Andrea Orlando potrebbe essere il giusto identikit per opporsi a Matteo Renzi al prossimo Congresso Pd: lui non smentisce l’ipotesi (neanche la conferma, va detto, come leggiamo qui sotto) e da molte parti attorno al Largo del Nazareno si inizia a pensare al ministro della Giustizia come possibile verso avversario di Renzi per il Congresso-lampo che si prospetta nei prossimi mesi. La sua posizione apertamente contro il segretario ieri alla Direzione avrebbe convinto gli altri leader della minoranza: pur senza un apparente accordo, Orlando ha portato le medesime richiese di Bersani, Speranza ed Emiliano e pare sembrare il giusto candidato. Centrista ma non troppo, nuovo ma non troppo e con una base di consenso che potrebbe essere maggiore a quella di Renzi in questo momento. «Come tutti gli uomini politici esperti, Orlando infatti è uno che ha pazienza. Non è un velocista ma un fondista. E – complicazione forse insormontabile – è il ministro della Giustizia, ruolo che oggettivamente renderebbe complicato battere i circoli del Pd di tutta Italia e soprattutto sottoporsi a un voto che, in qualche modo, potrebbe avere un nesso con il giudizio sul governo», segnala l’Unità molto attenta alle vicende di casa Pd. Ieri Orlando ha fatto riferimento alla Spd per una rinascita della socialdemocrazia in salsa italiana: se sarà il giusto argomento per scardinare il rottamatore fiorentino saranno i prossimi mesi a dircelo.



Andrea Orlando dopo la Direzione Nazionale del Pd tenutasi ieri non condivide affatto la scelta di Renzi, votata al termine della riunione dalla maggioranza del Partito, di andare a Congresso subito. «Se vedi uno che sta facendo una curva parabolica che lo porta a un frontale, glielo dici di stare attento, no?», racconta a La Stampa e Repubblica ieri sera appena finita la Direzione. Il ministro della Giustizia, da sempre considerato assieme a Matteo Orfini un “post-renziano” assai poco ortodosso – tanto che sono chiamati “Giovani Turchi” all’interno del Partito Democratico – potrebbe aver fatto il passo decisivo ieri per porre le basi di una prossima candidatura alla segreteria. Azzardato? Questo si vedrà, di certo Orlando non ha gradito affatto la scelta di Renzi di andare all’Assemblea Nazionale per decidere sulla data immediata del Congresso dem. «Non ero d’accordo con Renzi e gliel’ho detto, che c’è di strano? Se uno sbaglia, glielo dico». Cosa però non convince nel contenuto il ministro della Giustizia? «Non sono convinto che andare subito al congresso sia un bene per il Pd. Io sono molto attento agli aggettivi, ma in questo caso non si può sfumare la posizione. Se uno non è d’accordo a fare un percorso deve dirlo: non sono d’accordo perché così non si risolvono i nostri problemi identitari e di proposta politica». 



La proposta di Andrea Orlando non è passata ieri, quel di Matteo Renzi sì: ma non è detto che questo si riproponga anche nell’immediato futuro, con l’Assemblea Nazionale di sabato prossimo che vedrà riproporre la proposta del ministro, annuncia ieri. «Il percorso congressuale lo apre l’Assemblea nazionale. Vediamo cosa si deciderà in quella sede. Sono dispiaciuto che non sia passata la mia linea: io la riproporrò lì e spero di avere maggior fortuna. L’Assemblea in teoria potrebbe decidere per una conferenza programmatica prima del congresso». Una conferenza programmatica, ovvero una lunga discussione su tutti i temi da presentare per la nuova linea del Pd nei prossimi mesi: questo significa dunque un Congresso solo al termine della Conferenza, e quindi elezioni successive in pratica con scadenza naturale della Legislatura. Questo Renzi non lo ha scelto e vuole puntare al Congresso “lampo”: per ora il Pd lo segue, ma Orlando assume sempre di più le vesti del suo maggiore sfidante. «Non escludo una mia candidatura alla segreteria. È un problema che si porrà solo quando inizieremo a discutere della proposta da fare al Paese. Ho semplicemente detto che non ho paura del popolo, ma delle regole», conclude nel suo ragionamento Andrea Orlando. Niente scissioni, ma la volontà di sfidare dall’interno del Pd il segretario uscente: ce la farà il “giovane turco”? (Niccolò Magnani)

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