Indipendenza Catalogna, continuano i botta e risposta mediatici tra sostenitori ed oppositori. Spagna vs Catalogna, uno scontro che si sposta anche oltre i confini. Infatti, l’ultimo allarme arriva dal Fondo Monetario Internazionale: il capo missione del FMI in Spagna Andra Schaechter ha parlato dei possibili rischi derivanti dall’Indipendenza per l’economia su scala mondiala. “Consideriamo le prospettive attuali per la Spagna molto positive. Ma, nel caso in cui le tensioni politiche in Catalogna si prolungassero, queste potrebbero minare la fiducia in investimenti e consumi”, le parole di Schaechter a El Pais. E una prima testimonianza di questo pericolo è già arrivata: secondo alcune fonti spagnoli, alcune grandi aziende stanno annunciando l’addio alla Catalogna per evitare eventuali ripercussioni della dichiarazione di indipendenza. Un portavoce del Banco Sabadell, la quinta banca spagnola, ha rivelato l’intenzione della società di spostare la domiciliazione da Barcellona ad Alicante. (Agg. Massimo Balsamo)
“NON SIAMO ANCORA PRONTI”
CATALOGNA. Ha parlato uno dei massimi indipendentisti in Catalogna, Arthur Mas, presidente della Generalitat prima dell’elezione di Carles Puigdemont, e rispetto alla dichiarazione d’indipendenza post-referendum ha rilasciato dichiarazioni non certo “attesi”. «La Catalogna non è pronta ad una indipendenza reale, Ha conquistato il diritto di diventare uno stato indipendente, ma la domanda è ora come dobbiamo esercitare questo diritto, e qui ci sono evidentemente delle decisioni che vanno prese. E queste decisioni devono avere un obiettivo in mente: non riguardano solo la proclamazione di indipendenza, ma anche come diventare effettivamente un paese indipendente». Mas ha scelto il Financial Times per lanciare qualche dubbio e “crepa” all’interno del movimento indipendentista, che già non rappresenta la maggioranza della Catalogna – ricordiamo che il referendum è stato votato dal 42% della popolazione -; «Per essere indipendenti ci vogliono alcune cose che ancora non abbiamo, come il controllo del territorio, la riscossione delle tasse e il sistema giudiziario». Fa specie sentire queste dichiarazioni da Mas, nel recente passato tra i più acerrimi sostenitori dell’indipendenza con toni anche più duri di Puigdemont; cosa significa questo ancora non è dato saperlo, specie per capire se vi saranno conseguenze dirette. Di certo la volontà di trovare un accordo in queste ore è più alta rispetto agli attimi drammatici dopo gli scontri alle urne domenica scorsa; Madrid ha invitato al tavolo delle trattative, ma solo dopo il ritorno alla legalità – dunque senza dichiarazione d’indipendenza; la Generalitat sta cercando intanto la sponda della Chiesa e con Puigdemont i toni delle ultime interviste sono leggermente più pacati rispetto agli scorsi giorni.
CATALOGNA, MANIFESTAZIONI PER IL DIALOGO
Addirittura ieri, dopo 5 giorni dal referendum di Catalogna, arrivano le scuse del Prefetto del Governo Spagnolo in Catalogna, Enric Millo, per le violenze della polizia sui manifestanti e sugli elettori. Intendiamoci, la crisi resta altissima con le prossime ore decisive per evitare lo strappo della secessione e questo weekend sarà a questo punto decisivo per vedere se quelle piccole speranze accese nelle ultime ore potranno effettivamente riportare la calma in uno stato ridotto sull’orlo della crisi sociale. Sono intanto previste per oggi e domenica alcune manifestazioni che tenteranno di invitare Madrid e Barcellona ad un dialogo: il titolo è indicativo, «Parlem?» (Parliamo?), e tramite social network si stanno lanciando i tam tam per i raduni nelle maggiori piazza della Spagna e della Catalogna. Il movimento popolare che porta il nome omonimo della manifestazione sta lanciando appelli per chiedere che «la Spagna sia un Paese migliore dei suoi governanti, che hanno seminato odio e ci dividono». Ai manifestanti davanti ai municipi verrà chiesto di vestirsi di bianco, portare cartelli e dipingendosi le mani sempre di bianco per evitare bandiere di qualsivoglia movimento spagnolo.
I BASCHI STANNO CON BARCELLONA
Mentre nelle interviste odierne sia il Premier di Spagna Rajoy che il presidente di Catalogna Puigdemont tengono toni molto più pacati in attesa di vedere come si evolveranno nelle prossime ore i preparativi per la dichiarazione di indipendenza da Madrid, l’interrogatorio per i vertici dei Mossos d’Esquadra, Josep Lluis Trapero e la sua vice, ma anche Jordi Sanchez e Jordi Cuixart (rispettivamente presidenti delle grandi organizzazioni della società civile indipendentista Anc e Omnium) potrebbe rimettere ancora più sale su una ferita sempre più sanguinosa tra Barcellona e Madrid. L’Audiencia Nacional li ha dichiarati indagati per “sedizione” per le manifestazioni pacifiche di Barcellona, e rischiano tutti fino a 15 anni di carcere: non una bella notizia per la democrazia e per i rapporti appesi ad un filo tra i due governi iberici. Intanto, a proposito di indipendenza, il premier dei baschi Inigo Urkullu in un intervento in Parlamento ha affermato che «l’indipendenza è una aspirazione legittima sia per i catalani che per i baschi», come ampiamente previsto anche nei mesi scorsi prima del referendum di Barcellona. Nello stesso tempo però il presidente ha lanciato un nuovo appello per la mediazione molto urgente tra Madrid e Barcellona, «nessuno di noi vuole un conflitto», e si espone in prima linea per poter aiutare a risolvere la crisi catalana.