ATTESA PER L’ESITO
Resta altissima la tensione a Barcellona per il referendum per l’indipendenza della Catalogna: in serata il governo catalano ha annunciato che il bilancio dei feriti è salito a 844 persone, mentre il ministero degli Interni fa sapere che tra i feriti ci sono anche 33 agenti. Nonostante la repressione della polizia spagnola, il 73% dei seggi in Catalogna è stato aperto fino alla 20, funzionando normalmente. Per il risultato però bisognerà aspettare: lo ha fatto sapere il presidente catalano Carles Puigdemont, secondo cui nei prossimi giorni verrà trasmesso al parlamento della Catalogna l’esito del voto, «affinché agisca come previsto dalla legge del referendum». In serata ha lanciato anche un appello all’Europa, invitandola a smettere di ignorare la crisi catalana e le violazioni dei diritti umani di cui si sarebbe resa responsabile la Spagna. «L’Ue non può continuare a guardare dall’altra parte, abbiamo guadagnato il diritto di essere rispettati in Europa». (agg. di Silvana Palazzo)
ORA LA CONTA DEI VOTI
I seggi elettorali hanno chiuso i battenti alle 20: è terminato il referendum per l’indipendenza della Catalogna. Le operazioni di scrutinio sono dunque cominciate, mentre sale a 761 il numero delle persone rimaste ferite negli scontri con la polizia. Lo ha fatto sapere il governo catalano, secondo cui «la Spagna dovrà rispondere della violenza esercitata contro gli elettori davanti ai tribunali internazionali». Il premier spagnolo è di differente avviso: «È stata solo una messinscena», ha dichiarato Mariano Rajoy. Lo scontro tra Madrid e Barcellona si infiamma: «Oggi non c’è stato un referendum in Catalogna, oggi tutti gli spagnoli hanno constatato che lo Stato di diritto mantiene la sua forza e agisce contro chi vuole sovvertirlo e contro qualsiasi provocazione», ha aggiunto il premier spagnolo, come riportato da Il Giornale. Poi però ha lasciato aperto uno spiraglio per un eventuale dialogo: «Non chiuderò nessuna porta, sono sempre per il dialogo ma nel quadro della legge e della democrazia». (agg. di Silvana Palazzo)
SEGGI PIENI PER VOTARE
Per il referendum per l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna non era previsto un quorum, ma intanto è emerso che oltre la metà dei catalani ha votato. Una soglia psicologica importante, considerando che questa giornata è stata segnata dagli scontri tra i cittadini, molti dei quali con il garofano simbolo dell’indipendentismo, e la Guardia Civil. Il referendum, secondo El Pais, mette in pericolo l’idea stessa di Spagna, ma potrebbe anche cambiare per sempre il destino dell’Unione europea, perché potrebbero prendere coraggio altri movimenti indipendentisti. Al di là dell’esito del referendum, di cui l’Economist ribadisce l’illegalità, per il Financial Times l’atteggiamento della Catalogna è la dimostrazione di un fallimento del modello di devolution spagnolo. Il New York Times, invece, si interroga sul post-voto e sul futuro economico di una ipotetica Catalogna indipendente. (agg. di Silvana Palazzo)
