È caos per il Movimento Democratici Progressisti (Mdp) dopo che nel giro di due giorni ci sono state nell’ordine una delegazione capitanata da Pisapia (che non fa parte di Mdp e neanche di Sel ma che viene visto e incoronato come il candidato premier della Sinistra Anti-Renzi alle prossime Elezioni Poltiiche, ndr) presso Palazzo Chigi, lo strappo sul Def con le dimissioni del viceministro Bubbico, il voto in Aula e la semi-uscita dal Governo, e per finire la lite Pisaia-D’Alema per la gestione della sinistra nei confronti di Renzi. In poco tempo il partito degli epurati e scissionisti Pd si è trasformato in un cantiere caotico con non ben precisate e chiare le linee guida: il Def intanto è passato in Parlamento senza il voto di Mdp che per di più ha fatto dimettere il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico come “mossa” di protesta contro il Documento di Economia e Finanza. «La mia posizione in merito – spiega – coincide con quella espressa dai gruppi Mdp a Camera e Senato. Per questi motivi, dopo avere informato il presidente Gentiloni e il ministro Minniti, che apprezzo e ringrazio per la fiducia accordatami, ho rassegnato le mie dimissioni dal governo», scrive nella nota pubblica l’ex viceministro. La relazione di Padoan non è piaciuta e l’impressione che questo sia il classico “pretesto” o goccia che fa traboccare il vaso di uno stancamento previsto dal Governo Pd in vista della prossima aspra campagna elettorale. «Le parole del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sono state insufficienti, ma per senso di responsabilità Mdp voterà a favore dello scostamento degli obiettivi sul deficit, per cui serve la maggioranza di 161 voti in Senato», è stata la scelta del leader di Articolo 1-Mdp, Roberto Speranza.
LA “FIRMA” DI D’ALEMA ANCHE SU MDP?
Un Mdp che non si sente più parte della maggioranza – spiega ancora Speranza a Repubblica – e che di fatto si prepara alla stagione di lotta al Pd renziano per guadagnare voti importanti con una legge elettorale proporzionale che fa al caso dei medi partiti. Il tutto però condito da una querelle che rischia di scatenare altri scontri nell’immediato futuro: stiamo parlando ovviamente di Giuliano Pisapia e Massimo D’Alema che hanno dato il via all’ennesima lite tra un leader del centrosinistra e il politico navigato pugliese. «Non mi aspettavo altro di diverso, non c’è uno strappo con Mdp. Era fondamentale che loro non votassero contro lo scostamento di bilancio, c’erano deputati e senatori che volevano votare contro lo scostamento e invece ora inizia un percorso»: sono le parole dell’ex sindaco di Milano a commento della possibile delusione per lo strappo di Mdp a poche ore dal possibile accordo di massima con Gentiloni e Padoan. Secondo Pisapia, leader in pectore della sinistra anti-Pd, al momento ci vuole un accordo con il Governo per migliorare le prossime decisive scelte economiche: «bisogna continuare il confronto con il ministro Padoan per far di tutto perché ci siano più risorse per i problemi che abbiamo posto: assunzioni, abolizione del superticket e fondo contro la povertà». Il problema è che D’Alema pare non aver gradito la posizione troppo “dialogante” dell’ex sindaco di Milano. «D’Alema sa perfettamente che io sono a disposizione di un progetto unitario e invece lui continua a fare dichiarazioni che dividono. Lui era favorevole che oggi non si votasse lo scostamento di bilancio che avrebbe portato all’ aumento dell’Iva. Io e altri abbiamo voluto fare un percorso diverso. Io sono dell’idea che chi non ha obiettivi personali potrebbe fare un passo di fianco, bisogna esser in grado di unire. E vale per lui come per me». Insomma, elezioni ancora non aperte ufficialmente e già il leader di turno viene “messo in discussione” da D’Alema: i tempi non cambiano davvero mai e la “firma” di Massimino colpisce ancora.