Rino Formica, più volte ministro negli anni della “prima repubblica”, grande riformista e ormai una delle coscienze storiche di questo Paese, è impietoso con Matteo Renzi. Quasi inutile chiedere a Formica impressioni sul segretario del Partito democratico, che invita a puntare al 40 per cento, alle ragioni per cui vuole andare a votare subito e al perché rinvii il congresso del partito.



Formica interrompe la domanda e spiega: “Ormai la questione italiana è molto semplice. La svolta, la grande svolta, è arrivata con il voto referendario del 4 dicembre scorso. Renzi aveva tentato il colpaccio, che non era altro a mio parere che un ‘golpe occulto’, con l’obiettivo di rottamare la democrazia parlamentare in questo Paese. Il ‘golpe occulto’ lo aveva cominciato anticipando la legge elettorale, l’Italicum. Ha perso. Ma come ha detto Renzi stesso nella prima direzione del Pd dopo il voto, ‘abbiamo straperso’. E’ proprio in quello ‘stra’, tutta la verità del colpaccio che cercava di realizzare. Voleva una sola Camera decidente e un Senato subalterno, e anche un po’ carnevalesco. Gli elettori gli hanno risposto che vogliono che si rispetti la Costituzione così come è stata fondata. Hanno difeso con il voto la rappresentatività. Ma a guardare bene, Renzi ha perso due volte”. 

Quale è la seconda sconfitta?

La sentenza della Corte costituzionale, che non si è fermata solo a bocciare singoli capitoli di questa riforma elettorale proposta, ma ha stabilito che una legge, anche non applicata come era l’Italicum, che non rispetta i principi costituzionali, non può essere accettabile.

Ci serve il proporzionale, Formica?

L’Italia è un paese di memoria corta, perché la Costituzione non contiene e non può contenere una legge elettorale che è di competenza del Parlamento. Ma durante i lavori della Costituente fu approvato un ordine del giorno di un allora giovane comunista, Antonio Giolitti, passato poi al Psi nel 1956, con il quale si stabiliva che la legge elettorale doveva sempre avere una base proporzionale. E quell’ordine del giorno fu approvato quasi all’unanimità”.

Doppia sconfitta e un governo con un nuovo presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. E’ più forte Gentiloni di Renzi?

Credo che sia solo una pedina nelle mani di Renzi. Con il governo uguale, non mi sembra questo il problema. Piuttosto occorre vedere se Renzi riesce, dopo la doppia sconfitta, a operare la doppia vendetta che ha in mente.

Cioè, quale sarebbe in concreto?

Vuole andare a votare subito e sa benissimo che raggiungere il 40 per cento non è un obiettivo credibile. Ma Renzi ha l’obiettivo di punire il Paese, che gli ha votato contro, e nello stesso tempo vuole punire il suo partito che non è stato compatto e che vede al suo interno diverse minoranze. Il voto subito significa l’ingovernabilità nel Paese e conseguenze con complicazioni all’interno del Pd. Insomma, instabilità e disgregazione, che dimostrerebbero che Renzi resta sempre l’ultima carta possibile. E’ una mossa spregiudicata.

Lo può contenere il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella?

Stiamo a vedere quello che succede. In questo momento è difficile fare previsioni. In questo momento di difficoltà oggettive economiche e finanziarie, non riesco a comprendere perché si dovrebbe andare a votare  a giugno, anticipare la consultazione elettorale di cinque, sei mesi, con il rischio di non poter affrontare gravi problemi. Tanto per cambiare, in questi giorni, dovremo affrontare i problemi relativi alla correzione della manovra e a me pare scontato che aumenti l’Iva.

 

Un ricambio reale a Renzi?

Non è semplice. Si può isolare, ma non bloccare. E poi quali sono le alternative? Franceschini, Delrio? Ho forti perplessità.

 

Lei delinea una situazione estremamente complicata.

Beh, non è una scoperta che siamo di fronte a una disgregazione e anche a parti del Paese che sembrano “polveriere” sociali come il sud Italia. Ma intanto dobbiamo prendere atto che il voto del 4 dicembre, oltre ai problemi che aveva il Paese, ha detto che, soprattutto i giovani, non vogliono rinunciare alla repubblica parlamentare, al criterio della rappresentatività. Hanno risposto No a un tentativo di riforma monocamerale, con tendenze presidenziali e una forte concentrazione dei poteri, per un ribaltamento dell’attuale assetto istituzionale. Renzi in fondo è legato a queste scelte istituzionali.

 

Ci sarà un atteggiamento generale del Paese diverso nei confronti dell’ex presidente del Consiglio?

Credo che cambierà qualche cosa nei grandi organi di informazione e qualche cosa è già cambiato nella Chiesa. Mi pare.

 

Se lo dovesse collegare a grandi forze politiche internazionali?

A me pare collegato alla destra moderna americana, quella finanziaria. Ma non mi pare un protagonista. E’ un po’ trattato alla “Ragazzo, spazzola!”. Questo è il ruolo che gli uomini della grande finanza, a mio avviso, gli hanno riservato.

 

Scusi, Formica, ma con la vittoria di Donald Trump ha vinto un’altra destra, quella che ricorda il protezionismo e il nazionalismo di fine Ottocento che poi hanno gettato le basi delle guerre. In tutti i casi è la prima sconfitta reale della globalizzazione?

Questo è vero, perché la globalizzazione fatta in questo modo ha creato una sorta di precariato mondiale che è in rivolta. Rivolta che, per il momento,  non è ancora esplosa. Trump può essere il tentativo di una risposta, anche se sbagliata. Al momento sembra che stia facendo operazioni di test, per vedere quello che vogliono poi veramente gli americani. Ha tutto il tempo per correggere. Certo i problemi sono complessi e difficili non solo in Italia.

 

(Gianluigi Da Rold)