460 FERITI, “BASTA CARICHE DELLA POLIZIA!”
Ha parlato ancora il sindaco di Barcellona, Ana Colau, e l’aggiornamento lanciato è di quelli impressionanti: in Catalogna ci sono «più di 460 feriti per le cariche della polizia. Si esige la fine immediata delle cariche contro la popolazione indifesa». Come potete veder nel video qui sotto, la situazione è difficilmente controllabile in certe parti di Barcellona e Girona, i luoghi più caldi dove il voto oggi è stato osteggiato dalla Guardia Civil – intervenuta ricordiamolo per la mancata operazione delle Mossos d’Esquadra rimaste passive davanti ad una legge dello stato di diritto – e dove si teme anche per eventuali problemi nelle prossime ore. Mentre si attende il risultato del referendum più contestato e “represso” della storia recente europea, voci dai nostri informatori in Spagna ci confermano che vi sono grosse tensioni anche per i prossimi giorni con numerosi scioperi generali indetti per ogni categoria possibile di lavoratori a Barcellona e dintorni. Anche nelle ultime due ore, altre cariche di Agenti antisommossa spagnoli, entrati a caricare con i manganelli un gruppo di vigili del fuoco catalani, in divisa e con il casco, che stavano presidiando un seggio in cui si votava per il referendum. Lo scontro con Madrid prosegue, la battaglia per la democrazia ormai è divenuta una sorta di mezza guerra civile. CLICCA QUI PER IL VIDEO DELLE CARICHE A BARCELLONA
GENERALITAT, “HA VOTATO IL 50% DEGLI AVENTI DIRITTO”
Prosegue la giornata di scontri e votazioni in Catalogna in quella che purtroppo rimarrà a lungo nella storia della Spagna per le indegne immagini che giungono da Barcellona e non solo: centinaia di feriti tra poliziotti e semplici elettori, oltre agli immancabili fomentatori da ogni parte d’Europa che si sono infiltrati da giorni nelle strade catalane per provocare e creare disordini. «Cari Juncker e Timmermans, vi sollecito ad interrompere la condiscendenza e ad intervenire per proteggere i cittadini europei catalani», lancia l’appello il rappresentate della delegazione catalana presso l’Ue, Amadeu Altafaj. Nel frattempo, il portavoce della Generalitat, Jordi Turull ha dichiarato che fino alle 15 del pomeriggio avevano votato il 50% degli aventi diritto al voto. Brutto fatto da segnalare intanto a Barcellona, dove un uomo tra i 50 e i 60 anni è stato colpito da un infarto dopo una carica della Guardia Civil nel centro-ovest della capitale catalana (fonte La Vanguardia). Ora l’uomo è trasportato in ospedale e versa in gravissimo stato dopo le varie rianimazioni praticate. Uno scempio in Catalogna davanti agli occhi del mondo.
APERTA PAGINA WEB PER VOTO ELETTRONICO
La Generalitat corre ai ripari cercando di fare votare tutti quelli che ancora in Catalogna non sono riusciti ad andare ai seggi per il Sì al Referendum d’indipendenza: tra barricate, seggi blindati e scontri in strada, 38 feriti e le minacce del governo spagnolo – «Puigdemont e il suo team sono gli unici responsabili di tutto ciò che è accaduto oggi e tutto ciò che potrà succedere se non metteranno fine a questa farsa», spiega il prefetto spagnolo Enric Millo – la volontà dei cittadini catalani di votare viene contrastata dalle minacce continue. Per questo motivo la Generalitat catalana ha aperto una pagina web per consentire il voto elettronico a distanza al referendum: secondo il quotidiano di Barcellona, La Vanguardia, dopo che le app per il voto sono state bloccate, ora è stata aperta una nuova pagina web per poter votare al referendum constatato da Madrid. Da ultimo, le autorità spagnole hanno indicato che anche undici agenti, tra cui nove poliziotti e due membri della Guardia civil, sono stati feriti leggermente in Catalogna.
