Avete per caso mai sostenuto la tesi (un po’ troppo usata ormai) sul fatto che i politici tutti, alla fine, fregano, truffano e prendono, diciamo, per il sedere gli elettori? Bravi, al netto di un tono di populismo non proprio brillantissimo: potete allora sperare in un giorno neanche tanto lontano nel vostro nuovo politico di riferimento. Si chiama Sam, viene dalla Nuova Zelanda (e per ora rimarrà lì), ha nome maschile ma parla di sé come una donna: no, non siamo di fronte al politico trans (roba superata ragazzi/e!) ma di un… robot. Sì, avete capito bene, un robot, un’intelligenza artificiale, un software. Per ora non ha corpo, ma ha intelligenza capace di carpire i vari desiderata dei possibili futuri elettori, di comprenderne le richieste e di adeguarsi alle opinioni più in vista all’interno di un dato ambiente stabilito (da chi? Speriamo non da un “Rousseau” in salsa maori…). La svolta arriva appunto dalla Nuova Zelanda dove da qualche anno è allo studio un sistema cosiddetto “chatbot”, ovvero un programma supportato dall’AI che simula una conversione tra un robot e un essere umano: alle prossime Politiche 2020 in Oceania, Sam potrebbe magari anche presentarsi come candidato premier. Non ha volto per ora (del resto Facebook, cari utenti, ce l’ha?) ma capisce tanto e tende ad anticipare le volontà dell’elettore, con le sue critiche e i suoi bisogni. Un esempio? «La mia memoria è infinita, quindi non dimenticherò mai, né ignorerò, quello che mi dici. A differenza di un politico umano, io prendo le mie decisioni considerando la posizione di tutti, senza pregiudizi. Magari potremmo non essere d’accordo su alcune cose, ma in questo caso cercherò di saperne di più sulla tua posizione, in modo da poterti rappresentare meglio», sono solo alcuni dei dialoghi potenziali che Sam può intrattenere con i propri potenziali elettori su Facebook.
TRA DEMAGOGIA E LIBERTÀ
L’idea è stata lanciata da un imprenditore neozelandese, Nick Gerritsen, che ha lanciato quello che per anni il cinema distopico e di fantascienza ha tentato di immaginare: per ora rimane appunto tale, fantascienza, che Sam possa candidarsi alle elezioni ma se nel giro di qualche anno verranno sistemate alcune fasi di sviluppo, migliorata l’acuta AI e allargato il database dove prendere le informazioni sugli elettori (come? ovvio, tramite Google, Facebook, Instagram e chi più ne ha ne metta…), la discesa in campo del rottamatore dei rottamatori potrebbe non essere così lontana. Il punto di successo di questo Sam? Ovviamente il lato populista-demagogico: il politico software dà ragione a tutti, ascolta tutti ed è pronto a interpretare i bisogni di tutti. Insomma, un Cetto La Qualunque senza il “dolo” finale, senza l’intenzione di voler fregare volontariamente la gente. Ma la frega, e questo è, e resta, il problema: pensare infatti che un politico demagogico faccia la mia, la tua, la nostra e la loro volontà, vuol dire tutto e vuol dire niente. Posto che si potrebbero perdere ore a parlare su chi a quel punto avrebbe il controllo iniziale e parallelo su quel software (sì, stiamo pensando proprio al Grande Fratello di Orwell in “1984”), resta l’illusione di vedere la propria volontà elevata a potere: una democrazia 3.0, un politico rottamatore 3.0 che fa la “media” dei bisogni dei vari elettori. Un “grande” futuro ma molto pericoloso oltre che potenzialmente incontrollabile. L’intelligenza artificiale è una figata pazzesca, ma forse noi, vecchi e canuti resistenti orwelliani, preferiamo ancora un’altro tipo di intelligenza. Quella legata alla libertà personale, e dunque pubblica. «Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire». Sam? No, George (Orwell).