La sentenza della Consulta sull’Italicum ha scatenato la reazione immediata di Beppe Grillo che ormai da ore tuona su ”elezioni subito”, anche (forse) per allontanare riflettori puntati sul Movimento 5 Stelle per la nota vicenda delle indagini su Virginia Raggi. Con una lettera pubblicata poco fa sul blog 5 Stelle, il fondatore del Movimento scrive direttamente a Sergio Mattarella. «Caro Presidente della Repubblica, da ieri finalmente l’Italia ha di nuovo una legge elettorale costituzionale per la Camera e una, diversa, per il Senato. Lei ha fatto sapere che prima di sciogliere le Camere voleva essere sicuro che le leggi elettorali per le due camere fossero armonizzate. La proposta già depositata dal MoVimento 5 Stelle in Parlamento va proprio nel senso da lei indicato e chiede di applicare il Legalicum (la legge battezzata ieri dalla Consulta) anche al Senato e poi votare subito. Il segretario del Pd, il partito di maggioranza che esprime il governo, ha detto che vuole andare al voto. Certo, capisco che lei non si fidi di uno che dice una cosa e fa il suo contrario, ma purtroppo siamo costretti a dover avere a che fare anche con queste persone. A questo punto delle due l’una: o scioglie immediatamente le Camere, o esorta tutte le forze politiche a seguire il MoVimento 5 Stelle nella rotta anche da lei indicata e applicare il Legalicum al Senato, in modo da avere un’armonizzazione effettiva delle leggi elettorali tra le due Camere».
La politica non ha fatto il suo mestiere, quindi l’Italicum dopo la sentenza della Consulta rappresenta una legge elettorale frutto del lavoro della magistratura: è questa la tesi del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, secondo cui bisognerebbe interrogarsi proprio su questo aspetto. Anche i vescovi italiani commentano la sentenza della Consulta, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’Italicum. «Non è normale un Paese in cui la magistratura detta tempi e modi all’amministrazione» ha dichiarato Galantino, come riportato da Il Fatto Quotidiano, nel corso della presentazione della relazione finale della commissione permanente dei vescovi italiani. Per il segretario generale della Cei è un fatto impressionante e drammatico: «Non è normale un Paese in cui per prendere ogni decisione debba esserci un organismo che decide se sei legittimato a fare quello che stai facendo, è gravissimo». Intanto il dibattito sulla legge elettorale resta al palo alla Camera, perché nessuno ha sollevato la questione presso l’ufficio di presidenza della commissione Affari Costituzionali di Montecitorio.
In un forum a Repubblica.tv questa mattina, il Governatore della Toscana ha commentato il dopo-Consulta, con la sentenza sull’italicum che agita il mare della Politica in attesa da mesi di una risposta sulla legge elettorale approvata dal Governo Renzi. Senza più il ballottaggio, ora si potrebbe andare alle urne ma resta un problema di omogeneizzazione tra i due Consultellum – qui sotto tutti i dettagli delle due leggi elettorali in Camera e Senato – che la politica dovrà risolvere a breve se non vuole ritrovarsi con una totale ingovernabilità. Secondo Enrico Rossi però il Pd e lo stesso segretario – che sfiderà al Congresso il prossimo dicembre – rischiano di fare un grosso errore di prospettiva: «Renzi dovrebbe cambiare la sua natura, parlare al Pd e consegnare una legge elettorale stabile al Paese. Questo non è stato fatto ed è un errore.Penso sia un errore andare a votare subito: rischiamo di trovarci, nella richiesta di elezioni, dietro a Grillo e a Salvini. Non è una buona compagnia. Il Paese ha alcuni problemi che deve affrontare, abbiamo da lavorare. La sfida di Renzi è quella di consegnare una legge elettorale stabile per avere dietro un partito unito». Dopo alcune domande ricevute dai lettori di Repubblica, il Governatore ha poi affrontato il tema specifico della Consulta, spiegando come «La sentenza della Consulta è per forza auto applicativa, ma la vera sfida è che il Parlamento tutto deve fare una legge che dia il senso che si cambia. Condivido l’idea di Renzi di puntare sul Mattarellum ma deve essere corretto. Una delle cose da cambiare nella legge elettorale sono i capilista bloccati che producono un Parlamento di nominati. Il Pd deve guardare verso il Centro e provare a costruire una colazione che raggiunga il 40%”, afferma Rossi. “Altrimenti andando sul proporzionale, occorre una buona legge».
