L’immagine che mi ha più colpito di queste strane elezioni siciliane, vissute più dai leader in vena di esperimenti nazionali che dalla gente siciliana, è il tavolo allestito a Palermo nella centralissima Piazza Bologni a sostegno del candidato della sinistra-sinistra Claudio Fava. Un tavolo dei relatori, con Luca Telese nelle vesti di conduttore, così composto: da sinistra il leader di sinistra Italiana Nicola Fratoianni, al centro l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani, a destra l’ex segretario di Rifondazione Paolo Ferrero. Praticamente il vecchio Pci, come se 25 anni fossero passati invano. Oggi vedremo che risultati riporterà, questa aggregazione a favore di Claudio Fava.



Come lo si veda, appare come un robusto anticipo (“un inizio”, lo definisce Bersani) dello scenario che si profila a livello nazionale, con una sinistra che si presenta dilaniata verso la competizione politica di primavera. L’entrata in vigore del Rosatellum spiazza forse più di tutti proprio gli intestatari della proposta di legge elettorale. È innegabile che dicono il vero gli M5s quando sostengono che questo sistema è stato pensato e ha trovato un fragile equilibrio fra tutti gli altri principali attori contro di loro. Ma un minuto dopo l’approvazione Matteo Renzi si à guardato attorno per avvantaggiarsi, rispetto ai grillini, della sua disponibilità a coalizzarsi, e ha scoperto che non c’era la fila, anzi. L’incontro fra Matteo Renzi e Pier Ferdinando Casini di sabato è forse la conferma che il dialogo a sinistra, con il fallimento del “federatore” Pisapia, non promette nulla di buono e occorre guardare da un’altra parte.



Ora, si può avere qualsiasi idea politica: per questa divisione a sinistra c’è chi si frega le mani e chi la vede come una sciagura. Tuttavia è sempre un disastro quando le contrapposizioni personali segnano i percorsi di una disciplina, come la politica, che più di ogni altra dovrebbe essere improntata invece all’interesse generale e alle idealità, prescindendo dalle persone. Invece no. La scarsa propensione democratica di tutte le attuali formazioni politiche, tutte ormai personalistiche e accentrate, finisce per scaricare sullo scontro elettorale contese irrisolte, piattaforme che non hanno trovato modo e tempo di trovare una sintesi, col risultato di frazionare ulteriormente un quadro politico già complicato di suo dalla tendenziale impostazione tripolare. Il centrodestra nella “cena delle beffe” di Catania, con la corsa a far aspettare l’altro per tentare di attribuirsi in questo modo maggiore rilevanza (con il risultato che si è fatta quasi mezzanotte per mettere i piatti a tavola) ha mostrato tutte le sue difficoltà, c’è da lavorare anche da quella parte.



Ma è nel centrosinistra che per arrivare a sintesi ci sarà da lavorare di più. Per aprire uno spiraglio ho come l’impressione che Renzi sarà indotto da più parti, anche da esponenti vicini a lui, a mettere a disposizione la leadership della coalizione. Ma non è detto che accetti.

Tutto ciò considerato si può fare una previsione. Tutta questa fregola del voto a marzo interessa solo M5s. Gli altri due poli invece finiranno per chiedere tempo, e il Quirinale potrebbe concederlo, per diminuire le possibilità — al momento molto alte — che dal voto esca solo un groviglio inestricabile di veti incrociati, con il rischio incombente di non riuscire a fare maggioranza e di dover al più presto ritornare al voto. Uno scenario che il nostro paese, con gli indicatori faticosamente e timidamente tornati positivi, proprio non può permettersi.