La nuova legge elettorale prevede un sistema elettorale misto, miscelando una componente maggioritaria uninominale ed una proporzionale plurinominale. L’assegnazione di 232 seggi alla Camera (comprensivi di 1 collegio in Valle d’Aosta e 6 collegi in Trentino Alto-Adige) e di 116 seggi al Senato (comprensivi di 1 collegio in Valle d’Aosta e 6 collegi in Trentino-Alto Adige) è effettuata in collegi uninominali, in cui è proclamato eletto il candidato più votato. L’assegnazione dei restanti seggi (ferma la specificità della disciplina per i seggi della circoscrizione estero) avviene in collegi plurinominali, con metodo proporzionale tra le liste e le coalizioni di liste che abbiano superato le soglie di sbarramento. Vi sono proclamati eletti i candidati della lista del collegio plurinominale secondo l’ordine di presentazione, nel limite dei seggi cui la lista abbia diritto. I voti delle liste che raggiungono almeno l’1 per cento non andranno dispersi perché confluiranno a vantaggio delle forze politiche maggiori. I partiti potranno presentarsi da soli o in coalizione. La coalizione è unica a livello nazionale e i partiti in coalizione presentano candidati unitari nei collegi uninominali. Ogni elettrice/elettore dispone di un unico voto: l’elettore vota il contrassegno della lista e il voto è attribuito anche al candidato o alla candidata nel collegio uninominale, per i seggi da assegnare nel proporzionale, il riparto avviene a livello nazionale.
Nel testo sono presenti quote di genere. In ogni coalizione nessuno dei due generi può superare la quota del 60 per cento nei collegi uninominali a livello nazionale. La stessa quota è prevista per i partiti per ciò che riguarda i nomi dei listini proporzionali. Il punto positivo è che passata la riforma avremo norme di garanzia di genere anche al Senato, mentre mancano nel testo ora vigente. Il vero problema è però che nei collegi maggioritari uninominali e nei listini bloccati nel proporzionale il 40/60 non garantisce: alle donne potrebbero essere assegnati solo collegi dati per perdenti e nel listino le candidate potrebbero finire in coda.
Come sempre l’approfondimento di questi aspetti mette in luce come la proposta lasci carta bianca ai partiti nella “nomina” di quelli che dovrebbero essere democraticamente eletti per rappresentare il Paese. Intanto dopo le elezioni in Sicilia le deputate elette nell’isola sono 15 sul totale di 70 deputati, rappresentano quindi il 21,4 per cento. 7 appartengono al M5s, 3 a FI, 2 all’Udc, 1 al Pd, 1 a Popolari e Autonomisti-Idea Sicilia e 1 a Fratelli d’Italia-Noi con Salvini e a Ostia ha vinto le elezioni una signora. Sono consapevole che nella storia della Repubblica le donne si sono rivelate meno coinvolte nelle pratiche di scambio e di corruzione sempre più diffuse e che, sovente, e particolarmente nell’ultima fase, sono state vittime di pratiche offensive della dignità femminile.
Con la loro capacità di iniziativa e di cura, competenza e attenzione e cultura, le italiane sono un soggetto decisivo per salvare l’Italia dal degrado e ad avviarne una rinascita. Alcune norme della legge elettorale discussa in Parlamento e approvata moderatamente innovato sia nelle liste che tra i capilista di ciascun partito, con la clausola che nessun sesso possa essere presente in misura superiore al 60 per cento, così nei collegi plurinominali con due seggi i candidati/e debbano essere un uomo e una donna, in quelli con tre seggi, due uomini e una donna oppure due donne e un uomo, in quelli con quattro seggi, tre uomini e una donna oppure tre donne e un uomo. Ciò nonostante in numerose parlamentari e associazioni avevamo proposto emendamenti diretti a garantire che, sia nelle liste che nei capilista ci fosse il 50 per cento di uomini e di donne, emendamenti che, purtroppo, non sono stati recepiti. Il percorso di pari opportunità è e rimane durissimo, ma si deve continuare anche per le giovani donne a tenere fermo l’obiettivo. Con tenacia e forza ma portando in dote anche proposte nuove come per esempio quella di ridurre il numero di firme per presentare le liste e modificare la norma irragionevole punitiva e discriminatoria nei confronti delle formazioni politiche che non fanno riferimento a gruppi parlamentari già costituiti nelle due Camere e non usufruiscono dunque dell’esenzione della raccolta di firme per presentare candidature in Parlamento.
Le firme elevatissime richieste impediscono il concreto esercizio del diritto di tutte le cittadine e i cittadini tutelato dall’art. 49 della Costituzione che prevede di associarsi liberamente e concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. I tempi e le modalità di raccolta e della sottoscrizione delle firme sono una barriera perché i tempi sono ristretti e la mancata modernizzazione del sistema elettorale (canale informatico) è una ulteriore evidente aggravante. Gentiloni deve in previsione del voto adottare un decreto come fu fatto il 18 dicembre 2012 dove stabilire che vengano ridotte le firme per presentare le liste del 75 per cento (25 mila) posta l’urgenza delle elezioni e la situazione politica di confusione di rappresentanza che il nostro paese sta subendo, avviando contemporaneamente la possibilità di raccolta di firme digitale accelerando l’adozione del decreto del ministro Minniti previsto dalla legge 165/2017. Si può fare e sarebbe un passo avanti sulla democrazia rappresentativa paritaria concreta.