Mai come quest’anno i governi di mezzo si sono riempiti la bocca con la parola “cybersecurity”, come se improvvisamente avessero scoperto che le tecnologie dell’informazione presentano dei rischi. A rifletterci bene, si potrebbe pensare che l’improvviso interesse dei politici sia stato destato da qualcosa che li abbia “punti nel vivo”. Come spesso accade in certe circostanze si finisce per avere ragione.
Il 2017, infatti, ha dimostrato come le elezioni possano essere manipolate attraverso la Rete. Per tutto l’anno si sono susseguiti i colpi di scena legati alle elezioni statunitensi vinte da Trump che hanno fatto emergere presunte violazioni dei sistemi di voto e una massiccia campagna di fake news perpetrata strumentalizzando i big del Web a partire da Facebook. In una storica audizione al Congresso, Mark Zuckenberg ha ammesso di avere diffuso post sponsorizzati riconducibili a centinaia di falsi account che avrebbero raggiunto 126 milioni di elettori. Di fronte a tanto un deputato ha dichiarato di essere sconvolto da un simile potere, anche se qualcuno ha poi affermato che era molto più sconcertante il fatto che se ne fosse accorto soltanto in quel momento.
Potrebbero bastare i guai informatici che hanno afflitto la più antica democrazia del mondo, ma arrivano le elezioni francesi e il futuro presidente Emmanuel Macron si trova a fronteggiare il furto e la successiva pubblicazione di decine di migliaia di email del suo staff. Il timore di manipolazioni elettorali sbarca così in Europa, e non a caso alla vigilia delle elezione tedesche il Chaos Computer Club di Amburgo, uno dei collettivi hacker più importanti del mondo, pubblica un report che spiega tre diverse vulnerabilità di PC-Wahl, il software utilizzato per strutturare e presentare i dati elettorali.
Nel frattempo, siamo alla fine di luglio, si svolge il Defcon di Las Vegas, una grande conferenza hacker. La manifestazione dedica un’intera area al tema della macchine elettorali e i ricercatori trasformano una voting machine, utilizzata fino al 2015 nelle elezioni americane, in un juke box in meno di novanta minuti. Non sono serviti nemmeno i tempi supplementari. Passano pochi giorni e anche i politici del Bel Paese si devono confrontare con un piccolo disastro informatico. La vittima è il Movimento Cinque Stelle che si ritrova due ospiti indesiderati all’interno di Rousseau, la sua piattaforma elettorale, uno dei quali dichiara di essere stato per anni illecitamente presente nel sistema. La storia si ripete uguale a se stessa in occasione della votazione per la scelta del candidato premier. Per chiudere in bellezza l’anno si palesa Andrea Stroppa, consulente in materia di Matteo Renzi, che dichiara di avere appurato che molte notizie, valutabili come fake, potessero essere associate ai siti di Matteo Salvini e del Movimento Cinque Stelle.
A questo punto sarebbe utile iniziare a capire cosa dobbiamo attenderci per il 2018. Di certo sappiamo che la politica ha compreso la potenza della Rete non soltanto come media di propaganda, ma anche come strumento di manipolazione. Possiamo immaginare come in un futuro molto prossimo ci troveremo alle prese con quello che potremmo definire il political information warfare, un nuovo campo di battaglia per la conquista del consenso in cui non esisterà più il vero e il falso, ma un’infinita varietà di sfumature di grigio. Saremo costretti a confrontarci con la vera natura di Internet, il primo media “non mediato”, dove chiunque può diffondere qualsiasi informazione, ma non solo: potrebbe anche non essere chi dice di essere.
Un media, Internet, in cui il vincolo della chiusura della propaganda un giorno prima delle votazioni suona ridicolo: infatti, se durante le prossime elezione italiane qualcuno continua a mandare messaggi elettorali dall’Uzbekistan chi mai potrebbe impedirglielo? La Rete è libera e ingovernabile e non saranno leggi contro le fake news e impedire a qualcuno di abusarne, come quelle penali non hanno fermato i crimini informatici. Per garantire alla politica un uso corretto di uno strumento tanto potente resta soltanto l’etica, e qui le cose si complicano.