C’è qualche cosa di strano e di complesso in questa possibile nomina di Pier Carlo Padoan, attuale ministro dell’Economia del governo Gentiloni, alla presidenza dell’Eurogruppo in sostituzione dell’olandese Jeroen Dijsselbloem, quello che qualche tempo fa non usò parole tenere nei confronti degli italiani.



Indubbiamente, la nomina di Padoan potrebbe apparire come un successo italiano in campo europeo e una smentita per chi pensa che l’Italia è già sin troppo rappresentata in sede europea, con Antonio Tajani, Federica Mogherini e naturalmente Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea; nonostante non si risparmino critiche alla nostra situazione di lenta ripresa economica, anche in un momento di congiuntura favorevole, rimbalzista si potrebbe dire con il linguaggio sbrigativo degli analisti di Borsa. 



Interessante e tutto da interpretare è stato anche l’endorsement che su Padoan ha fatto Pierre Moscovici, il francese che è Commissario europeo agli affari economici: “E’ un ottimo economista — ha scandito Moscovici — e ha ottime qualità per essere alla guida del coordinamento dei ministri delle Finanze dell’Eurozona”. Stamattina sapremo se Padoan sarà il candidato ufficiale, ma tutta questa improvvisa “manovra”, che mette un poco in imbarazzo Paolo Gentiloni con un governo che deve durare almeno ancora tre mesi, ha un sapore molto “parigino”, sponsorizzato dallo stesso presidente francese Emmanuel Macron.



Forse di questa nomina hanno parlato qualche giorni fa lo stesso Macron e Matteo Renzi in visita a Parigi. Forse, nella più realistica delle interpretazioni, l’asse franco-tedesco che presiede alla guida di questa Europa subisce una piccola battuta d’arresto, nel senso che la crisi politica di Berlino è la crisi soprattutto di Angela Merkel e, in questo momento, mettere “il cappello” sulla politica finanziaria ed economica europea con un diverso personaggio, più manovrabile che un olandese integralista merkeliano, anche se socialdemocratico, può far piacere e può essere utile a Macron, che presto avrà i suoi guai in Francia e recentemente si è preso anche qualche “sculacciata” sul deficit francese da Bruxelles.

E’ tuttavia difficile immaginare e conoscere tutti i passaggi e gli elementi di questa possibile nomina dell’italiano Padoan e di questo interesse francese.

Non si può neppure escludere che in un prossimo futuro, nei prossimi mesi praticamente, la decadenza di Mario Draghi alla Bce possa essere oggetto di tanti “appetiti”, anche tedeschi. Quindi un contraltare sarebbe utile. 

C’è indubbiamente un fatto da sottolineare. Mai come adesso, la politica tedesca è in panne e mai come in questo momento Angela Merkel è in grande difficoltà, perché deve oscillare dal “tripartito Jamaica”, abortito, a un altro tripartito con i socialdemocratici e i Verdi, una nuova Grosse Koalition, ma chissà a quali condizioni.

Emmanuel Macron si è quindi infilato in questa crisi tedesca, nell’impasto tra stabilità perduta della Cancelliera e politica d’austerità in Europa, caldeggiata costantemente dal “mastino” della Merkel, il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, che alimenta solo partiti anti-sistema in tutti i Paesi europei. Qualche correzione, insomma, potrebbe arrivare da questo cambio all’Eurogruppo, ma più in funzione francese che in versione italiana.

Tuttavia, per lanciare questa operazione, che in definitiva il premier francese desidererebbe per avere una funzione trainante in Europa, deve essere stata offerta una sorta di “ciambella di salvataggio” a Matteo Renzi e al governo di Paolo Gentiloni, che comunque risponde all’attuale Pd.

L’impatto immediato di una nomina del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan alla presidenza dell’Eurogruppo premierebbe, sul piano mediatico, una linea politica sbandierata in questi anni dal Pd renziano e ridarebbe fiato a un partito che sembra schiacciato sulle posizioni del suo segretario, che dividono più che unire il centrosinistra.

Ma questo tipo di “ciambella di salvataggio” può essere utile solo per qualche settimana, magari con il supporto di qualche previsione migliore sull’andamento dell’economia italiana e su qualche numero economico migliore nei prossimi mesi, prima del voto di fine legislatura.

Ma è difficile che possa ribaltare la situazione complessiva della politica italiana, dove da domenica prossima partirà una formazione di sinistra con alla testa Pietro Grasso, l’attuale presidente del Senato, che diventa un candidato più credibile nella sostituzione della linea renziana del Pd e che alle elezioni potrebbe procurare grossi problemi al partito di Renzi.

Se il centrodestra accumula consensi, nonostante i deliri berlusconiani; se il Movimento 5 Stelle resta ancorato a più di un quarto dell’elettorato che si reca alle urne; la sconfitta del Pd non salverebbe Renzi neppure dall’ingresso di Padoan nella nomenklatura europea e l’apparente riconoscimento all’Italia.

In realtà, Macron può anche fare l’amico di Renzi, per adesso può permetterselo, ma in Italia la linea prevalente a sinistra è quella della sostituzione o liquidazione, la si chiami come si vuole, di Renzi dalla segretaria del Pd. Come è possibile restare al Nazareno, con i sindacati che contestano, con il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che si schiera contro anche sulle questioni di Taranto? 

L’impressione è che Macron faccia i suoi giochi e Renzi cerchi di aggrapparsi a un salvagente perché comprende che la sinistra, pur frastagliata, vuole farlo affogare. Poi, una volta caduto Renzi, si potrebbe riparlare di unità del centrosinistra. Non è improbabile che si realizzi nello spazio di qualche mese.

Non è un “giochino” facile. Ed è anche rischioso. Ma è la scelta che sembrano aver fatto i protagonisti di questo periodo storico italiano.