Il parere dell’espero di sistemi elettorali Roberto D’Alimonte sulla nuova legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta – un Italicum modificato e senza ballottaggio, come ormai quasi tutti hanno imparato a sapere – è assai netto: «Governabilità più lontana, il premio di maggioranza alla Camera e le soglie di sbarramento al Senato non basteranno per trasformare una maggioranza relativa di voti in una maggioranza assoluta di seggi nelle due Camere». In una analisi del Sole 24ore, D’Alimonte prova a spiegare nel dettaglio perché al momento il forte rischio del governo Italiano è quello di portare un Paese ad elezioni con forti problematiche di governabilità, un po’ come si è visto in Spagna negli ultimi anni. « In base all’Italicum, alla Camera, dove le coalizioni non sono ammesse, se un partito arriva al 40% dei voti ottiene automaticamente il 54% dei seggi, ma – osserva – c’è oggi un partito capace di una simile performance?. Stando così le cose, l’esito delle elezioni alla Camera sarà proporzionale, con nessuna maggioranza plausibile». Che fare dunque? A questo punto non resta che arrivare ad un accordo largo su un correttivo delle due leggi elettorali “Consultellum” valide alla Camera e al Senato, per evitare l’eccessiva ingovernabilità una volta effettuate le tornate elettorali.
Mentre ovviamente sono scatenate le forze politiche nel carcere di trovare un accordo sulla legge elettorale – o marcare comunque il terreno su distanze presunte e reali – l’Italicum diviene oggetto subito di prova “politica” per il nuovo soggetto di Giuliano Pisapia. Il non ancora presentato e nemmeno chiarissimo movimento dei riformisti “Campo Progressista” dell’ex sindaco di Milano vedrà subito con le manovre dei prossimi mesi sugli accori pre-elettorali la prova della propria incidenza politica. Eccolo, in una breve risposta ieri ad un incontro a Genova con il sindaco Marco Doria: «Se il Parlamento riuscisse a fare delle riforme necessarie ed urgenti si potrebbe anche rinviare il voto, ma temo che non sia in grado di farle. Dopo la legge elettorale che deve rendere possibile una maggioranza analoga al Senato e alla Camera e’ giusto ridare la parola ai cittadini». Si al voto per Pisapia, ma bisogna prima cambiare la distanza tra Camera e Senato e per farlo il soggetto progressista non sembra essere disposto a maxi accordi elettorali allargati. «E senza omogeneità si rischia di andare a una situazione di non governabilità che non va bene a nessuno, indipendentemente dalla posizione politica, e soprattutto non va bene all’Italia. Invece un un listone che vada da Alfano a Pisapia per me sarebbe un incubo, sarebbe irrealizzabile ed e’ folle anche solo pensarlo».
La legge elettorale promossa dalla Consulta ha presentato un Italicum modificato per la Camera che si aggiunge al Consultellum già presente al Senato: il problema è che si tratta di due sistemi di fatto compiuti dalla magistratura, sottolineando così il sostanziale fallimento della politica in questi ultimi anni di accordi e leggi sul piano elettorale. Ora la grande occasione, imbeccati dalla Corte Costituzionale, i partiti possono trovare un accordo di massima per omogeneizzare le due leggi alla Camera e al Senato: come ha ricordato ieri il Presidente dl Senato Pietro Grasso, «E’ necessario sedersi intorno ad un tavolo e trovare la soluzione che la politica dovrà mettere insieme per ridurre le differenze che determinato la probabilità di maggioranze non uguali, non omogenee. Il Parlamento, i gruppi, i partiti devono fare in modo di superare le differenze». Ora resta il più grande dubbio: il Pd, ovvero Matteo Renzi, proverà a trovare un accordo o punterò dritto verso le elezioni ora che ci sono le condizioni con due leggi elettorali comunque applicabili? Come ha spiegato all’Unità un fedelissimo renziano, «Noi non ci faremo prendere in giro. O in tre settimane esce un’intesa in Parlamento, oppure si vota con Italicum corretto e Consultellum. Al Senato faremo la coalizione, che è prevista dalla legge elettorale. Alla Camera questa possibilità non c’è, ma è un problema che si supera facendo una lista-coalizione». Ma dove può guardare Matteo Renzi per trovare un’alleanza che gli garantisca di superare il 40% al primo turno? Non sarà facile, ma per i colleghi dell’Unità gli obiettivi sono abbastanza chiari: «Pisapia a sinistra, i centristi e Tosi sul fronte moderato», per prendere il premio alla Camera e la maggioranza, seppur risicata, al Senato. Ce la farà?
Forse impropriamente viene già ridefinita Consultellum bis, ma la legge elettorale uscita dalla Sentenza della Consulta dell’alto ieri pomeriggio non può non essere comunque presa a prestito nella nominazione da quella che già aveva modificato il Porcellum al Senato. Un Italicum modificato alla Camera, un Porcellum modificato al Senato, l’Italia è anche questo: ora però bisogna capire se i due sistemi elettorali si parlino effettivamente, o se solo sulla carta si potrebbe già andare al voto in questo modo, qualora Mattarella sciogliesse le Camere. Il Consultellum 1 (al Senato), vede un sistema proporzionale puro, con una soglia su base regionale dell’8% per le coalizioni o i partiti che corrono da soli, e del 3% per i partiti all’interno delle coalizioni. E’ prevista la preferenza unica. Ogni collegio ha ampiezza regionale, anche nelle Regioni più popolose (Lombardia, Campania, Lazio, Sicilia, ecc) il che rende difficile e onerosa la caccia alle preferenze. Il Consultellum 2 invece è un sistema proporzionale ma con un premio alla singola lista che supera il 40% (il premio non scatta per le coalizioni). In caso di mancato raggiungimento di questa soglia, si passa al riparto proporzionale tra tutti i partiti che hanno superato il 3%. Una volta stabiliti quanti deputati spettano complessivamente a ciascuna lista, attraverso un complicato algoritmo i numeri vengono proiettati su 100 collegi plurinominali, in ciascuno dei quali vengono eletti tra i 5 e i 7 candidati. Come riporta l’Ansa, «in ogni collegio i partiti presentano dei listini di 5-7 nomi: il primo candidato è bloccato (viene cioè eletto automaticamente se per quel partito scatta il seggio), mentre per gli altri c’è la preferenza. L’elettore ha a disposizione due preferenze, ma solo se vota un uomo e una donna, altrimenti si deve accontentare di una sola preferenza; Ci si può candidare come capolista in più collegi (fino a dieci). Se si viene eletti in più di un collegio, verrà tirato a sorte quello in cui il candidato viene dichiarato eletto». La palla ora passa al Parlamento…