INDAGINI ONU SU VIOLENZE POLIZIA

Hanno perso un po’ tutti in questo voto per l’indipendenza: ora se ne accorge anche l’Onu che in questo primo pomeriggio post-voto analizzando la difficile situazione presente in Catalogna ha fatto sapere che scatterà una inchiesta sulle violenze viste in opera durante il voto nella giornata del 1 ottobre 2017. «Sono molto turbato dalle violenze in Catalogna domenica ed esorto le autorità spagnole a garantire indagini complete, indipendenti e imparziali su tutti gli atti di violenza», spiega l’Alto Commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra’ad Al-Hussein. Non solo, «le risposte di polizia devono essere sempre proporzionate e necessarie; l’attuale situazione dovrebbe essere risolta attraverso il dialogo politico, con il pieno rispetto delle libertà democratiche», conclude l’Alto Commissariato per i diritti umani. Intanto, proprio per quelle violenze, oggi migliaia di studenti in piazza contro il governo di Madrid nelle strade di Barcellona e Girona. Circa 15mila persone, secondo la polizia urbana, si sono concentrate in Plaça Catalunya: slogan anti-Corona e anti-Rajoy. Non tutta la Catalogna è schierata per l’indipendenza, ma il problema è che ora ogni possibilità di dialogo e accordo è resto oltremodo impossibile da quanto visto e avvenuto ieri. (agg. di Niccolò Magnani)



L’EUROPA INTERVIENE (TARDI)

Il giorno dopo la mattanza per le strade di Barcellona, la Commissione Ue interviene: lo fa confermando il suo appoggio alla Spagna, in quanto il voto di ieri è stato giudicato da uno stato di diritto come incostituzionale. Sono le primissime parole della Commissione Europea sull’intera vicenda del referendum, ma suonano un po’ tardive rispetto a tutto quanto successo in questi giorni: «Per la Costituzione spagnola,  il voto in Catalogna non è legale. Per la Commissione europea si tratta di una questione interna alla Spagna, che deve essere affrontata nel quadro dell’ordine costituzionale spagnolo e in linea con i diritti umani fondamentali», spiega il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas. Per l’Europa resta comunque un problema interno in cui non voler entrare, anche se oggi pomeriggio Junker avrà un colloquio personale con il premier Rajoy e da lì potrebbero giungere accorgimenti e consigli per le prossime mosse da lanciare in un quadro sempre più complicato in Catalogna. «Se il parlamento europeo vorrà affrontare la questione della Catalogna in un dibattito, siamo pronti. Ma aldilà delle questioni puramente legali, in questo momento è necessaria unità e stabilità, non divisione e frammentazione, la violenza non può mai essere uno strumento in politica», ha aggiunto Schinas, il giorno dopo i gravi disagi in mezza Catalogna per le cariche della Guardia Civil. (agg. di Niccolò Magnani)



LE POSSIBILI MOSSE DI MADRID

E ora cosa succede in Catalogna? Dopo il referendum e dopo i circa 800 feriti nel giro di qualche ora, lo sguardo politico e non del mondo è impegnato su Madrid e osserva le possibili prossime mosse del Governo popolare e della Corona spagnola, finora in silenzio “assordante” pre e durante il referendum per l’indipendenza. Tra le tante opzioni in mano a Rajoy – che dopo ieri ha perso e non poca fiducia da parte dell’Europa e degli stessi spagnoli – vi è la possibilità, qualora Barcellona continui con la linea dura della dichiarazione d’indipendenza, di forzare a sua volta la mano e applicare in toto l’articolo 155 della Costituzione per revocare l’autonomia alla Generalitat. Ma dopo gli scontri di ieri e il rischio serio di una guerra civile – impensabile nel 2017, ma purtroppo un’opzione non molto distante da quanto abbiamo visto ieri per le strade di Catalogna – allora si potrebbe avanzare con un linea assai più morbida. Come spiega l’inviata dalla Spagna dell’Adnkronos, «si può avanzare la strada di una riforma della Costituzione per introdurre il referendum legittimo per l’autonomia. Tutte le misure devono comunque essere votate dal Senato. Il premier Rajoy, nonostante abbia sottolineato il carattere illegale del voto, sostenendo che “non c’è stato un referendum per l’autodeterminazione della Catalogna”, si è detto aperto a un dialogo democratico». (agg. di Niccolò Magnani)



PUDGEMONT, “UE NON SI VOLTI DALL’ALTRA PARTE”

Il Sì ha vinto, l’affluenza no anche se per il referendum a Barcellona e Catalogna ci sono “le scusanti” della grande possibilità di prendere botte e cariche della polizia qualora si fossero avvicinate ai seggi, non esattamente la condizione ideale per esprimere il proprio voto democratico. Proprio quel diritto democratico è messo in discussione dalla Spagna che giudica e ha giudicato ieri un sopruso incostituzionale quanto avvenuto con il voto sull’indipendenza. Il nodo quasi insuperabile rimane tra i due contendenti, con l’Europa sullo sfondo che finora ha fatto la figura della “bella statuina”: «I cittadini catalani si sono guadagnati il diritto ad uno Stato indipendente. L’Ue non può continuare a guardare dall’altra parte, abbiamo il diritto di essere rispettati in Europa», le parole del presidente catalano Carles Puidgemont dopo i primi risultati ottenuti dal Referendum. Ora, presumibilmente tra giovedì e venerdì, il leader presenterà a Barcellona i risultati definitivi «affinché agisca come previsto dalla legge del referendum. I cittadini catalani si sono guadagnati il diritto ad uno Stato indipendente». La Spagna è stata giudicata vergognosa dal presidente Puidgemont ma al momento sarà proprio quel governo centrale a dover trovare un modo per sedersi ad un tavolo per discutere i risultati del voto catalano: altrimenti la guerra civile non sarà solo un’ipotesi campata per aria. (agg. di Niccolò Magnani)