BARRICATE AI SEGGI, SCONTRI CON FERITI
Sono almeno 3 i feriti molti gravi dopo gli scontri davanti e dentro i seggi elettorali di mezza Catalogna: Barcellona e Girona le aree con maggiori tensioni, anche per la presenza massiccia della Guardia Civil spagnola. 40 feriti in totale, ma tre molto gravi nel tentativo di votare al referendum per l’indipendenza che si sta trasformando sempre più in guerra civile e sfida a distanza tra Madrid e Barcellona. Addirittura in alcuni seggi della capitale catalana sono in corso la costruzione di barricate improvvisate per proteggere le urne dall’arrivo della polizia nazionale spagnola: Vengono utilizzati tavoli, sacchi apparentemente pieni di terra, assi di legno, armadi e altri oggetti, per ostacolare l’intervento degli agenti. Una situazione incredibile per qualsiasi Paese al mondo, figuriamoci per una democrazia avanzata come la Spagna. Dopo aver votato non nel suo seggio elettorale, il presidente catalano Carles Puigdemont ha denunciato l’insana violenza del governo spagnolo in una breve dichiarazione alla stampa internazionale: «La brutalità ingiustificata della polizia contro gli elettori catalani è una vergogna che accompagnerà per sempre l’immagine dello Stato spagnolo». Nel video che trovate qui di seguito si può avere un simbolo di questa giornata drammatica: una donna anziana tenta di impedire ai poliziotti di entrare nel segigo e viene violentemente spostata, picchiata e fatta sanguinare. CLICCA QUI PER IL VIDEO-AGGRESSIONE FUORI DAI SEGGI DI BARCELLONA
URNE SEQUESTRATE, SPARI DI GOMMA SULLA FOLLA
Hanno sparato proiettili di gomma sulla folla, hanno caricato più volte gli elettori fuori dalle urne e hanno sequestrato tutto il materiale per impedire di votare all’interno dei seggi elettorali: la Polizia spagnola su mandato del premier Rajoy hanno impedito il voto in molti seggi della Città di Barcellona e nei principali seggi della Catalogna, anche se vi sono immagini e urne dove la gente ha votato tranquillamente. In particolare, il presidente catalano Charles Puidgemont all’ultimo momento ha cambiato seggio e ha votato in un altro per impedire alla Guardia Civil di bloccare il suo voto (come potete leggere qui sotto). I feriti iniziano ad essere parecchi, tra cariche della polizia e proiettili di gomma sparati contro i manifestanti e i semplici elettori: la situazione del Referendum in Catalogna sembra sul punto di rovesciarsi da un momento all’altro, anche se al momento le operazioni paiono più “tranquille” rispetto a qualche ora fa. Gli interventi politici dei vertici catalani sono durissimi: «Un capo del governo codardo ha inondato di polizia la nostra città. Barcellona, città di pace, non ha paura», spiega Ana Colau su Twitter, il sindaco di Barcellona. «Manganelli, anziani travolti. Quanto sta facendo il Partido Popular alla nostra democrazia mi ripugna. Sono corrotti, ipocriti, inutili», sono invece le parole del leader di Podemos, Pablo Iglesias, che critica ferocemente la scelta del premier spagnolo di intervenire direttamente contro la folla. CLICCA QUI PER IL VIDEO DELLE URNE SEQUESTRATE IN CATALOGNA
GUARDIA CIVIL IRROMPE NEI SEGGI
Il caos si attendeva e il caos è arrivato: con le prime ore delle urne aperte a Barcellona e in Catalogna, il voto per il referendum d’indipendenza è stato subito bloccato dall’irruzione della Guardia Civil (la polizia nazionale spagnola, ndr) che ha allontanato elettori e giornalisti ai vari seggi. In particolare, agenti della Guardia Civil spagnola in tenuta anti-sommossa hanno fatto irruzione nel seggio di Sant Julia de Rumis a Girona dove alle 9.15 era previsto dovesse votare il presidente catalano Carles Puigdemont. Barcellona blindata, con gli scrutatori che in questi minuti stanno nascondendo le schede elettorale per provare a mantenere aperta la possibilità del voto nelle prossime ore. In Catalogna sono puntati i fari e i riflettori di tutto il mondo, con l’esercizio democratico della Referendum che in questo momento viene bloccato con i giornalisti “invitati” ad uscire subito dai seggi per non mostrare le immagini di altissima tensione tra manifestanti, elettori, scrutatori e poliziotti spagnoli che stanno impedendo il voto. La mattinata si era aperta con l’appello del governo catalano, «si può votare in qualsiasi seggio», ovvero un cambio di logistica per poter consentire un voto in qualsiasi parte della città qualora il proprio seggio si trovasse chiuso. Poi qualche minuto più tardi addirittura il seggio del presidente catalano è stato blindato: il caos regna ormai sovrano nella capitale catalana e si teme il peggio per le prossime ore.
