Che la vita politica italiana abbia ancora (o finalmente) bisogno di una politica credibile, moderata, pragmatica ed ancorata alla più alta tradizione democratica del Paese molti continuano a denunciarlo, soprattutto in un periodo di totale disorientamento nel quale le forze antisistema sembrano moltiplicarsi e le pulsioni storicamente definite extra-parlamentari appaiono in grado di strutturarsi per tentare l’incursione nella stanza dei bottoni.
Ma se da un lato esiste una domanda politica di “centro” potenzialmente consistente, dall’altro l’offerta appare talmente strabordante da svilire ogni residua attendibilità ed indurre un’assai motivata diffidenza.
Il fatto che in un campo alberghino ben 22 sigle centriste alleate — per giunta — ad un’altra espressione (ben più consistente) del popolarismo europeo come Forza Italia e, nel campo opposto, altre espressioni del centro siano alleate ad un volano politico di forte impronta moderata come il Partito di Renzi (al secolo, Pd), descrive meglio di ogni analisi politologica l’incoerenza del sistema politico italiano e la sua atavica incapacità culturale alla sintesi.
Morale: molti centrini, nessun Centro, nessun capo e nessun futuro (coda!).
Eppure la nuova legge elettorale, con le sue modeste soglie di accesso (o di sbarramento, come dir si voglia), avrebbe potuto agevolare la nascita di un serio “progetto dei moderati 4.0” con la prospettiva di riunire, nel breve periodo, le varie esperienze centriste in un contenitore unico capace di superare la soglia del 3 per cento per dare vita a gruppi parlamentari culturalmente omogenei e, nel medio-lungo periodo, poter lavorare ad una coalizione nella quale ricomprendere Pd e Forza Italia.
Una prospettiva stimolante che avrebbe potuto significare aria fresca per l’asfittico sistema politico italiano ma che — come era prevedibile — è rimasta vittima della sindrome del “posto fisso” più che sicuro.
Infatti, dopo il moltiplicarsi delle sigle, le rispettive richieste dei capibastone e sondaggi “infimi” (la quarta e quinta gamba del centrodestra, secondo gli ultimi sondaggi, non raggiungerebbero nemmeno la soglia dell’1 per cento, risultando quindi completamente inutili alla stessa coalizione), niente appare più certo per nessuno.
In politica come in montagna le scorciatoie rischiano di stroncare le gambe e il sentiero lungo (della credibilità e della coerenza) sebbene faticoso spesso si rivela il più adatto anche per progetti ambiziosi che comunque restano sullo sfondo di un panorama politico destinato a mutare in un brevissimo tempo.