Le prossime elezioni la primavera prossima promettono di essere le più difficili da un ventennio, da quando cioè la prima repubblica crollò e Forza Italia vinse nel 1994. Allora comparvero figure nuove nella politica, Silvio Berlusconi a centro-destra e Romano Prodi a centro-sinistra. Oggi tornano i due duellanti di allora e il nuovo che era apparso nel frattempo si sta sciogliendo al sole.
Infatti i due giovani che solo pochi mesi fa erano contendenti al trono politico d’Italia, Matteo Renzi e Luigi Di Maio, ora sembrano alacremente attivi nel tentativo di autodistruggersi.
Per motivi di anzianità cominciamo da Renzi. Il segretario del Pd ha dato inizio a una polemica pericolosa quanto speciosa sulle banche: di chi è la colpa se la finanza italiana è allo sbando? Chiaramente tutto è iniziato dalla vicenda del Monte dei Paschi di Siena che fu costretto a comprare l’Antonveneta.
Ormai è chiaro: qualcuno non suonò l’allarme tra Banca d’Italia e Consob. Ma è altrettanto chiaro, per come è l’Italia, che chiunque non fischiò l’allarme ciò fece per pressioni più forti. In sostanza tutto il sistema politico allora pensò che la vicenda andava insabbiata e che poi non sarebbe esplosa, perché il dissesto di Mps sarebbe stato digerito.
Ciò sarebbe accaduto se l’economia italiana non si fosse incagliata per oltre un decennio e la crisi del 2008 non avesse cambiato tutte le regole del gioco, comprese quelle della finanza europea e italiana. Cioè due eventi straordinari, la crisi del 2008 e la stasi del Pil italiano, hanno fatto saltare una scelta allora ragionevole, presa da tanti stati tante volte, di salvare il sistema bancario nel suo complesso, coprendo una certa magagna.
Si tratta di una scelta immorale? Forse, ma è immorale come lasciare la politica a guidare fusioni e cessioni di grandi gruppi finanziari e industriali. Ma se non si vuole questo modello di capitalismo (con una stretta dialettica tra governo e aziende) si deve pensare a liberalizzazioni molto più forti, all’americana, cosa che comporta una rivoluzione sociale… licenziamenti lampo, riduzione drastica dello stato sociale eccetera. L’Italia è pronta a ciò? È quello che Renzi vuole? Potrebbe essere una scelta legittima, ma va dichiarata.
Di fondo c’è il problema che il sistema industrial-finanziario italiano incentrato su Mediobanca e alcune conglomerati industriali, che resse l’Italia dal dopoguerra, è crollato e sta emergendo un sistema europeo in cui l’Italia non è attore ma spettatore. Ma di questo nessuno parla.
La polemica di oggi in realtà nasconde una vicenda molto tattica. Nella vicenda Mps si coinvolge l’allora governatore di Banca d’Italia Mario Draghi. C’è forse un tentativo di squalificarlo? Ma se si squalifica Draghi, il quale si è poi rivelato un drago globale alla Banca centrale europea, allora tutto il lavoro che questi a fatto alla Bce per l’Italia affonda. Quindi senza Draghi “protettore” l’Italia rischia una procedura di urgenza per fallimento.
Infatti, l’architrave della finanza non sono i soldi ma il credito, la fiducia. Se Draghi è messo in dubbio tutto quello che ha toccato lui e l’Italia diventa polvere. Tutti in Europa e in Italia faranno muro contro, perché Draghi va salvato e così va salvata la sua saggia conduzione della Bce.
Di contro, parlando di credito, è Renzi che sta sperperando il suo. Renzi sapeva oggi delle vecchie magagne su Mps? Non era stato a Firenze e al governo? E perché non ha sollevato la questione allora?
Ciò pare una ripicca contro lo scandalo della “sua” Banca Etruria, costretta a sfasciarsi quando il Mps fu salvato, e contro Draghi che potrebbe tornare in Italia a fare il premier l’anno prossimo. Cioè Renzi solleva un polverone che rischia di far saltare meccanismi finanziari europei e italiani per sue piccole vicende di paese? E alla fine di questo che credibilità e che credito spera di avere?
Lo stesso capita al suo collega (o si dirà alter ego?) Luigi Di Maio, ragazzino senza arte né parte, miracolato da Grillo e da M5s, indifferente alle perle di gaffe che colleziona come faceva (davvero) il suo alter ego Mike Bongiorno. È andato in America nell’indifferenza (per non dire peggio) generale cercando di saldare (!) i suoi rapporti con la Russia paese Mediterraneo (sic!) con l’alleato di sempre, gli Usa.
In breve ha proposto una nuova triplice alleanza in cui l’Italia oltre alla Nato si unisce a Mosca? O cosa? La verità è che sembra non sapere di cosa sta parlando. Getta frasi a vanvera dove mal costruiti non sono solo i congiuntivi, ma i pensieri, disciolti e distorti molto prima che contorti. In questo è ovviamente senza vergogna, perciò ha sfidato Renzi a uno scontro pugilistico/televisivo per poi ritirarsi appena dopo.
Che costui sia candidato a premier è lo scherzo meglio riuscito del comico Beppe Grillo. Il quale, evidentemente stanco della politica, appesantito da un rapporto con il giovane erede Casaleggio che non gira come con il padre, ha pensato di tirare una beffa al paese, ai suoi elettori e i suoi oppositori. Grillo, genovese ma appassionato di canzoni napoletane, sapeva che tutti avrebbero pensato solo al volto del giovane Sarracino “che tutte e’ femmene fa’ ‘nnammurà”.
È un problema antico. Già nel III secolo avanti Cristo, Meng-tzu avvertiva il sovrano di non scegliere i propri ministri per l’aspetto, e infatti lì ora uno dei possibili candidati alla successione del presidente Xi Jinping è Chen Min’er, non certo bellissimo.
Naturalmente è tale il rigetto del passato che ancora molti sperano contro ogni speranza sui due giovanotti, ma più passano le settimane, più si accumulano corbellerie, più molti rifluiscono verso il passato che non passa: Berlusconi e Prodi.
Solo che il passato se torna non fa sconti. La settimana scorsa il New York Times ha rivelato che non c’è nessuno, e nessuna fortuna, dietro il nome cinese che ha comprato il Milan. L’articolo era mirato contro la Cina, ma certo accusa anche Berlusconi di essersi cercato un partner dubbio o che quei soldi non si sa da dove vengono.
Vorrebbe dire che mentre il Cavaliere si appresta al ritorno, tornano anche i dubbi internazionali che lo hanno assediato per anni? Dietro di lui Salvini e la Meloni sono in grado di raccogliere l’eredità moderata? Entrambi finora hanno fatto a gara in estremismo. Tutto questo almeno per ora lascia Prodi solo verso la meta.