Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni chiude, con una lunga conferenza stampa, la 17esima legislatura. Tocca a lui tirare le fila di un periodo tra i più problematici della storia repubblicana e soprattutto fare i conti con i numeri impietosi di una lunga crisi cominciata a livello mondiale nel 2007, esportata in Europa nel 2008 e proseguita tra sussulti economici e istituzionali di fatto ancora in corso. 



E’ un anno esatto che Gentiloni copre il ruolo di primo inquilino di Palazzo Chigi. Non poteva di certo imprimere una svolta radicale alla politica degli annunci coltivata con tenacia controproducente da Matteo Renzi, il leader che lo ha preceduto a Palazzo Chigi e che è sempre segretario del Partito democratico, del suo partito. Ma in tutti i casi, pur sostituendo Renzi nell’ultimo anno di legislatura e arrivando a presiedere un governo dopo una batosta referendaria drammatica, che chiuderà per molto tempo la possibilità di vere riforme istituzionali, Gentiloni può affermare con qualche merito: “Certo, c’è molta strada da fare. Guai a immaginare un futuro di piccolo cabotaggio. Il mio governo era nato un anno fa dopo la sconfitta del referendum, le dimissioni di Renzi e con le difficoltà del Pd, ma non abbiamo tirato a campare”.



In realtà Gentiloni ha accompagnato il Paese alla naturale scadenza elettorale, risultando alla fine il più popolare tra i politici italiani e non creando traumi o strappi gravi. I problemi a sinistra del Pd li ha dovuti subire, ma ha continuato a governare con lealtà verso il leader del suo partito e con l’onestà che gli era concessa dalla situazione reale del Paese.

Durante la conferenza stampa, Gentiloni ha spiegato: “Dovevamo evitare interruzioni brusche e traumatiche in un momento molto delicato per l’economia italiana e per la nostra società che stava leccandosi le ferite, stava riprendendo fiato e in alcune regioni stava rimettendosi a correre. Sarebbe stato grave, devastante arrivare a interruzioni traumatiche ed a esercizi provvisori”.



Gentiloni ha fatto il possibile per arginare i problemi, soprattutto quelli economici e quelli in particolare legati alle banche. Ha scelto di non andare a un confronto duro con Bankitalia sulla persona di Ignazio Visco, così come voleva il suo segretario. Nello stesso tempo, anche ieri in conferenza stampa, ha difeso Maria Elena Boschi, l’attuale sottosegretario alla Presidenza che viene giudicato “troppo invadente”, da avversari, ma anche da “amici”.

Qui Gentiloni, durante le conferenza stampa, è stato secco: “Nel fronteggiare la crisi delle banche il governo ha evitato le conseguenze di una crisi di sistema, altro che regalare soldi ai mariuoli”. Poi ha continuato: ” Vigileremo perché il risanamento prosegua con ritmo necessario ma evitiamo crisi create da regole improvvisate”. Infine la questione Boschi e il “complesso della commissione”. Ha detto Gentiloni: “Ho insistito perché Boschi restasse. Rispetto gli esiti della commissione banche, un sollievo la fine”.

Tutto sommato, nella sua conferenza stampa, Gentiloni fa capire di essere passato attraverso le forche caudine, ma con il ruolo che gli competeva, a testa alta,  anche tra i drammi della crisi e della scissione del Pd e della situazione economica. Una situazione che dà segnali di ripresa, ma che spesso vive ancora momenti di incertezza: “La verità è che il Paese si è rimesso in moto dopo la più grave crisi del dopoguerra. La crescita italiana nell’anno passato ha preso un buon ritmo e oggi viaggia al doppio delle previsioni di un anno fa. E il famoso ‘fanalino di coda’ dell’Europa non siamo più noi. Abbiamo recuperato un milione di posti di lavoro perduti, in maggioranza a tempo indeterminato”. Ma Gentiloni ha subito aggiunto: “C’è comunque poco da rallegrarsi, basti pensare ai giovani, al Sud, al tasso di occupazione ancora bassissimo, alle donne, al precariato. Tutto questo ci dice quanto bisogna insistere e quanto ci sia poco da scherzare nei prossimi anni”.

Tutto sommato, la conferenza stampa conclusiva di Gentiloni non è un discorso fatto in punta di piedi, ma rappresenta a conti fatti la rivendicazione di un lavoro svolto in momenti di estrema difficoltà con la consapevolezza di un futuro carico di incertezze.

Può bastare questa prudente gestione di Gentiloni nell’attuale situazione italiana, purtroppo pervasa di rancore e disillusione? Saranno sufficienti i toni decisi ma soffici di un leader che deve perforare una percezione negativa di gran parte degli italiani, per assicurare stabilità con un risultato elettorale almeno convincente per un tentativo di governabilità?

Comincia una campagna elettorale, di fatto, con meriti o demeriti presunti, che può riservare risultati impensabili e imprevedibili.