E’ previsto a fine mattinata il verdetto della Consulta sull’Italicum, la legge elettorale che lui aveva difeso a oltranza per poi riconoscere che sì, che forse — dopo la vittoria al referendum — andava emendata. Renzi attenderà la decisione dei giudici a Largo del Nazareno. Un minuto dopo comincerà nelle sedi di tutti i partiti (o siti web) l’analisi sul da farsi, su come cambiare il sistema elettorale e con chi. Renzi vuole ancora il voto, ma si sbaglia secondo Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità e deputato dei Ds e del Pd per due legislature. “Renzi crede ancora di essere il conte di Montecristo che torna e si vendica, ma sbaglia perché in poche settimane è cambiato tutto”. 



Le sue speranze non sono fondate?

Da tutte le indiscrezioni pare che la sentenza non sarà auto-applicativa, ma richiederà un complicato lavoro parlamentare, nel senso indicato dal presidente della Repubblica. Questo rende pressoché impossibile il voto anticipato. In ogni caso sapremo presto la verità.

L’ex premier avrebbe dovuto cambiare strategia?



Difficile: non ha un’altra strategia, lavora sui tempi brevi, è — tra virgolette — un incosciente, perché non si è ancora reso conto che questo non è il momento più adatto per votare avendo lui come leader. Nell’arco di poche settimane sono crollate la riforma istituzionale, la legge elettorale e la riforma della scuola, la legge sulla Pa è stata bocciata dalla Consulta, i dati dell’economia confermano la situazione pesante; basta questo piccolo elenco per accorgersi di come sia relativamente facile la campagna elettorale degli avversari di Renzi.

Cosa dovrebbe fare il segretario del Pd?



Avrebbe dovuto subito cambiare radicalmente discorso. Ma non lo ha fatto, forse pensando di cogliere una difficoltà dei suoi competitori. Interni al partito ed esterni.

E in questo ha ragione?

Nel Pd si profilano diversi nomi robusti che potrebbero togliere a Renzi la possibilità di vincere le primarie al primo turno. E al ballottaggio la componente che gli si oppone ha oggi molte più chances rispetto a 4 o 5 mesi fa. 

I candidati?

Speranza, Enrico Rossi, Emiliano; oggi (ieri su Repubblica, ndr) Zingaretti si è detto pronto a “contribuire”. E poi c’è un lavorio interno di cui Franceschini è il punto di riferimento e che può riguardare anche qualche renziano doc come Delrio.

Intorno a quale progetto?

Innanzitutto costruire l’ipotesi di una maggioranza interna meno chiusa nel bunker del giglio magico. Per esempio dandosi come obiettivo quello di far durare il governo Gentiloni. 

C’è di nuovo voglia di proporzionale. Soprattutto consentirebbe un’alleanza di Renzi e Berlusconi, che da soli non riuscirebbero ad avere la maggioranza ma insieme potrebbero opporsi a M5s. 

Sarebbe veramente miope. Che contraddizione cercare oggi un rapporto con Berlusconi… Se il Pd lo avesse fatto prima, quando Berlusconi era più forte e rappresentativo, avremmo risparmiato al paese tanti problemi.

Impossibile, Caldarola, e lei lo sa benissimo. Veniamo da vent’anni di demonizzazione del Caimano. 

Non dico che avremmo dovuto fare un governo con Berlusconi, dico che serviva il riconoscimento reciproco delle parti. Ma non si è fatto. La cosa paradossale è che non solo Renzi sostiene la linea dell’incontro con Berlusconi, ma anche D’Alema.

 

Non mi ha detto perché è un errore cercare oggi l’ex Cavaliere.

Perché sotto la maschera di un piccolo compromesso storico ci sarebbe solo una diga anti-Grillo. E oggi, in tutto il mondo, ciò che si presenta come patto di potere per limitare l’avanzata di forze antagoniste viene sopraffatto. 

 

Dunque che cosa manca al Pd?

Di fronte a una proposta rivoluzionaria che viene dall’area di destra, perché ciascuno a suo modo sono di destra Trump, Grillo, Le Pen, Salvini, occorre un’idea altrettanto rivoluzionaria. Un Ulivo non basta più.

 

E dire che Bersani ha appena detto che ci vorrebbe “un nuovo Prodi”.

Oggi la sinistra deve proporre riforme incisive della struttura economica che vadano nel senso di una rottura dell’establishment, di un superamento non totale, perché è impossibile, ma realistico delle diseguaglianze. Occorre essere più radicali. Non più antagonisti, ma più riformisti in modo incisivo.

 

C’è nel Pd un portatore di questo riformismo?

Enrico Rossi ha fatto una piattaforma che ha chiamato “Rivoluzione socialista”. Per lo meno ha questo in testa. 

 

E Prodi?

Quando ho letto che diceva che potrebbe essere la Germania a uscire dall’euro, mi sono cascate le braccia. Se la previsione di un ex presidente di Commissione e di uno dei fondatori dell’euro è che il maggior partner ne voglia uscire, mi piacerebbe di sentire la controproposta. L’Ulivo gestiva una situazione del tutto diversa, non se ne parla proprio. 

 

Stagione chiusa?

Sì. Se quella idea non avesse vissuto anche sui frutti malsani del giustizialismo, forse avrebbe fatto un tratto di strada più lungo. 

 

Cosa dovrebbe fare Renzi?

Andare a congresso il prima possibile, altro che pensare al voto. Va fatto il bilancio di un’intera stagione politica.

 

Una stagione grande quanto?

Quella che comincia con Veltroni e si conclude con Renzi. Veltroni ha avuto grandi meriti, ha inventato la formula del partito democratico, del Pd a vocazione maggioritaria; ha inventato il blairismo all’italiana. A Renzi va riconosciuto il merito di aver tentato l’ultima rianimazione della formula, di esserne stato il 118. Ora però quella stagione è finita, stop.

 

(Federico Ferraù)