Fatto il Rosatellum, è scattata un’orgia di ipotesi, proiezioni, sondaggi, calcoli, simulazioni per immaginare come sarà il prossimo Parlamento. Ognuno fornisce risultati diversi nei numeri ma uguali nella sostanza: trovare una maggioranza sarà difficilissimo. Troppe lacerazioni tra i partiti e troppo alta la quota proporzionale prevista dalla nuova legge elettorale per garantire coalizioni coese dopo il voto. Si dice che il Pd potrebbe fare un accordo con Forza Italia, ma potrebbe non bastare. Che Matteo Renzi voglia aggregare Alfano a destra e la Bonino a sinistra. Che Pietro Grasso potrebbe coagulare addirittura il 15 per cento a sinistra del Pd. E infine che i due partiti populisti, la Lega (ex Nord) di Matteo Salvini e i 5 Stelle potrebbero trovare un terreno comune per fare politica in nome dell’antipolitica. Gli scenari sono innumerevoli.



Il sistema elettorale partorito nei giorni scorsi dovrebbe indurre a formare coalizioni. Ma Renzi da un lato e Berlusconi dall’altro incontreranno numerosi ostacoli. Il leader del Pd ha fatto terra bruciata attorno al partito, l’uscita di Grasso è l’ultimo capitolo della saga delle scissioni e abbandoni. A sinistra funziona così, preferiscono farsi del male piuttosto che turarsi il naso. Ma anche fuori dal Pd il segretario si è circondato di nemici, come conferma la resistenza dell’establishment al tentativo renziano di far fuori il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. A Renzi sono rimasti i resti degli uomini di Area popolare, peraltro in parte ancora tentati dal ritorno verso il Cavaliere, e le truppe di Verdini, che in maggioranza ci resterà sempre, come ha ripetuto di recente. La capacità aggregativa di Renzi non sembra potere spingersi molto più in là.



Sull’altro versante Berlusconi deve fare i conti con Salvini. La Lega chiederà la metà dei seggi uninominali del Nord sull’onda del successo del referendum autonomista di domenica scorsa. Era chiaro che l’esito del voto sarebbe stato usato sul tavolo dei negoziati per la formazione delle liste. All’uninominale il centrodestra farà il pieno sopra il Po e metà dei posti saranno appannaggio della Lega, il resto verrà diviso tra azzurri, Fratelli d’Italia e forze minori. Poi la Lega, liberatasi della zavorra del nome nordista, tenterà di raccattare consensi anche da Roma in giù nella quota proporzionale. Nemmeno per il Cavaliere sarà facile il negoziato.



Dunque, non basta fare una legge che sulla carta favorisce le coalizioni per dare vita a vere coalizioni. E soprattutto a garantire che le alleanze pre elettorali rimangano tali dopo il voto, quando si formerà il Parlamento. Le coalizioni infatti servono a coprire il 36 per cento dei seggi di Camera e Senato, il resto (quasi due terzi) risponderà alle regole del proporzionale. Il che potrebbe in realtà favorire un “liberi tutti” e riaprire i giochi.

Resta da capire perché Renzi, Alfano, Berlusconi e Salvini abbiano stretto un patto d’acciaio consolidato da una sequela di voti di fiducia per varare questa legge elettorale che, con tutta probabilità, renderà il sistema politico ancora più instabile nonostante una parvenza di coalizioni. La risposta è duplice. In primo luogo, anche con il Rosatellum non ci sono le preferenze e i segretari dei partiti potranno ancora una volta portare in Parlamento solo i loro fedelissimi. E poi, gli stessi leader mantengono ognuno un potere di veto. Nessuno potrà essere tagliato fuori, nemmeno il vecchio Silvio ineleggibile e impresentabile ma che rimarrà sempre lì, nella sua nuova veste di paladino delle istituzioni e garante degli equilibri.