Voci insistenti dalla sinistra catalana – il partito Cup, indipendentista – rilanciano su lunedì come giornata decisiva per la firma della dichiarazione di indipendenza della Catalogna, mentre l’Unione Europea si lancia, ancora una volta dopo il voto, contro il referendum: «il rispetto dello Stato di diritto non è un optional, il voto di domenica non era legale», spiega il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans (di fatto il vice di Juncker, ndr). Nello stesso tempo invita al dialogo sia Madrid che Barcellona, anche se i toni non aiutano certo quella “intermediazione europea” invocata da Puigdemont nelle ore successive al referendum come unico antidoto alla dichiarazione di indipendenza. Intanto però la tv pubblica spagnola rilancia su una possibile mediazione lanciata dalla Chiesa Cattolica che potrebbe esser l’ultima spiaggia per un flebile ponte da Madrid e la Catalogna. «La tv pubblica Tv3, che cita i nomi dell’Abate di Monteserrat Josep Maria Soler e del cardinale arcivescovo di Barcellona Juan José Omella, spiega come il vicepresidente Oriol Junqueras abbia avuto di recente incontri con i due leader religiosi catalani», rilancia l’Ansa su fonti spagnole. (agg. di Niccolò Magnani)
PARLA PIQUE, “NON LASCIO LA NAZIONALE”
La delicata questione relativa all’indipendenza della Catalogna dalla Spagna si sposta, almeno momentaneamente, dalla politica ai campi di gioco. Già, perché la Spagna in questo momento è anche calcio vista la grande forza della sua Nazionale, le temibili ‘Furie Rosse’. Uno dei calciatori più forti e rappresentativi della squadra è Gerard Piquè, granitico difensore centrale che assieme a Puyol ha formato una delle coppie difensive più forti della storia. Questo referendum, però, potrebbe impedire per sempre a Gerard Piquè di indossare la maglia della Spagna dato che il ragazzo è catalano ed è sempre vissuto a Barcellona. Attenzione, però: detta così potrebbe sembrare che il compagno di Shakira subisca questa situazione. Tutt’altro. Il difensore del Barcellona è un grande sostenitore dell’indipendenza catalana, come ha più volte sottolineato sul suo profilo Twitter. Qualche giorno fa, infatti, è apparso a chiare lettere: ‘Da oggi fino a sabato esprimiamoci pacificamente, non diamogli alcun pretesto. […] Noi voteremo.’ Nonostante questo, comunque, Piquè non ha chiuso la porta in faccia alla Spagna che tante gioie gli ha dato in carriera ma, anzi, ha espresso la volontà di aprirsi in un dialogo costruttivo. Addio solo rimandato? (agg. Francesco Agostini)
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PARLA JORDI TURULL
Dopo le parole del Re di Spagna ieri sera, la bufera e le polemiche alzate nelle successive ore sono arrivate fino ai vertici della Catalogna: il rebus del referendum rimane – stasera il presidente Puigdemont parlerà alle ore 21, un giorno dopo il discorso contestato di Re Felipe VI – ma il senso di frustrazione e ribellione al governo centrale è purtroppo sempre più forte. «Il Re si è fatto portavoce della strategia del premier Rajoy, ha pronunciato parole di enorme irresponsabilità. Tali dichiarazioni fanno pensare che ore è repubblica o repubblica, sempre più catalani vogliono andarsene», sono le durissime parole del portavoce del governo catalano, Jordi Turull. L’impressione, come ha raccontato oggi la Bbc in un’anticipazione del discorso di Puigdemont, è che se non verrà accolta la richiesta catalana di una mediazione internazionale tra Spagna e Generalitat, si proseguirà verso la effettiva secessione della Catalogna. Non solo, i media locali catalani rilanciano che dopo le parole del Re spagnolo potrebbero essere sospese le competenze della Generalità. (agg. di Niccolò Magnani)
INDAGATO IL CAPO DEI MOSSOS D’ESQUADRA
