A dieci giorni dalla calata dell'(Gr)asso, un dato balza agli occhi: Liberi e Uguali non sfonda e nei sondaggi, con appena il 5,2 per cento, appare per il momento molto distante dal risultato a due cifre a cui gli scissionisti ambiscono.
Come sempre in politica la colpa morì fanciulla ma certo il record di gaffe collezionate in così poco tempo dal presidente del Senato non sembra aiutare un progetto politico già assai malconcio dopo le sonore sberle rifilate, nell’ordine, da Scalfari, Prodi e De Benedetti che all’unisono hanno bollato la scelta di D’Alema & co. come una scissione sbagliata nei tempi e nei modi, frutto di un risentimento e di un rancore personali.
E se la seconda carica dello Stato, neo-leader di LU, si rivelasse un “Monti Bis”?
La foto “maschilista” dell’Eur che tanto ha fatto infuriare le “compagne” ed ancor più la grottesca pezza delle foglioline incollate nel simbolo (la seconda versione in appena una settimana), ricordano molto le parole garbate ma alquanto sprezzanti del Monti premier di fronte alle lacrime — da femminuccia sentimentalona — della ministra Fornero.
Anche l’improvvisazione e la poca dimestichezza con il ruolo di leader perfettamente palesata nel salotto domenicale di Rai 1, riportano alla mente l’imbarazzante scena del Monti — candidato fondatore di Scelta Civica — con il cagnolino ospite dell’Annunziata.
Molto di quella stagione sembra tornare a sinistra, persino l’atteggiamento di sfida verso il “capo”. E come Monti, da premier in carica, si ribellò in modo irriverente ai piani dell’allora primo cittadino d’Italia Napolitano (promoter indiscusso della stagione dei “governi del Presidente”) candidandosi in modo assai avventuroso a capo di una lista civica, tomba della sua esperienza politica, l’attuale presidente del Senato altrettanto irriverentemente sembra voler sfidare sul campo il simbolo indiscusso della scissione e della nascita della “cosa rossa”. Quel Massimo D’Alema dalla memoria da elefante che, c’è da immaginarlo, avrà certamente raccolto il guanto di sfida lanciato da Grasso a “Che tempo che fa” riservandosi le munizioni per il futuro, soprattutto se il gradimento del nuovo venuto restasse agli attuali minimi termini.
La partita è solo all’inizio e molto ha da essere ancora scritto sulla “via crucis” di un progetto che stenta a decollare e sul quale aleggia l’ombra ingombrante del leder Maximo ormai chiamato ad una doppia sfida: quella interna contro Grasso e quella esterna contro Renzi.