Con l’avvicinarsi della scadenza del 24 gennaio, giorno in cui la Corte costituzionale comincerà l’esame dell’Italicum, dopo un primo confronto tra proporzionalisti e sostenitori del Mattarellum, con ultimatum e muri contro muri. Abbiamo chiesto al senatore Federico Fornaro, esponente della minoranza Pd, cosa potrà succedere nel dibattito sulla legge elettorale dopo la sentenza della Consulta e cosa chiede la minoranza stessa alla luce della disfatta renziana al referendum costituzionale.
Senatore, come andrà a finire?
Credo che non dobbiamo farci particolari illusioni a proposito della sentenza sull’Italicum, anche perché la Corte con grande chiarezza quando si è pronunciata due anni fa ha scritto che non c’è un modello elettorale imposto dalla Corte. Essa lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritiene più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico. Sempre la Corte ha detto che la scelta delle formule elettorali deve esprimere con la massima evidenza la politicità della scelta legislativa.
Cosa significa concretamente?
La Corte si pronuncerà su alcuni nodi dell’Italicum che peraltro hanno dei punti in comune con il Porcellum. La politica non deve abdicare al suo ruolo. Non è la Corte che scrive le leggi elettorali ma il parlamento, che deve lavorare presto e bene. In questo senso giudico positivamente le parole di Gentiloni in merito alla volontà di non intervenire come governo nel dibattito con una propria proposta di legge.
Intanto il confronto proporzionale-Mattarellum ha perso colpi. Come se ne uscirà? Conviene a tutti aspettare il 24 gennaio?
Scrivere una legge elettorale è uno dei compiti più difficili che ci siano, vi confliggono interessi di parte e interesse generale. Non esiste poi una legge elettorale perfetta. Io credo che aspettare la pronuncia sia utile non solo per rispetto istituzionale nei confronti della Corte, ma anche per definire meglio gli ambiti in cui il legislatore dovrà poi muoversi.
Ma come giudica il clima nel dibattito politico?
Questi giorni che ci separano dal 24 devono servire non per alzare steccati o bandiere ma piuttosto per provare ad ascoltarsi. Non si fa una legge se non c’è capacità di ascolto delle ragioni altrui. In questo senso vedo un eccessivo nervosismo e intransigenza in casa renziana.
Ci spieghi cosa intende.
E’ un bene aver rimesso sul tavolo il Mattarellum, che dei sistemi elettorali recenti è uno di quelli che ha funzionato meglio, ma non si può dire agli avversari prendere o lasciare senza dialogare.
Renzi però facendo suo il Mattarellum vi è venuto dietro, siete voi minoranza che lo avevate riproposto.
Rivendico che tra le proposte depositate in Parlamento c’è quella chiamata “Mattarellum 2.0” di cui sono il primo firmatario e che è, fra tutte, quella che contiene le proposte più avanzate.
Ad esempio?
Tornare a un impianto maggioritario fondato sui collegi uninominali, assumendo il meglio della legge originale, cioè un rapporto diretto e fecondo tra eletto ed elettori. Poi il nostro Mattarellum si fa carico nei 143 seggi di un problema reale.
Che sarebbe?
Oggi siamo in un sistema tripolare e i seggi del premio verrebbero utilizzati per garantire la governabilità, aiutando la formazione di una maggioranza stabile. Si supera l’obiezione dell’irrazionalità della rappresentanza che aveva il Porcellum con l’introduzione di una dimensione fissa del premio di maggioranza. E’ positiva l’apertura di Renzi sul Mattarellum, soprattutto pensando a cosa diceva sull’Italicum fino a qualche settimana fa, però dobbiamo essere realisti. E’ una buona base di partenza, ma bisogna riflettere su eventuali correttivi come ha detto anche Romano Prodi. Le posizioni che ho letto invece mi sembrano strumentali e non vorrei che dietro ci fosse un obiettivo diverso.
Quale?
Aspettare il 24, prendere atto degli interventi correttivi sull’Italicum e andare a votare con l’Italicum corretto alla Camera e il Consultellum al Senato, cosa che cozza con le indicazioni che sono state date in queste settimane, in primis dal presidente della Repubblica. Che si voti dunque in tempi rapidi ma con leggi omogenee tra Camera e Senato. Una eventuale correzione dell’Italicum e il Consultellum non lo sono.
Bersani ha invocato una nuova piattaforma politica, superare il renzismo, tornare ai temi del lavoro. C’è lo spazio dentro il Pd per farlo?
Siamo convinti che il Pd sia un partito in grado ancora di discutere, fuori da logiche personalistiche. Bersani ha messo l’accento sula crisi del renzismo. Lo stesso Renzi ha detto che la sconfitta più grave al referendum l’ha subita in quelle fasce di età a cui si è rivolto di più, giovani e 30/40enni. Noi invitiamo ad approfondire le ragioni di un difficilissimo rapporto che il Pd ha oggi con settori e fasce di età precisi. Penso al mondo della scuola, un ambito nel quale il centrosinistra ha sempre avuto massiccio consenso. Chiediamo discontinuità non tanto sulle persone ma soprattutto nel programma del nuovo governo in materia di scuola e di lavoro.
Gentiloni ha detto però che il jobs act è una buona legge.
Però la questione dei voucher ha cambiato in peggio la vita di centinaia di migliaia di persone. Bisogna essere duri contro gli abusi e ridiscutere un’idea che il renzismo ha promosso e cioè che nel lavoro ci si confronta con eguali diritti e doveri. Ci si deve invece ricordare che il mercato del lavoro è asimmetrico. Il compito della politica è aiutare a recuperare una simmetria, aiutare dunque di più, senza contestare l’imprenditore, i più deboli, i lavoratori.
Lei cosa vede nel governo Gentiloni? Un’opportunità? II governo di Renzi mascherato? O una pausa di gestione dell’emergenza per il paese?
Il Paese ha bisogno di un governo che governi senza avere come principale azionista uno che ricorda che deve morire. Ci sia forte senso di responsabilità anche nel Pd e si faccia lavorare Gentiloni, che mi pare abbia dato nello stile dei suoi due interventi in Parlamento segnali positivi di discontinuità.