Nello scontro fortissimo tra Catalogna e governo spagnolo, la notizia che arriva questa mattina il giorno dopo le dichiarazioni di Puigdemont e del Re Felipe rischia di mettere ancora più “sale” sulla ferita dello scontro per l’indipendenza dalla Spagna. Josep Lluis Trapero è indagato per sedizione dalla magistratura spagnola, in seguito alla denuncia della Procura generale per la manifestazione del 20 settembre scorso: il capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, è dunque indagato e verrà a breve interrogato dal governo spagnolo e dalla Guardia Civil. Assieme a lui anche la sua vice, Teresa Lapiana, è indagata per sedizione, un reato che in Spagna è punibile tra 4 e gli 8 anni di carcere, che diventano 15 però se a commetterlo è un’autorità. In sostanza lo scorso 20 settembre davanti al Dipartimento dell’Economia della Generalitat la Guardia Civil cercò di smantellare l’organizzazione del referendum, ma la piazza dei catalani si ribellò manifestando davanti al palazzo. I Mossos sono accusati di non aver usato la forza per disperdere la gente e sgomberare i seggi del referendum illegale domenica scorsa: se anche la polizia catalana venisse di fatto “commissariata” dal governo centrale, gli effetti potrebbero essere ancora più letali di quanto si teme in questi giorni di massima tensione in tutta la Spagna. (agg. di Niccolò Magnani)
L’ATTACCO DI RE FELIPE
Duro attacco del re Felipe di Spagna contro le autorità catalane, che «hanno violato i principi democratici dello stato di diritto» con una «condotta irresponsabile». Nel suo discorso alla nazione sul referendum per l’indipendenza della Catalogna, il sovrano spagnolo ha spiegato che c’è stato «un inaccettabile intento di appropriazione delle istituzioni storiche della Catalogna», che vogliono spezzare l’unità della Spagna, mettendo «al margine del diritto e della democrazia». Intanto centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza ieri in Catalogna per protestare contro le violenze della polizia spagnola contro i seggi del referendum. Il primo ministro Rajoy invece è stato impegnato nella preparazione delle prossime mosse: ha visto i leader dei due grandi partiti “unionisti” che lo hanno sostenuto sulla linea dura, ottenendo però indicazioni contrastanti. Il socialista Pedro Sanchez ha chiesto di aprire subito il dialogo, mentre Albert Rivera di Ciudadanos un pugno di ferro per impedire la dichiarazione di indipendenza, la sospensione dell’autonomia catalana e la destituzione di Carles Puigdemont.
“A GIORNI LA DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA”
Il presidente catalano Carles Puigdemont ha convocato una riunione straordinaria del governo per decidere la strategia del post-referendum. In teoria il prossimo paso dovrebbe essere la proclamazione dell’indipendenza, una mossa che sarebbe una dichiarazione di guerra a Madrid. E la risposta sarebbe ancora più dura, come la sospensione dell’autonoma e del governo catalani o l’arresto di Carles Puigdemont. Il passaggio in Parlamento per la dichiarazione dell’indipendenza dalla Spagna non è una questione di ore, ma di giorni: arriverà entro una settimana. Il presidente catalano ha ribadito di non volere una frattura traumatica, ma una separazione concordata. Se si arriverà comunque alla dichiarazione di indipendenza, non è da escludere che sia condizionata, per esempio alla vittoria del fronte del “sì” a elezioni anticipate, o con un entrata in vigore ritardata, di sei o nove mesi. Il tempo può essere negoziato.
GLI SCENARI DOPO IL VOTO
Dopo il referendum per l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, la situazione sembra essere arrivata ad un punto di rottura definitivo. Nelle ultime ore in realtà si sono aperti nuovi spiragli di dialogo: il capo della Generalitat, Carles Puigdemont, si è detto incline a una soluzione negoziata con Madrid, mentre il premier Mariano Rajoy resta disponibile a trattare nel rispetto della legge, un’espressione che esclude il riconoscimento del voto di domenica o la convocazione di un nuovo referendum. In tempi brevi potrebbe essere presentata la proposta per la dichiarazione di indipendenza al Parlamento catalano. Intanto l’Unione europea ha già disatteso le speranze di mediazione europea, visto che si sta tenendo fuori dalle trattative, perché considera la questione una «contesa interna alla Spagna». Bruxelles ha condannato le violenze degli agenti di polizia spagnoli, ma di fatto si è schierata a favore di Madrid.