Nei giorni scorsi sul Sole 24 Ore Isabella Bufacchi spiegava che ormai i conti tedeschi volgono decisamente al bello: il loro rapporto debito/Pil si avvia a tornare quello sancito da Maastricht, ovvero il 60 per cento.

Di contro, in questi anni di ripresa globale lo stesso rapporto in Italia ha superato quota 130 per cento e si avvia verso il 140! Dato che circa il 60 per cento del debito italiano è pagato dall’Europa, che compra titoli, in questi numeri ci sono tutte le esigenze di Bruxelles verso l’Italia: le deve essere impedito di rovinare il continente dopo avere rovinato se stessa.



È ciò che sancirà la Ue nelle prossime settimane, con l’istituzione di una specie di ministero delle finanze dell’Unione. In questo modo l’Ue toglierà molte delle prerogative di spesa a Roma e le passerà a Bruxelles. In buona sostanza la Ue si fa carico del debito italiano e in cambio introduce meccanismi per un default pilotato in caso di mancanze eccessive da parte del paese membro. Cioè scioglie il nodo che ha avviluppato il continente con la crisi greca.



Questo era già previsto da un paio di mesi, e molti italiani lo hanno preso come una specie di garanzia perché tanto il default non arriverà, visto che il 60 per cento del debito è posseduto da banche francesi e tedesche e quindi esse non vorranno svalutare il loro credito. 

In realtà la divaricazione crescente del rapporto debito/Pil fra Germania e Italia significa che Berlino ed Europa si trovano già oggi di fronte a una scelta drammatica da fare rapidamente.

O si tagliano le vene per finanziare il debito italiano, e ciò aumenterebbe le ondate revansciste e fasciste in Francia e Germania, di Le Pen e AfD; o devono riportare rapidamente l’Italia all’ordine, cosa che naturalmente potrebbe aumentare i populismi italiani. Anche solo guardando alla storia in realtà non c’è scelta: i populismi italiani sono meno pericolosi di quelli tedeschi e francesi, quindi ci sarà una stretta sull’Italia.



Ciò finora pareva semplicemente un fatto neutro per i governanti in Italia. Chiunque governi dovrà affrontare questa sfida e chiunque esso sarà, da M5s a Salvini, da FI a Pd, sono tutti pronti a vendersi (meglio, a regalarsi) alla Ue. Il bisogno di rapidità dell’intervento sull’Italia però significa per i partiti che non basta donarsi, occorre governare bene.

E qui casca tutto. Secondo le proiezioni di voto di oggi in Italia non ci sarà con le elezioni di marzo nessuna coalizione in grado di governare. FI, Salvini e Meloni starebbero sotto il 50 per cento, ma lo stesso vale anche per FI e Pd, M5s e Salvini. Quindi o ci sarà una grande coalizione, che però sconterebbe incertezze e indecisioni continue, o si dovrebbe tornare al voto a ottobre.

Pertanto o la Ue nelle prossime settimane preparerà misure di intervento in qualche misura politico in Italia, oltre all’intervento finanziario già previsto, oppure si potrebbe creare un nodo italiano come e più grave della Grecia.

A questa seconda opzione la risposta potrebbe essere una messa in mora celere dell’Italia, anche a costo di ingoiarsi tanto debito insoluto. Alla fin fine la Germania sta normalizzando il suo rapporto debito/Pil e potrebbe convincersi che questo sia un sacrificio doloroso ma necessario per non perdere totalmente il controllo della situazione e non portare di fatto il confine libico alle Alpi.

Tanti stranieri infatti avrebbero il terrore di un intervento politico in Italia: l’Italia è difficilissima da governare per gli italiani, figuriamoci per uno straniero.

Di fronte a questa prospettiva i politici italiani, di qualunque colore, dovranno decidere se affrontarla di petto o fuggire mettendo la testa sotto la sabbia e arraffando tutto il possibile nel frattempo.