Microliste e listarelle di ogni tipo, pronte a fiancheggiare i partiti maggiori come Forza Italia e Pd e a risultare decisive. Con la complicità del Rosatellum. Berlusconi aveva capito tutto da tempo, Renzi si sta adeguando. “Il diavolo si nasconde sempre nei dettagli — spiega Luciano Ghelfi, quirinalista del Tg2 —. E in questa legge elettorale, come in quasi tutte le leggi elettorali, i dettagli sono decisivi”.
Vediamo perché.
Mi riferisco alla disciplina delle liste che non raggiungeranno il 3 per cento su scala nazionale, ma supereranno almeno la quota dell’1 per cento. Non eleggeranno parlamentari né alla Camera, né al Senato. Ma quei voti potrebbero fare la differenza.
In che modo? Facciamo una simulazione, per essere più chiari.
Mettiamo che una lista inserita in una coalizione prenda il 2,5 per cento, che nel 2013 avrebbe significato circa 800mila voti. Questi consensi non sarebbero del tutto sprecati. Verrebbero redistribuiti proporzionalmente fra le liste della stessa coalizione che avranno riportato una percentuale superiore al 3 per cento. Diciamo che se la lista A ha avuto il 20 per cento, la lista B il 5 e la lista C il 2,5 per cento, per effetto di questa norma la lista A registrerà il 22 per cento e la B il 5,5 per cento, e con queste percentuali concorreranno al riparto dei seggi della quota proporzionale, che avviene su base nazionale. Una differenza che può valere parecchi seggi in più o in meno. E, in linea teorica almeno, decidere anche sulle future maggioranze.
Si potrebbe dire che, oltre a Verdini, è il cane Dudù il “dominus”, il simbolo della legge elettorale?
Beh, in qualche modo sì, perché centrodestra e centrosinistra si stanno organizzando e una delle liste che potrebbero fiancheggiare il centrodestra è quella animalista cui sta lavorando da lungo tempo Maria Vittoria Brambilla.
Ed è Berlusconi ad avere capito tutto da tempo. E Renzi?
Berlusconi l’importanza delle listarelle di sostegno l’aveva capita già nel 2013, quando se una coalizione avesse preso un voto più degli altri sarebbe scattato il corposo premio di maggioranza. E sfiorò il colpaccio grazie a micro-liste come Grande Sud, Moderati in Rivoluzione e Intesa popolare. Adesso ci sono segnali che si stanno valutando tutte le opportunità offerte da questa norma sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra, con movimenti che lasciano intuire il tentativo di dare vita a liste in grado di superare l’1 per cento.
Nel centrosinistra?
Qui ad esempio è già evidente il dialogo fra Verdi, radicali e il gruppo europeista di Benedetto Della Vedova. Ma ci potrebbe essere anche una lista centrista intorno a Casini. Naturalmente qualche esponente di queste liste potrebbe essere candidato anche nei collegi uninominali.
Mettiamoci nei panni del singolo elettore davanti alla scheda. Dove scatta la “trappola”?
Se un elettore barrerà solo il nome del candidato nel collegio uninominale senza indicare nessuna delle liste di partito a lui collegate, quel consenso verrà ripartito fra le liste collegate in proporzione ai voti espressi. E’ un meccanismo espressamente ispirato a quello in vigore per l’8 per mille. Anche in questo caso se l’80 per cento opta per la Chiesa cattolica, il 5 per cento per lo Stato e il 5 per le altre confessioni, il restante 10 per cento per cento viene redistribuito in proporzione a chi ha espresso la scelta.
Dunque una proliferazione indotta e controllata di listarelle conviene ai leader. Però questo modo di raggranellare voti non premia proprio tutti.
La norma colpisce soprattutto i 5 Stelle, che rifiutano alleanze e, di conseguenza, non avranno liste collegate. Non a caso Danilo Toninelli ha subito ribattezzato il meccanismo dell’1 per cento come “soglia Mastella”, per evocare l’Udeur che fu decisiva con l’1,4 per cento su base nazionale.
Si preannuncia una campagna elettorale strana. Berlusconi pare non curarsi del Pd, gli preme molto di più il derby con Salvini. Ma non vale l’inverso: Salvini si è detto pronto a “telefonare a Di Maio”.
Sarà una campagna elettorale durissima di tutti contro tutti, anche all’interno della stessa coalizione, per massimizzare il proprio risultato. Ma i giochi veri per il governo si faranno dopo il voto, perché appare francamente difficile immaginare che uno dei tre poli possa avere da solo la maggioranza assoluta dei voti nel prossimo parlamento.
Che cosa succede invece in casa Pd? Che obiettivi ha Renzi?
Renzi intendere essere l’unico che decide le candidature nel suo campo. Vuole un gruppo parlamentare estremamente fedele. Ma sulla sua strada c’è l’ostacolo delle elezioni siciliane di domenica prossima.
Di fronte al fantasma dell’inciucio post voto c’è il rischio di una crisi di rigetto che premi il M5s?
Difficile esprimersi. In linea teorica i 5 Stelle potrebbero davvero avvantaggiarsi da una riedizione delle larghe intese fra centrodestra e centrosinistra. A meno che i leader di questi due schieramenti non si dimostreranno in grado di spiegare in modo convincente agli elettori il perché della loro nuova convergenza. Ma non sarà facile.
(Federico Ferraù)