L’ESULTANZA DEI SOSTENITORI DELL’INDIPENDENZA

Dopo il “sì” all’indipendenza della Catalogna e che ha vinto con il 90,09% dei voti (contro il 7,87% del “no”) e con un’affluenza alle urne del 42,3%, è tempo di pensare ai possibili scenari politici per la stessa Catalogna e la Spagna. In primo luogo, una dichiarazione unilaterale di indipendenza (Dui), da sempre obbiettivo primario anche se appare molto più simbolico che concreto, come ribadisce Askanews, in quanto anche in presenza di garanzia elettorale, senza un accordo con Madrid appare improbabile un riconoscimento internazionale. Elezioni anticipate: rinunciando alla Dui si pone necessario rafforzare il voto indipendentista raccogliendo una percentuale di voti maggiore del 48% ottenuto due anni fa. Elezioni nazionali anticipate ed infine un maggiore dialogo tra le parti, sempre a patto che vi siano interlocutori convinti a intraprendere questa strada, compito non semplice dal momento che ogni parte ha preoccupazioni elettorali differenti alle quali pensare. Intanto come riferisce SkyTg24, dopo l’annuncio dei risultati del Referendum in migliaia di sostenitori dell’indipendenza hanno esultato nel corso della passata notte su Plaza Catalunya, la centralissima piazza di Barcellona, il tutto contornato dalle bandiere stellate simbolo dell’indipendenza catalana e sullo sfondo di Els Segadors, inno della Catalogna. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

REFERENDUM CATALOGNA, IL RISULTATO DEL VOTO: ULTIME NOTIZIE

Al termine di una giornata di tensioni e scontri, è cominciato lo spoglio delle schede del referendum per l’indipendenza della Catalogna. Migliaia di persone hanno celebrato in plaza Catalunya a Barcellona il voto, definito «una messinscena» dal premier spagnolo Rajoy. Ma restano le immagini di anziani tirati per la giacca da poliziotti in tenuta antisommossa, uomini trascinati sull’asfalto bagnato, manganellate e pedate anche alle donne, centinaia di feriti tra i civili. Il clima nella capitale catalana è stato infernale, questo però è soprattutto il momento nel quale si contano i voti. Le proiezioni sui primi dati dello scrutinio del referendum attento l’87% al sì all’indipendenza. Solo il 9% ha votato no, mentre il 3% scheda bianca e l’1% risulta nullo. A diffondere le proiezioni il partito Democrates de Catalunya, in base allo scrutinio di 200 schede in 50 seggi. Lo ha riferito El Periodico.

DOMANI SCIOPERO CONTRO LA REPRESSIONE SPAGNOLA

I seggi sono chiusi, è partito lo scrutinio, ma la lotta catalana prosegue. Nel giro di 48 ore potrebbe essere proclamata l’indipendenza della Catalogna, ma intanto è stato proclamato uno sciopero generale per denunciare la repressione dello Stato spagnolo. Lo ha annunciato ieri sera Jordi Cuixart, presidente di Omnium Cultural, una piattaforma civica indipendentista: si terrà domani, martedì 3 ottobre. «Il governo del presidente Puigdemont aveva promesso il referendum e ha mantenuto la promessa, ora chiediamo che mantenga anche il resto e che nasca una nuova Repubblica di Catalogna», ha poi dichiarato Jordi Sanchez, dell’Assemblea nazionale catalana, in Plaza Catalunya a Barcellona. Nel comune del presidente Carles Puigdemont il sì all’indipendenza trionfa con il 96% dei voti, stando ai dati diffusi dal Municipio. Hanno votato 1453 dei 1730 aventi diritto: 1397 hanno votato per l’indipendenza, 37 per il no. Ci sono state 12 schede bianche e 7 nulle.

PIQUÉ PRONTO A LASCIARE LA NAZIONALE SPAGNOLA

A prendere una posizione netta nel giorno del referendum per l’indipendenza catalana è stato Gerard Piqué, che si è detto pronto a lasciare la nazionale spagnola anche subito. Il difensore del Barcellona aveva già comunicato l’intenzione di lasciare la nazionale dopo i Mondiali 2018, ma potrebbe anticipare la decisione. «So che in Spagna c’è gente che non approva quello che è successo e crede nella democrazia. Ma se il ct o qualcuno della Federazione credono che io sia un problema, farò un passo indietro e lascerò la nazionale prima del 2018». Una giornata a dir poco difficile anche per il Barcellona, che ha giocato a porte chiuse contro il Las Palmas per i disordini nella città catalana. «È stato un giorno duro, la gente ha manifestato senza ricorrere alla violenza, lo ha visto tutto il mondo e ci saranno delle conseguenze». Piqué però non avrebbe voluto giocare: «Ho detto la mia e la dirigenza ha detto la sua. Alla fine si è deciso di giocare, siamo un club e andiamo tutti in una sola direzione», riporta Fanpage.