REFERENDUM CATALOGNA: RISULTATO VOTO E ULTIME NOTIZIE
«Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?»: recita così il Referendum in Catalogna che rischia di creare un autentico boato politico e sociale nella democratica Spagna e nella democratica Unione Europea, oggi 1 ottobre 2017. Il voto da mesi promesso e deciso dalla Generalitat de Catalunya (il Parlamento della Regione Autonoma con sede a Barcellona) è osteggiato a livello legale dallo Stato di Spagna che con una sentenza della Corte Costituzionale ha reso illegale il voto stesso arrivando al muro contro muro tra il Presidente catalano, Carles Puigdemont, e il Premier spagnolo Mariano Rajoy il quale ha imposto un blocco militare per cercare di impedire le votazioni che invece i catalani confermano nonostante le pressioni e le minacce di arresto per tutti i vertici della Generalitat. «Domenica si voterà “pacificamente” dalle 8 del mattino alle 20 nonostante il veto di Madrid», ha detto il portavoce del governo catalano Jordi Turull nella conferenza stampa di presentazione del voto. Intanto però l’esercito è stato mandato da Madrid per presidiare le scuole, requisendo le schede elettorale e commissariando la stessa polizia catalana, la Mossas d’Esquadra, in modo da evitare fino all’ultimo le pratiche di voto. La situazione paradossale e a rischio fortissimo di guerra civile vede la Catalogna con i riflettori puntati da tutto il mondo, compresa quella Europa che in questi mesi di mancato dialogo tra Madrid e Barcellona non è intervenuta minimamente e non ha indicato, se non qualche timido appoggio al governo di Rajoy nelle ultime settimane, una linea di dialogo da rispettare per non arrivare al peggio possibile, una secessione tentata e una repressione imposta. La posizione di Madrid infatti è molto dura: «non ci sarà alcun referendum in Catalogna e in ogni caso il presidente catalano Carles Puigdemont dovrà rispondere davanti ai tribunali per la grave slealtà istituzionale di cui si è reso responsabile. Siamo in presenza di un processo di disobbedienza costituzionale contro una democrazia europea consolidata e prestigiosa come quella spagnola, in pieno XXI secolo», ha accusato il portavoce del governo spagnolo, Inigo Mendez de Vigo.
“LA RESISTENZA DEI PIGIAMI”
Per impedire che la polizia metta i sigilli ai seggi elettorali in Catalogna è andata in scena ieri la “rivolta dei pigiami” del popolo indipendentista. Da venerdì sera centinaia di catalani hanno occupato scuole, palestre e centri civici indicati come sede dei seggi del referendum per fermare l’ordine di chiusura della giustizia spagnola. Famiglie intere e insegnanti sono accorsi ai seggi con materassini, coperte, riserve di cibo e bevante, pigiami, sapone e spazzolini da denti. Quando la polizia regionale dei Mossos d’Esquadra è arrivata per fare i sopralluoghi hanno giustificato l’apertura dei seggi organizzando tornei di calcio, concerti, dibattiti e attività sportive o artistiche. Oggi scatta l’ora della verità anche per i Mossos, a disagio finora tra gli ordini della procura spagnola, da cui dipende come polizia giudiziaria, e il governo catalano. In alcune scuole gli occupanti hanno chiuso a chiave cancelli e porte per lasciare fuori gli agenti. L’atmosfera è stata «gioiosa e pacifica», ha fatto sapere l’Assemblea Nazionale Catalana, come riportato dall’Ansa. C’è stato solo qualche attimo di tensione quando ieri mattina sono stati sparati pallini di piombo contro un centro, ferendo leggermente quattro occupanti, ma il governo catalano ha messo in guardia contro le «provocazioni spagnole».
