Pisapia andrà per conto suo alle elezioni. Non si capisce bene se per convinzione sua, per una speranza che Renzi collassi nel Pd in un modo o in un altro e il partito di governo ricorra a lui, o per un accordo sotto traccia con Renzi, come sospetta D’Alema che ai suoi va dicendo che ormai l’avvocato milanese è un agit-prop renziano.
Tanti indizi fanno una prova. Primo indizio: com’è possibile proporre una sinistra larga alternativa o correttiva dei programmi del renzismo, sostenendo ad ogni piè sospinto la necessità di un accordo non con il Pd, ma con Renzi, dichiarando alla feste dell’Unità di sentirsi a casa propria e abbracciandosi l’icona delle “riforme” istituzionali del renzismo, la Boschi? Secondo indizio: come fai a fare un campo largo a sinistra del Pd chiedendo l’esclusione di Fratoianni, Civati, Montanari e Falcone, e di D’Alema, praticamente imbarcandosi solo un Bersani dimezzato, e magari i suoi senza neppure lui, visto che bisogna essere “generosi” e fare largo ai pisapiani (che te li raccomando: vedi il seguito meridionale di Tabacci)? Terzo indizio: voto dei suoi a favore della finanziaria, dopo aver biascicato qualche distinguo presentandosi da Gentiloni e non averne ottenuto nulla. Quarto indizio: sostegno parlamentare dei pisapiani alla legge elettorale proposta da Renzi, con soglia al 3 per cento e accordi di coalizione per fare arrivare con più facilità in parlamento una lista Pisapia, senza che egli sia costretto ad accodarsi a Mdp. Quinto indizio: usare la stessa propaganda di Renzi contro Mdp, riducendolo a dalemismo rancoroso. Sesto indizio (che è quasi una prova): far saltare la pazienza persino a Bersani sottraendosi nel dialogo con Errani a prendere impegni stringenti per un percorso comune.
Insomma l’avvocato andrà da solo. Ma poiché il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, finirà, senza successo, nello schema originario da cui era partito lasciando Milano a Sala, provando ad organizzare contro Bersani, D’Alema & co. una sinistra fiancheggiatrice di Renzi; un po’ come il partito dei contadini polacchi dei tempi d’oro della sua cultura trasferito al pragmatismo politicista italiano.
Dato che lo schema era pensato con un Renzi al 41 per cento, è difficile che abbia la stessa validità di gioco (personale, ahi il disinteresse di chi non fa politica di professione da venti e più anni!) con un Renzi che dovrà sudare per non precipitare verso il 20 per cento e difendere i numeri della non-vittoria di Bersani con cui Letta, Renzi e Gentiloni hanno governato cinque anni.
Pisapia è riuscito a convincere tutti quelli che doveva guidare che è meglio fare a meno di lui. Alle urne, a cominciare da quelle siciliane, la sentenza. Che non è neanche tanto ardua da prevedere.