Prima si è aspettato mesi per costituire una Commissione d’inchiesta sulla situazione delle banche, dopo il caso Etruria (e altre), quello delle banche venete e magari conoscere anche lo stato di “salute” del Monte dei Paschi di Siena, mentre la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti delle banche continua a peggiorare, per non parlare di alcuni risparmiatori “bidonati” che hanno spesso dovuto investire in obbligazioni secondarie.
Ora è arrivato l’affondo (e la rissa interna) del Partito democratico, attraverso il suo segretario decisionista Matteo Renzi: il licenziamento programmato del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
E’ chiaro a tutti che la Commissione, presieduta dal notissimo esperto di finanza e di banche, Pierferdinando Casini, non servirà assolutamente a nulla e in questi mesi, ormai di fine legislatura, si potrà al massimo fare qualche riunione, dove le vere questioni della situazione bancaria italiana non emergeranno per ragioni di tempo e competenza.
Ma con tempismo para-comico, si è aggiunto, a questa grossolana mossa della Commissione, il siluro a Visco in quanto non avrebbe vigilato sulle operazioni delle banche andate per aria. Sia chiaro che non si tratta di una sorta di “complotto” (cose raffinate di altri tempi), ma solo di una scommessa da giocatore d’azzardo, non di poker ma di terziglio, una variante un po’ più sofisticata dell’italico tressette.
Non sappiamo, e ci interessa relativamente sapere, se sono state rispettate le regole di correttezza legale e amministrativa in questa circostanza. Ma vale subito la pena di considerare questa operazione dal punto di vista politico come un maldestro tentativo di scrollarsi di dosso, da ex presidente del Consiglio e da “uomo nuovo” della politica italiana, il patatrac bancario di questi anni. Di fatto abbiamo parlato di scommessa da parte di Renzi, ma siamo piuttosto davanti a un’azione quasi patetica, per i tempi e per i toni usati, che non tiene in minimo conto la sensibilità e la percezione degli italiani.
Sia chiaro che in tutta questa vicenda non ci interessa difendere, scusare o prendere le parti di Visco e della “grande tradizione” di Bankitalia, come si dice in queste ore, perché gli organi di vigilanza in questo Paese, Consob compresa e da non dimenticare, hanno raggiunto un limite di inconsistenza che lascia tutti esterrefatti da tempo.
E’ vero che il Paese ha la memoria corta, per scelta decisa a tavolino e deliberata da molti anni, ma non si ricorda proprio nessuno della scalata di Monte dei Paschi ad Antonveneta, mentre era già scoppiata la crisi finanziaria mondiale? Nessuno si rammenta le perdite di valore delle azioni delle banche che hanno poi ammainato bandiera? Forse tutti quanti sono gli interpreti della riedizione di una vecchia commedia dal titolo: non so, non ricordo, se c’ero dormivo.
Il vero problema di tutto questo pandemonio è che si va verso elezioni incertissime, dove sarà un mistero trovare una maggioranza e dove si giocano le fortune di Matteo Renzi che, dopo il referendum di un anno fa, sono decisamente in grande calo. E per coprire un ruolo nel futuro Parlamento non si risparmia alcun gioco al massacro come quello che sta avvenendo.
In termini sintetici, il Pd affronta le elezioni siciliane e poi quelle generali con un paese che cresce la metà dei partners europei; che ha numeri di disoccupazione, soprattutto giovanili, inquietanti, anche se mascherati da dichiarazioni spesso stravaganti; che è coperto da un’operazione della Banca centrale europea, come il Quantitative easing, che sta per scadere; che ha uno stock di debito pubblico spaventoso e non ha prospettive concrete di una solida politica industriale.
La ripresa, se la contingenza sarà ancora buona, avverrà con lentezza esasperante, ma se la congiuntura girerà al peggio saranno guai seri di carattere politico e sociale. Basta guardare l’atteggiamento dei sindacati in questi giorni, ormai pronti a dichiarare uno sciopero generale.
Con l’ottimismo ridicolo di un “Candide” non volterriano, ma di provincia, Renzi ha predicato e promesso, non azzeccando quasi nulla, facendosi nemici a sinistra e creando diffidenze in quasi tutti gli schieramenti, ormai sfidando persino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Dopo aver “silurato” Enrico Letta, comincia a non sopportare neppure il tranquillo andamento di Paolo Gentiloni.
Non è improbabile che la mossa di Renzi sia quasi una sfida, una scommessa appunto, per misurare la sua popolarità rispetto ai titolari della presidenza della Repubblica e della presidenza del Consiglio attuale.
Si aggiunga a tutto questo, la posizione di Maria Elena Boschi, per la posizione del padre in Banca Etruria e tutte le “voci” che girano sul tentativo di salvare la banca. In più i consigli di Renzi, fatti a suo tempo, di investire in azioni del Monte dei Paschi di Siena.
E in tutto questo bailamme, fatto di colpi bassi, nessuno, stampa compresa e grandi media, che si soffermi per un attimo sulla nuova “filosofia” bancaria di questi anni, quella che ha portato alla crisi, per la spregiudicatezza delle grandi banche d’affari e l’incoscienza delle altre banche che fanno trading, definendosi imprese che devono fare la felicità degli azionisti. Il rovesciamento del famoso Glass-Steagall Act di Roosevelt e il neoliberismo del metodo McKinsey, che secondo alcuni non ha portato alla crisi, ma che, tuttavia, da dieci anni a questa parte non riesce a risolvere e a modificare nulla.
Nemmeno la spaventosa concentrazione di ricchezza, il potere di alcuni fondi, il ruolo dello shadow banking e la “pioggia” dei derivati. Di tutto questo, al momento, è vietato parlare. Intanto si regolano i conti, anche nella provincia italiana, tra i perdenti storici di questo periodo politico, bancario, finanziario ed economico. Ripetiamo: un gioco al massacro tra perdenti e irresponsabili.