Sono risposte tenute davanti ai giudici di Reggio Calabria ma in qualche modo sono anche “confessioni” che avvicinano più al gossip che non al procedimento giudiziario: eppure per Claudio Scajola quanto affermato davanti al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo è nient’altro che la conferma della linea difensiva tenuta anche durante l’inchiesta. Ricordiamo che ci troviamo all’interno del processo “Breakfast” che lo vede imputato con l’accusa di avere agevolato la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena dopo la condanna (di quest’ultimo, ora a Dubai da latitante) per concorso esterno con la ‘ndrangheta. «Non ho aiutato Matacena ma solo sua moglie Chiara Rizzo per la quale c’è stato, da parte mia, un trasporto con qualche sentimento», spiega il politico ed ex ministro del Governo Berlusconi, Claudio Scajola, nei report condotti da Il Fatto Quotidiano. Alla fine ha dunque ammesso di aver aiutato la cosiddetta Lady Matacena, ma in quanto amico e anche “interessato” a questo punto per le sorti della bella moglie dell’ex collega. L’accusa specifica per qui dovrà andare a processo – ricordiamo che al momento il politico è agli arresti domiciliari, Chiara Rizzo in carcere e il marito latitante a Dubai – è procurata inosservanza della pena aggravata dall’avere agevolato la `ndrangheta per avere aiutato Matacena a sottrarsi alla giustizia. Le domande del procuratore della DDA hanno però indirizzato il tema anche su un altro fondamentale tassello della complessa vicenda giudiziaria, i movimenti di Montecarlo.



MONTECARLO E IL CAOS DEI 700MILA EURO

L’ex ministro infatti ha ammesso davanti ai giudici le frequentazioni con i Matacena nel Principato: «fui invitato insieme a mia moglie sulla loro bellissima barca d’epoca dove conobbi anche altre persone e rividi l’armatore Ovidio Lefebre e la sua signora, che seppi molto amica di Chiara Rizzo», si legge nel report del Secolo XIX. Dopo la fuga di Matacena a Dubai, Scajola spiega che Chiara Rizzo era rimasta a quel punto da sola con il figlio a Montecarlo e «fu costretta a vivere in un monolocale ed in gravi e disagiate condizioni finanziarie. Per tale ragione mi impegnai ad aiutarla facendole ottenere una consulenza dall’on. Abbrignani. Inoltre, la Rizzo mi chiese aiuto sulla possibilità di spostare da una banca delle Seychelles a Montecarlo circa 700 mila euro». Come si legge ancora nelle carte pubblicate ieri dal Secolo XIX, Scajola prova a spiegare cosa realmente gli fu riferito da Chiara Rizzo: «i soldi, mi disse, di proprietà della madre di Matacena. Io tentai in tutti i modi, persino con l’ex amministratore delegato della Banca commerciale italiana Gerardo Traggiotti, ed anche con gli amministratori della Cassa di risparmio di Genova, ma fu impossibile perché poteva insorgere il sospetto di riciclaggio». Per quanto riguarda il tentativo di Matacena di trasferirsi scappando dall’accusa, Scajola ha spiegato che in quel progetto l’idea era tutta di Vincenzo Speziali, il faccendiere imparentato con il leader delle falangi libanesi Gemayel: «Speziali era un millantatore. Nella mia esperienza, non credevo che fare una domanda di asilo politico sia un reato», si legge sul Fatto. L’aiuto, secondo Scajola, fu fatto solo verso Chiara e non verso il marito: era la ragione riportata spiegherebbe anche il motivo di quest’azione…

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