PERCHÈ BARCELLONA CHIEDE L’INDIPENDENZA
Le urne sono aperte, ma sono anche presidiate: una situazione che si assiste di norma nei paesi del Terzo Mondo o nelle dittature più aspre. Vederlo nella moderna e democratica Spagna, fa un effetto tutt’altro che positivo, a prescindere della posizione da prendere sull’indipendenza pro o contro della Catalogna. Come si vede dalla foto, nei giorni scorsi sono scesi in piazza anche i trattori per impedire alla Guardia Civil (la polizia dello Stato spagnolo) di impedire a loro volta le operazioni di voto. Nessuno sa davvero cosa succederà oggi, e soprattutto cosa potrebbe accadere da domani mattina: intanto però sappiamo cosa chiede Barcellona e perché ha impostato un muro contro muro nei confronti di Madrid per la richiesta di indipendenza e “secessione”. Il referendum è stato istituito con una legge approvata all’inizio di settembre dal Parlamento regionale: va detto che a favore si è espressa la maggioranza che sostiene il governi che però rappresenta però il 48% dei voti popolari e contro tutte le opposizioni. Nel quesito, dando il Sì come proprio voto, i catalani potrebbero far entrare in vigore a ley de desconexión (legge di separazione) che prevede la possibilità di una dichiarazione unilaterale di indipendenza entro 48 ore. Tra i punti principali del programma politico indipendentista troviamo su tutti l’autonomia fiscale: troppe tasse a Madrid e troppo poco torna indietro, per cui Barcellona chiede ampi e maggiori spazi di manovra. Non solo, più libertà della gestione delle finanze catalane vorrebbe dire avere a disposizione una delle regioni più ricche dell’intera Spagna e Madrid non intende permetterlo. Non solo, la Corona spagnola e il Governo di Madrid teme che davanti ad una prova di secessione come quella catalana, anche altre regioni storicamente “autonomiste” potrebbero compiere lo stesso gesto, su tutte ovviamente il popolo basco che ha già dato il suo pieno appoggio al Governo catalano per il referendum a difesa della democrazia.
COSA SUCCEDE SE VINCE IL SÌ?
Ma se dovesse vincere il Sì al referendum di Barcellona – e il “se” va adottato per ben due motivi, perché Madrid potrebbe fino all’ultimo bloccarlo e perché i sondaggi non danno il Sì in vantaggio, bensì gli indipendentisti sarebbero in leggera minoranza – da domani, 2 ottobre 2017, cosa potrebbe succedere? La sentenza della Corte costituzionale spagnola ha riconosciuto l’incostituzionalità del referendum promosso dalla Generalitat de Catalunya, dunque l’indipendenza di Barcellona sarebbe un atto contrario alla costituzione, che prevede l’indivisibilità dello stato spagnolo. A questo punto però il governo della Regione potrebbe accettare di aprire una trattativa con Madrid – strada assai difficile stante il livello di rapporti in questo momento pari allo zero – per avere maggiori autonomie senza arrivare alla “secessione”. Se il Sì dovesse trionfare allora dovrebbe entrare in vigore la ley de desconexión che regola l’iterim legale fino al riconoscimento dell’indipendenza: come spiega bene l’Ansa, «tutto rimarrebbe com’è oggi (leggi, tribunali, polizia, amministrazione, finanze) tranne il fatto che il governo locale dovrebbe negoziare o imporre caso per caso nuove regole a Madrid fino alla completa separazione». Comunque lo si guardi, questo voto rappresenta una sconfitta per la democrazia interna e un’occasione perduta dall’Unione Europea per svolgere un ruolo di garanzia e di dialogo tra tutte le proprie parti. Un caso su tutti racconta l’eccezionalità negativa dei fatti di Catalogna: venerdì scorso la polizia spagnola ha fatto irruzione nella sede di Google per bloccare la app twittata giovedì dal governatore catalano, Carles Puigdemont, che indicava dove andare a votare per il referendum sull’indipendenza della Catalogna. «L’ordine per il blocco della app è arrivato dal tribunale superiore della giustizia della regione», spiega TgCom 24 presentando il voto di oggi che comunque sia cambierà il destino prossimo della Spagna.