Il rumore suscitato dal caso Boschi-Banca Etruria è stato talmente forte e insistente che il vostro vecchio Yoda è stato costretto a seguire, pur dalla sua lontana galassia, molti giornali e notiziari per capirci qualcosa. Complessivamente, la totale maggioranza dei mezzi di informazione italiani, con i loro opinionisti e le loro firme più o meno autorevoli, ha convenuto che se nel comportamento dell’allora ministra non era riscontrabile nulla di penalmente rilevante, era evidente un comportamento politicamente scorretto. Basta ricordare qualche titolo: “Etruria, il clamoroso autogol della Boschi”, “Il caso Etruria è chiuso con la sconfitta di Boschi e Renzi”, “Boschi è politicamente morta”, “Sondaggio al Nazareno su Maria Elena Boschi: gli elettori non la vogliono”, “Così la Commissione Banche si è trasformata nella Commissione Boschi”, “Etruria il mesto calvario di Boschi e Renzi”, “Caso Boschi, il Pd è in ebollizione, non solo la minoranza”, “Le banche affondano il Pd”, “Le finte missioni istituzionali di Maria Elena Boschi”. Eccetera. E non si tratta solo di titoli di giornali tradizionalmente avversi al Pd di Renzi, ma anche giornali come La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Messaggero.
Il culmine lo si raggiunge con La Repubblica, che in un editoriale del suo direttore scrive: “Non è accettabile che un ministro della Repubblica si occupi di una questione che fa riferimento diretto al padre. Il rapporto di parentela con l’allora vicepresidente di Banca Etruria è il nucleo di un conflitto di interessi che sarebbe censurato in qualsiasi democrazia occidentale. Le regole morali e politiche del conflitto di interessi non possono funzionare a giorni alterni o a governi alterni. Questo è il cuore del problema, non se siano stati commessi illeciti. Di cui nessuno è a conoscenza. E questa ostinazione mostra quel grumo di potere locale da cui, evidentemente, la sottosegretaria non riesce a prendere le distanze. Il Pd non può farsi carico di questa situazione”.
Ciononostante Renzi ha deciso di tirare dritto, informando che ricandiderà la Boschi: il perché di questa difesa a oltranza sta in una sibillina frase di Massimo Franco sul Corriere della Sera: “Lei non molla perché sa di poterselo permettere”. Che avrà voluto dire? Quali frecce segrete avrà la sottosegretaria nella sua faretra? Quale segreto potenzialmente pericoloso potrebbe custodire? Ma l’alzata di spalle del segretario del Pd porta a nuovi problemi: “Questo Pd non è più casa nostra. I dirigenti dei circoli Dem in Europa scrivono a Renzi e lasciano il partito”, titola l’Huffington Post. Mentre La Stampa cita un sondaggio secondo il quale “per metà degli italiani la Boschi dovrebbe ritirarsi dalla politica”. E secondo Affari Italiani “Nel Pd crollano anche le tessere. Meno di 90.000. Panico al Nazareno”.
Complessivamente i frutti di una sgangherata campagna contro la Banca d’Italia, la convocazione di una Commissione Banche che si è rivelata un potente boomerang, non allertano Renzi, che pare avvitato su stesso, sempre più incapace di cogliere la realtà, commettendo di conseguenza errori su errori. Possibile che non si renda conto che la linea di difesa che ha imposto ai suoi portafucile (altro non sono quelli che lo circondano, pur con cariche altisonanti) è una mera offesa al senso comune all’intelligenza? Sulla questione Boschi, dice Rino Formica al Sussidiario: “Se sono ministro dell’Interno e voglio che il questore metta un po’ di poliziotti sotto il palazzo di mio cugino, non c’è bisogno che glielo chieda apertamente, basta che vada da lui e gli domandi se quel palazzo è difeso a sufficienza. Il potere del sovrano, di chi è in una posizione superiore, è quello di indicare un problema anche solo mostrando che la cosa gli interessa… Nella mafia è sufficiente il dito per comandare. Il capo mafioso indica. Gli basta la potenza del dito. La Boschi è andata da una serie di persone indicando qualcosa. È come il dito del capo-mafia. È la natura del potere”.
Non c’è altro da aggiungere. Eppure Renzi, Boschi e i loro vari portafucile vanno in tutte le trasmissioni tv a sostenere una tesi semplicemente insostenibile. Che avrà riflessi inevitabili non solo sul giudizio inerente il caso specifico di Banca Etruria, ma sulla credibilità stessa del Pd anche al momento delle elezioni. Come si fa a credere in un partito che dimostra di poterci prendere per allocchi credendo di difendere così l’indifendibile? Se poi a sostenerlo non sono quelli che Renzi considera nemici per principio, ma il suo stesso capo della comunicazione del Pd, Richetti, vuol dire che si è arrivati assai vicino al fondo.
Così scrive Il Corriere della Sera riprendendo un intervento di Richetti: «”Non puoi andare ad Arezzo a dire che ‘siccome volevamo abolire il Senato e ci mettiamo la faccia su Banca Etruria, mi candido al Senato ad Arezzo’. Poi arrivi a Milano e ‘siccome sono a Milano sfido Berlusconi nel collegio di Milano’. Poi dopo andrà a finire, com’è giusto che vada a finire, che ti candidi a Firenze che è la tua città. Allora mi chiedo, perché non comprendiamo che in politica la parola data, anche su questioni poco rilevanti, conta, in una stagione così complessa?”… La conclusione, che in realtà Richetti mette in premessa, è che manca “quell’etica della parola data”. “Se non la ritroviamo, ragazzi, possiamo fare tutta l’azione di governo…”. Sottotesto, si perdono le elezioni. “Mi ha fatto molta impressione l’amica dell’Anci che mi ha detto ‘nell’ultimo anno è la prima volta che parliamo di noi’. (…) Quando un partito arriva a questo dato di stanchezza e sfilacciamento abbiamo un problema enorme…”. E “chi non è consapevole di questo è meglio che cambi mestiere”. Da quando i due hanno ricucito, Richetti è stato tra i più vicini a Renzi. L’affondo di ieri è il segno che qualcosa è cambiato o sta cambiando. Non si sa se nel rapporto tra i due. O, come più probabile, dentro tutto il Pd».
Oramai se la fanno e se la dicono tra di loro. E da soli si preparano un drammatico finale.