Ci sono ormai solo posti in piedi dalle parti del centrodestra. Il momento della definizione delle candidature è difficile per tutte le formazioni politiche, ma per la coalizione moderata lo è un po’ di più. Perché ci sono tre galli a cantare nel pollaio. E perché l’aria di vittoria ha scatenato appetiti indicibili. 



Il braccio di ferro che è già in corso e che continuerà per buona parte del mese di gennaio sarà delicatissimo, e qualcuno rischia di farsi del male. Renzi avrà il problema della scarsità di posti, ma potrà decidere quasi tutto da solo, essendo nanetti i suoi alleati. I 5 Stelle dovranno trovare candidature decenti per i collegi uninominali, ma la loro particolare concezione della democrazia online li pone al riparo dagli scontri interni. Berlusconi, Salvini e Meloni, invece, si giocano al tavolo delle candidature dei collegi uninominali molto di più: in ballo ci sono soprattutto gli equilibri del dopo voto, anche se i due terzi dei seggi verranno assegnati con il metodo proporzionale. 



L’aria per il centrodestra è positiva in modo persino inaspettato qualche mese fa, il distacco nei sondaggi dagli altri due schieramenti abbastanza netto. Ma la soglia a cui è ipotizzabile la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento (collocata da molti osservatori poco sopra il 40 per cento) appare ancora piuttosto lontana, anche se non del tutto irraggiungibile. 

L’ipotesi più concreta rimane quella che nessuno il 5 marzo avrà la possibilità di governare in modo autonomo, né centrodestra, né centrosinistra, né grillini. E i numeri che si definiranno nella lotta per accaparrarsi i collegi migliori può aprire o chiudere prospettive politiche. Logico che la tensione salga alla stelle soprattutto nel centrodestra, coalizione più forte fra gli elettori che fra i leader.



Salvini ribadisce che l’indicazione del premier verrà da chi — fra Lega e Forza Italia — avrà un seggio in più. Se sarà Carroccio il nome unico sarà il suo, se sarà Forza Italia i nomi che circolano sono Tajani e Frattini. Ma potrebbe essere un braccio di ferro inutile, senza una maggioranza autonoma. E a quel punto le strade potrebbero dividersi, dal momento che Berlusconi guarda più all’ipotesi di una rinnovata fase di larghe intese con i democratici (specie se guidati da un Gentiloni). Ma sommando i seggi di azzurri e Pd si potrebbe rimanere lontani dalla maggioranza assoluta. 

Salvini vede l’ipotesi di sostenere lo stesso governo con il Pd come fumo negli occhi. Meglio rimescolare le carte, se sarà necessario, e concretizzare le voci di un’alleanza con i grillini, magari in compagnia della Meloni e — se proprio dovesse servire — della pattuglia di Liberi e uguali.

Al tavolo del centrodestra sarà quindi battaglia casella per casella. Berlusconi sta facendo casting per individuare volti nuovi e giovani, provenienti soprattutto dalle professioni, dall’impresa e dalla società civile. Ma deve fare i conti con i transfughi di ritorno, quelli che hanno tentato di risalire sulla nave di Forza Italia e quelli che hanno dato vita alla “quarta gamba” di “Noi con l’Italia”. Nomi in alcuni casi indigesti per Salvini, come l’ex sindaco di Verona Tosi, una volta legista, o Zanetti di Scelta Civica, oppure ancora l’ex Ap Lupi. Ma ci sono anche altri nomi su cui non c’è un plauso unanime, come Cesa, che porta in dote il simbolo dello scudo crociato. In fondo quella quarta gamba ai leader di Lega e Fratelli d’Italia sembra proprio inutile, al punto da cercare di tenerla fuori dalla trattativa per la spartizione dei posti.

Non è difficile immaginare una serie di dispetti reciproci. Ad esempio il leader leghista potrebbe usare i nomi di Tremonti, o Sgarbi, che proprio non fanno fare salti di gioia dalle parti di Arcore. Vecchie ruggini, le stesse che potrebbero portare Bossi in lista con Forza Italia, se il Carroccio dovesse davvero chiudere le porte al proprio fondatore. 

Berlusconi e Salvini, però, hanno tutto l’interesse a trovare un’intesa, almeno in questa particolare fase politica. Ne va di un consistente pacchetto di seggi nei collegi uninominali che andrebbero presumibilmente soprattutto ai 5 Stelle, se l’alleanza moderata finisse in pezzi. Ma dopo il 4 marzo tutto può succedere. I tre protagonisti del centrodestra ne sono perfettamente consapevoli, e fino ad allora terranno nascoste le proprie carte. E’ il segreto di Pulcinella: con ogni probabilità i giochi veri si faranno quando gli italiani si saranno espressi, con l’attenta regia di Mattarella. E in quel momento ciascuno nel centrodestra potrà recuperare la propria autonomia.