Con la fiducia sulla legge elettorale, in un colpo solo Matteo Renzi ha dato l’ultima picconata alla credibilità delle istituzioni. Del Parlamento, espropriato, sotto ricatto, della possibilità di dare al Paese una legge elettorale almeno decente. Del Governo, nella persona di Gentiloni, ridotto ad eseguire, più o meno connivente, un ordine del segretario del Pd, dopo aver solennemente preso l’impegno a lasciare alle Camere il compito di fare la legge. Della presidente della Camera Boldrini, arrampicatasi sugli specchi per dare il via libera alla fiducia sulla legge elettorale, per giunta negli ultimi sei mesi di legislatura, in spregio di una previsione costituzionale e di una specifica raccomandazione europea.
E — se costretto dal vicolo cieco di evitare una crisi istituzionale senza precedenti — dello stesso presidente della Repubblica, se Mattarella firmerà una legge patentemente anticostituzionale, essendo la copia peggiorata dell’Italicum, di cui sulla sua scrivania ha la sentenza di abolizione della Corte.
Una legge che se Mattarella firmerà, rischia di metterlo nell’insostenibile posizione di essere stato il presidente che avrà mandato il Paese a votare con una legge che sarà probabilmente cassata dalla Corte, riaprendo la ferita, già del Porcellum, dopo la sentenza di abolizione, della dubbia legittimità del parlamento che sarà eletto. Il tutto mentre, essendo venuta meno, con l’uscita di Mdp dalla maggioranza, la maggioranza parlamentare che gli aveva dato la fiducia, Gentiloni dovrebbe salire al Colle, quanto meno per una verifica della maggioranza di cui può disporre.
Uno scenario da incubo, che può essere evitato in extremis solo da un sussulto di senso di responsabilità di tutti gli attori in gioco, al Senato, per rigettare la legge, e provvedere con urgenza — bastano due settimane — a decreti di armonizzazione delle due sentenze della Corte per avere uno strumento, certamente proporzionale, ma decente, per andare a votare.
Chi può si muova in questo senso. Le bugie, per giunta troppe, hanno le gambe corte. E tutto questo scenario fallimentare di chiusura della legislatura si regge su troppe bugie. La prima: sarebbe stato l’affossamento del tedeschellum a costringere Renzi e i suoi alleati al Rosatellum e all’extrema ratio della fiducia. Niente di più falso. Il tedeschellum è stato autoaffondato dal Pd per impedire che con l’introduzione delle preferenze venisse meno il controllo dei futuri eletti da parte del suo segretario, che è l’arma di distruzione di massa della dignità del suo partito come si sta vedendo (e per trascinamento della dignità di tutto il parlamento). La seconda: il Rosatellum sarà anche una medicina amara, ma è l’unico sistema per dare governabilità al Paese. Anche qui niente di più falso: distrugge il senso stesso della rappresentanza (la scelta degli eletti da parte degli elettori) e non garantisce alcuna governabilità. Le stime accreditano alla Camera al Pd 170 seggi, più o meno la metà di un’ipotetica maggioranza; e neanche l’accordo con Berlusconi servirà, se non si troveranno una cinquantina di “responsabili”. Cosa altamente opinabile.
Insomma questa legge rischia di essere anche da un punto di vista democratico “un delitto inutile”. La verità è che questa legge serve a Renzi nell’ordine: a) per blindarsi come leader politico in un partito personale costruito a tavolino; b) a far uscire dai numeri della urne la “necessità” dell’accordo già raggiunto con Berlusconi; c): a impedire l’aggregazione alla sua sinistra di una forza unitaria in grado non di togliere voti a lui, ma di andare a riprendersi quelli che lui ha perso e che non è in grado di riprendersi, cosa che certamente converrebbe allo stesso Pd, per una possibilità di governo nella prossima legislatura, ma non a Renzi, perché non potrebbe interpretarla lui; d): (illudersi di) frenare i 5 Stelle, facendo sì che siano sottorappresentati rispetto ai voti di cui sono accreditati.
Le due illusioni di Renzi sono appunto queste, perché i 5 Stelle da questa legge e dalla sua truffa democratica saranno rilanciati, e i vari cespugli sotto l’ombrello del Pd, se mai nasceranno, da Calenda a Pisapia, si ridistribuiranno né più né meno che i voti che Renzi può calamitare, senza alcun incremento significativo. Il tutto grazie ad una legge che non solo non ti fa scegliere i rappresentanti, ma non ti fa sapere neanche chi tra quelli che ti saranno propinati, nella lotteria dei travasi tra uninominale e listini, sarà poi eletto. L’unica cosa certa è che dovrà essere un fedele del segretario che lo ha messo in lista. Se si aggiunge che con la scusa di poter candidare Al Bano in Russia, possiamo anche trovarci Verdini candidato in Sudamerica, la colonna sonora della prossima legislatura è già nota: “Paese mio che stai nella vergogna…”.