italicum, la legge elettorale voluta da Renzi su misura per la riforma costituzionale che gli italiani hanno bocciato nel referendum del 4 dicembre scorso. Contro l’Italicum c’è stata una pioggia di 22 ricorsi, cinque dei quali i Tribunali di Messina, Torino, Perugia, Genova e Trieste hanno rinviato alla Corte. 



Claudio Tani, insieme a Felice Besostri e Aldo Bozzi, fa parte del pool di avvocati che nel 2013 vinse la battaglia contro il Porcellum, la legge elettorale del 2005 dichiarata incostituzionale dai giudici della suprema corte. Oggi la storia potrebbe ripetersi.

Avvocato Tani, è la seconda volta che venite davanti alla Consulta. Dopo il Porcellum, dichiarato incostituzionale nel dicembre 2013, oggi tocca all’Italicum?



Speriamo di sì.

Avete un nemico?

Non certo la Corte costituzionale, che già una volta ci ha dato ragione. Non ce l’abbiamo con nessuno, né con Renzi, né con Berlusconi, né con Grillo e né con la Lega. Io sono stato uno dei 26 cittadini — e data la mia professione, insieme ad altri ho avuto l’onore di difenderli — che hanno puramente e semplicemente rivendicato il corretto esercizio di un loro diritto fondamentale. 

Quale?

Quello del voto libero e diretto. La sentenza che ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum (1/2014, ndr) ci ha detto diverse cose. Una delle più importanti è questa: quando il legislatore sceglie un sistema elettorale proporzionale, deve garantire una corrispondenza ragionevole tra i voti ricevuti e i seggi assegnati. 



Insomma non si può distorcere il voto con marchingegni di vario tipo. E parliamo ancora del Porcellum.

Esatto. E una legge che distorce quel rapporto viola il principio di uguaglianza del voto. La Corte tre anni fa non ci ha detto che siamo condannati al proporzionalismo perpetuo. Ha detto che, pur con tutti correttivi, c’è un limite alle manipolazioni. E questo limite è dato da due princìpi fondamentali: la ragionevolezza e la proporzionalità, cioè la corrispondenza fra il fine perseguito — la rappresentanza del corpo elettorale — e i mezzi impiegati, ovvero il sistema per trasformare i voti in seggi.

E qual è il problema dell’Italicum?

Che contiene, a nostro avviso, gli stessi difetti del Porcellum. Ecco perché domani siamo davanti ai giudici costituzionali. Ma ancor prima c’è un difetto a monte: l’approvazione di una legge elettorale con il voto di fiducia. 

Ci rinfreschi la memoria.

L’Italicum è stato approvato con la fiducia. Ma una legge elettorale non può essere imposta con il voto di fiducia, lo dice l’articolo 72 della Costituzione.

E’ la cosiddetta istanza di autoremissione della legge che sottoporrete domani (oggi, ndr) alla Corte?

Sì. Un accoglimento della questione di legittimità costituzionale su questo punto farebbe saltare l’intera legge. Un’opzione forse troppo radicale. 

Veniamo ai nodi dell’Italicum. Premio di maggioranza e ballottaggio.

Alla lista che raggiunge il 40 per cento dei voti vengono assicurati 340 seggi. Ma è il 40 per cento dei votanti effettivi, non il 40 per cento degli aventi diritto. E qui c’è già una prima distorsione della rappresentanza. La seconda distorsione è al ballottaggio: se nessuno raggiunge il 40 per cento, le due liste più votate vanno al ballottaggio. Ancora peggio: aumenta la sproporzione tra numero dei seggi garantiti dal premio e voti ottenuti.

 

Renzi le avrebbe risposto che il ballottaggio si fa anche altrove.

Vero. Ma in Francia si fa il ballottaggio soltanto nei collegi dove nessuno ha raggiunto la maggioranza: non va a ballottaggio tutto il corpo elettorale. 

 

Tradotto?

Mentre in Francia avendo raggiunto la maggioranza nel mio collegio sarei eletto, in Italia rischierei di vedermi portato via il posto dal voto di un altro collegio, perché i voti che ho ottenuto nel mio collegio vanno a sommarsi a quelli di tutti gli altri. E’ una violazione del voto diretto: perché l’elettore deve trovarsi un altro deputato al posto di quello che ha votato? 

 

E poi vengono i capilista bloccati. 

Se un candidato può presentarsi in dieci collegi e poi sceglie il collegio dopo essere stato eletto, non sono più gli elettori a decidere.

 

L’avvocatura dello Stato, cioè il governo, vi obietta che non potete agire per l’accertamento del vostro diritto di voto relativamente ad una legge che non è stata ancora applicata. Cosa risponde?

Noi abbiamo fatto un’azione di accertamento del diritto a votare secondo Costituzione. Questo diritto è un diritto fondamentale e come tale è permanente. Glielo spiego con un paradosso: se il parlamento approvasse una legge che reintroduce la pena di morte, per sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge che la reintroduce dovremmo aspettare che fosse applicata?

 

Cosa si attende?

Sono fiducioso. Se la Consulta domani (oggi, ndr) tenesse fermi i princìpi della sentenza 1/2014, direi che l’Italicum non ha scampo. 

 

Prima ha detto che difendete il diritto di voto. Ma chi lo ha compromesso, chi o che cosa lo minaccia?

E’ stato conculcato dal tramonto dei partiti politici così come li abbiamo conosciuti e praticati fino a una ventina d’anni fa.

 

(Federico Ferraù)