Pd sempre più nella bufera per il caso Etruria. Tanto che ieri Repubblica, con un raro editoriale del direttore Calabresi, ha apertamente suggerito a Renzi di sfiduciare Maria Elena Boschi per salvare il Pd. Alla Boschi — scrive Calabresi — “continua purtroppo a sfuggire il concetto dell’opportunità e contemporaneamente quello del conflitto d’interessi”. Conclusione: “Il Pd non può farsi carico di questa situazione. Maria Elena Boschi sta diventando un fardello troppo pesante per la principale forza riformista di questo Paese”. Ma è proprio questo il punto: se della principale forza riformista del paese dopo l’affaire Etruria resterà ancora qualcosa. Rino Formica, ministro socialista delle Finanze e del Lavoro tra il 1981 e l’89, ha molti dubbi. “In politica si sopravvive o si muore se si fa o non si fa politica. Se non produci politica l’estinzione è fatale”.
Ma i protagonisti della vicenda sono in grado?
Senza entrare nei dettagli, di cui i giornali sono pieni, a me pare che il Pd sia del tutto incapace di reggere politicamente alla domanda che viene dall’opinione pubblica: se questo sistema va bene o no, se nelle parti che non va bene è stato sufficientemente contrastato, e se non lo è stato, perché; per incuria, incapacità di vedere o interferenze di altra natura.
Qual è il sale della vicenda, Formica?
La questione è ormai degenerata in pettegolezzo, ma la sua natura è tutt’altra ed è molto più seria. Il potere politico dove deve fermarsi nell’interferire sull’attività di organi dello Stato come Bankitalia e Consob?
La Boschi ha tutelato gli interessi del suo territorio. Cosa deve fare un politico se non questo?
Il problema non è la tutela del territorio, ma se in tale tutela si fanno interessi propri o meno. In qualsiasi azione politica l’elemento discriminante è quanta parte c’è di interesse proprio e quanta di interesse generale.
Dove deve fermarsi il politico?
Se un ministro di un governo ha bisogno di informazioni, mettiamo, sulla sicurezza del proprio territorio, non telefona al questore, magari concordando di prendere un caffè o andandolo a trovare a casa, ma chiede al suo collega ministro dell’Interno. Le banche sono alle dipendenze del ministro dell’Economia. Se si tratta di informazioni e non di una forma di pressione, egli sa quello che deve sapere.
Cosa pensa di quanto accaduto in commissione banche?
I giornali si sono dati al gossip. Mi aspettavo che facessero l’apologia di Visco, che nell’aprile 2014 a domanda del presidente del Consiglio (Renzi, ndr) su cosa sapesse di Etruria, non rispose, perché il suo interlocutore era soltanto il ministro dell’Economia e ad altri non poteva rispondere. Viva Visco, mi aspettavo di leggere, perché ha resistito alle pressioni indebite del capo del governo. Macché.
Chiedere informazioni è sinonimo o è paragonabile a fare pressioni? Quest’ultima è un’accusa che Renzi e Boschi respingono.
Se sono ministro dell’Interno e voglio che il questore metta un po’ di poliziotti sotto il palazzo di mio cugino, non c’è bisogno che glielo chieda apertamente, basta che vada da lui e gli domandi se quel palazzo è difeso a sufficienza. Il potere del sovrano, di chi è in una posizione superiore, è quello di indicare un problema anche solo mostrando che la cosa gli interessa.
Al giglio magico interessava il futuro di Etruria.
Nella mafia è sufficiente il dito per comandare. Il capo mafioso indica. Gli basta la potenza del dito. La Boschi è andata da una serie di persone indicando qualcosa. E’ come il dito del capo-mafia. E’ la natura del potere.
Il paese è solo in crisi politica o anche istituzionale?
Viviamo una crisi istituzionale da trent’anni. Vi siamo immersi tutti. Ne è parte anche Berlusconi, non solo il Pd.
Vede vie d’uscita?
La domanda che mi farei è un’altra: quando supereremo il livello di sopportazione popolare? Credo che siamo al limite.
Vuol dire voto di protesta o astensione dalle urne?
Per il momento l’esercizio della protesta è prevalentemente pacifico, ma potrebbe cambiare forma. Quando si ledono gli interessi concreti, vitali della gente, non si sa mai che cosa può succedere.
(Federico Ferraù)