La Camera ha approvato la legge elettorale con 375 sì e 215 contrari. Il Rosatellum 2.0 va ora al Senato con i voti di Pd, Forza Italia, Lega e Ap. Contrari M5s e Mdp. L’esame della legge a Palazzo Madama potrebbe iniziare già la prossima settimana. “E’ andata come previsto — commenta Luciano Ghelfi, quirinalista del Tg2 —. Vuol dire che il patto, alla fine, è abbastanza forte. 35 franchi tiratori sono una cifra quasi fisiologica quando le convergenze sono così ampie”. 



Insomma la legge non ha corso non ha corso nessun pericolo. 

A questo punto si può pensare che reggerà anche al Senato.

Dunque i giochi sono fatti?

Se qualcosa andasse storto, sarebbe una sorpresa. Al Senato il voto segreto c’è ma è molto meno utilizzabile che non alla Camera. E questo spunta le armi a chi vuole fare uno sgambetto alla legge. 



Ci sono le obiezioni di Napolitano. E non sono limitate al solo ricorso alla fiducia.

Napolitano ha indicato un problema oggettivo: quello di limitare l’espressione degli elettori legando a un unico voto sia la parte proporzionale sia quella maggioritaria (il trasferimento del voto dal candidato prescelto nel collegio uninominale alla lista collegata nella parte proporzionale, ndr). Va detto però che nel Mattarellum c’erano due schede alla Camera ma una sola al Senato e nessuno si è mai lamentato.

Ci spieghi bene questo punto.

Alla Camera si poteva esercitare il voto disgiunto, non così al Senato, dove si sceglieva il candidato di collegio e venivano eletti nella parte proporzionale i migliori perdenti. Quindi il meccanismo lo abbiamo già visto: è stato in vigore dal ’93 al 2011.



Eppure i dubbi che la legge sia incostituzionale non sono del tutto risolti.

Questa preoccupazione c’è e serpeggia. Ci sarà anche un tentativo degli avvocati che hanno fatto dichiarare incostituzionale l’Italicum di fare altrettanto con il Rosatellum; certo che percorrere questa strada in via preventiva non è previsto dalla Costituzione ed è molto complicato riuscirvi. 

Chi ha realmente deciso la partita?

La forte accelerazione voluta da Renzi mediante il ricorso al voto di fiducia. Il segretario del Pd ha ritenuto che il momento fosse opportuno; in effetti, tra un mese le cosa sarebbero potute andare diversamente. In mezzo ci sono le elezioni siciliane.

Dopo il 5 novembre Renzi potrebbe non avere il controllo del partito che ha dimostrato di avere oggi?

E’ così. Una sconfitta in Sicilia, già messa in conto, potrebbe indebolirlo privandolo del controllo effettivo di una parte del Pd. Chiedendo a Gentiloni di porre la questione di fiducia ha potuto garantire agli altri contraenti dell’accordo il peso del Partito democratico.

Ha deluso molti che Gentiloni si sia prestato al diktat di Renzi senza battere ciglio.

Gentiloni ha dovuto accogliere la spinta di Renzi contravvenendo alla promessa, fatta l’anno scorso quando si insediò a Palazzo Chigi, di non impicciarsi della materia elettorale. Lo ha fatto in nome di una legge ritenuta necessaria innanzitutto dal Quirinale. Ha anche ha capito che l’operazione voto di fiducia sarebbe andata a suo vantaggio.

Per quale motivo?

Perché così ha evitato di veder disunita la maggioranza in vista della legge di bilancio, che è il suo primo e più importante obiettivo.

Le preoccupazioni di Mattarella sono rientrate?

Sì, nella misura in cui non si andrebbe più a votare con le leggi dei giudici costituzionali, che avrebbero richiesto uno scivolosissimo decreto legge, ma con una legge approvata grazie a un consenso più ampio della maggioranza di governo.

Ma il Rosatellum consentirà di avere l’agognata “governabilità”?

Domanda difficilissima, che andrà affrontata anche sulla base di come verranno disegnati i collegi elettorali, proporzionali e maggioritari. Un elemento che può influire in modo decisivo sul risultato finale. E’ chiaro che il Rosatellum almeno sulla carta va a colpire il minore radicamento territoriale di M5s, che ha un consenso diffuso, e favorisce chi ha un consenso concentrato in alcune regioni come il Pd e la Lega. Non meno importante è vedere come la legge verrà percepita dall’opinione pubblica.

Allude alla “maledizione” della legge elettorale?

Sì. In Italia chi ha fatto le leggi elettorali non ha mai vinto le elezioni: è accaduto alla Dc con la “legge truffa” del 1953, sempre alla Dc nel ’94 con il Mattarellum, e al centrodestra nel 2006 con il Porcellum. Renzi e Berlusconi dovrebbero saperlo.

(Federico Ferraù)