Ha 96 anni ma la mente lucida e viva di una trentenne: è Franca Valeri, l’ultima “signora del Teatro” che ha appena rilasciato una bella intervista su Huffington Post dopo l’uscita del suo ultimo libro “La stanza dei gatti”. 80 anni da attrice, le stagioni sociali e culturali tutte vissute e uno sguardo immalinconito per la crisi di oggi, ma non rassegnato: la Valeri spiega infatti come ormai per lei il rapporto col teatro non è più qualcosa di “professionale”, ma è divenuto praticamente personale. Come un uomo: «ho con lui un rapporto carnale. Lo vedo come una persona. Ci parlo. Mi confessa i suoi tormenti e i suoi desideri. Lo sento vivo accanto a me». Proprio dal teatro la Valeri traccia un’interessante panoramica sul rapporto tra giovani e “vecchi”, tra il lavoro che cambia e le dinamiche che restano però sempre molto simili anche a molti anni fa. Ad esempio, l’attrice racconta il suo primo provino all’accademia nazionale d’arte drammatica dove venne scartata: «Avevo un aspetto infantile, ma ero esageratamente matura. Compresi più tardi che non avrebbero potuto capirmi. Non me la presi. So che è troppo difficile giudicare i giovani. Non rivelano quasi mai ciò che sono. Non si danno immediatamente e lo fanno fino in fondo di rado. Spesso disturbano chi è più grande e, in genere, maldisposto a giudicarli benevolmente. Perché sono nuovi. Dicono cose che gli adulti non capiscono e perciò preferiscono considerarle stupidaggini, anziché prendere in considerazione i propri limiti». Insomma, dal teatro e non solo, la dinamica raccontata dalla Valeri può tranquillamente tradursi in uno sguardo anche sull’attualità, sulla nostra società e sul difficile accesso dei giovani al mondo complesso del lavoro.
L’ANTIFASCISMO E LA RIVINCITA
Nell’intervista Franca Valeri racconta anche le origini della sua infanzia e quella sua più volte affermata convinzione anti-fascista, nonostante sia nata nel 1920 e abbia vissuto in adolescenza il dramma del Ventennio fascista. «Sono venuta al mondo e subito sono cresciuta. E perché in casa mia, con un padre anti fascista, i valori che si respiravano non aderivano all’ideologia del regime», spiega l’attrice, sottolineando come proprio questa sua “immediata” maturità ha poi influito e non poco nelle prime esperienze lavorative nel complicato mondo dello spettacolo. «All’epoca però erano tutti fascisti, così come dopo la caduta del fascismo diventarono tutti anti fascisti. È tipico delle masse. Quelle italiane in particolare», afferma ancora la Valeri che non nasconde di aver provato un senso di liberazione e rivincita quando seppe che Mussolini fu catturato e poi ucciso. Addirittura, «quando seppi che avevano portato il suo corpo in piazza, ci andai. Mia madre rimase terrorizzata in casa. Era convinta mi avrebbero picchiata e fatto del male. Invece, tornai a casa illesa. E provai un senso di rivincita».
ITALIANI SBRACATI COME I POLITICI
La storia, il lavoro, i giovani e la società estremamente mutata – almeno nelle ideologie – rispetto a quella degli Anni Quaranta: ma per Franca Valeri il vero problema di oggi non è più “l’ideologia”, bensì una apparente innocua forma di maleducazione. «Quando da ragazzina vivevo a Milano, anche le nobili signore parlavano il dialetto. Era pittoresco, ma mai triviale. Oggi si parla un italiano sgradevole. La volgarità è diffusa, quasi istituzionalizzata. La nostra freddezza ha lasciato che arrivasse così in alto. La rivoluzione la faranno gli educati». L’educazione, la mancanza di volgarità e la leggerezza di chi ha interpretato con il teatro tutti i ruoli e le sfumature delle persone reali: per Franca Valeri la vera rivoluzione sarebbe proprio quell’educazione dei giovani (con il necessario insegnamento dei “maestri”), una speranza che per l’attrice non è per nulla sotterrata. E non solo nel mondo della cultura o della società: «la politica dovrebbe essere una scienza, non una pagliacciata. Chiunque studi veramente per realizzare un’idea pubblica si distingue per signorilità e finezza. Non per il volume dell’urlo». La chiusura è aperta e non chiusa, come magari una 96enne che ne ha viste di cotte e crude nel nostro bel e complicato Paese: «sono convinta che gli italiani torneranno fuori. Dal posto in cui si sono lasciati andare, talvolta eccessivamente, dimenticando doveri e convenienza. Gli italiani hanno sbracato. Sono andati dietro alle novità, ai piaceri idioti, ai simboli fasulli. Per fortuna, ci sono dei giovani che se ne stanno rendendo conto».