Il giorno dopo la sentenza della Consulta è Silvio Berlusconi il leader più preoccupato dalle conseguenze sulla legge elettorale modificata, una sorta di Italicum “azzoppato”, al netto di quanto Renzi ha voluto maschera ieri come un ottimo risultato. Per la politica le prossime settimane saranno decisive: gli accordi e i contro giochi tutti interni al Palazzo cercheranno di vedere se c’è la “finestra” per un accordo di massima tra alcune forze politiche. Mattarellum oppure la combinata Italicum modificato e Consultellum al Senato, insomma per poter andare al voto anticipato gli accordi si potrebbero trovare. L’unico appunto preoccupato è Silvio Berlusconi che cercherà di prendere più tempo possibile, senza fretta di Elezioni: il motivo è semplice, ha l’esigenza primaria di guadagnare tempo e di allontanare le elezioni, nell’attesa della sentenza della Corte europea sulla sua candidabilità che dovrebbe arrivare entro il 2017. Altro che urne subito insomma… a fare il suo gioco il fatto che per Renzi l’unica vera forza con tanti voti e disponibile ad un accordo per una nuova legge elettorale sembra essere proprio Forza Italia. Il mistero verrà svelato forse entro fine febbraio, per poter infatti organizzare elezioni prima dell’estate i tempi non sono esattamente larghissimi…
Il voto dell’esame Consulta è arrivato, con le previsioni rispettate e l’Italicum privato dell’elemento essenziale del ballottaggio, dichiarato incostituzionale dai giudici della Corte Costituzionale. Salvo il premio di maggioranza e la multicandidabilità, ora le forze politiche in Parlamento dovranno cercare di trovare un accordo al più presto sulla legge elettorale nuova, sapendo però che se non ci fosse accordi o se Mattarella per qualsivoglia motivo decidesse di sciogliere le Camere potrebbe farlo andando subito ad Elezioni immediate, con Italicum modificato (proporzionale ma con premio di maggioranza al raggiungimento del 40%) e Consultellum (proporzionale puro con soglia di sbarramento all’8%). Secondo le fonti di Ansa, Matteo Renzi da lontano ha giudicato molto soddisfacente l’esito della Corte, che, ha spiegato ai suoi, conferma l’impianto dell’Italicum togliendo solo il ballottaggio. “Basta melina, il Pd è per il Mattarellum, i partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la strada è il voto”, è la linea che il leader dem avrebbe indicato ai suoi. Lo stesso Pd, tramite le parole di Ettore Rosato spinge per le elezioni in poco tempo visto che la legge uscita dalla Consulta, una sorta di “Consultellum bis”, può essere già utilizzata e pienamente costituzionale: «Per noi bisogna andare a votare subito».
Dopo due giorni di consiglio, la Consulta ha sentenziato sulla Legge Elettorale Italicum, dichiarando incostituzionale il secondo turno (ballottaggio puro) e accettando invece gli altri punti saldi della riforma approvata dal Governo Renzi. Una sorta di proporzionale “mascherato” viene dunque ammesso dalla Corte Costituzionale, con il premio di maggioranza che rimane al 40% ma che al momento, con il sistema sempre più tripolare, non vede una salda e certa vittoria oltre il 40% per nessun partito in Parlamento. Ecco dunque cosa ha deciso ieri pomeriggio la Consulta, con il testo integrale della sentenza: Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari. La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici. Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono. Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957. Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni. All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione. (Niccolò Magnani)