Il caso del giorno questa volta non riguarda Virginia Raggi, o almeno non solo: Luigi Di Maio ha voluto replicare poco fa su Facebook alle accuse ricevute sulle famose chat del caso Marra. «Chiedo ufficialmente le scuse con i direttori e la chiudiamo qui ormai ho raggiunto il mio limite. I direttori da che parte stanno? Da parte dell’informazione o da parte di qualche partito che vuole fermarci? Noi siamo gli unici che possiamo arrivare al 40% ma chiedo a tutti i giornalisti onesti di starci vicino, perché ne abbiamo bisogno, ormai la misura è colma». Un attacco politico, la vede così il giovane leader M5s, ma uno dei quotidiani direttamente citati da Di Maio come responsabile di giornalismo killer, non ci sta: ecco la replica, punto per punto di Repubblica. «Quello esaminato dall’Ansa e utilizzato da Beppe Grillo nel suo blog è il testo dei messaggi scambiati tra Luigi Di Maio e Virginia Raggi il 10 agosto. Quello pubblicato da Repubblica invece è il testo dei messaggi presenti nella memoria del telefonino di Raffaele Marra: si tratta della selezione delle frasi di Di Maio che Virginia Raggi ha inoltrato a Marra. Si tratta del testo conservato nella memoria del cellulare sequestrato a Raffaele Marra al momento dell’arresto e agli atti dell’inchiesta». Interessante anche il passaggio sul “servitore dello stato” visto che secondo Di Mano e Grillo il riferimento è al lavoro nella Finanza dell’allora capo del personale Marra, mentre Repubblica e Carlo Bonini replicano. «Il blog di Grillo spiega la definizione di “servitore dello Stato” con cui Di Maio indica Marra con “il fatto che Marra era della Guardia di Finanza”. Va ricordato che Marra ha lasciato la Guardia di Finanza da più di dieci anni». Clicca qui per il botta e risposta Repubblica-Di Maio
Dopo Beppe Grillo ora arriva anche la replica di Luigi Di Maio stesso alla vicenda legata a Raffaele Marra e alla chat con Virginia Raggi. «La misura è colma, ora basta. Questo è un giornalismo che fa schifo, un giornalismo killer che deve finirla immediatamente. Per me Mara era impresentabile fin dall’inizio e le chat lo provano, tanto che non ho mai detto che lui era uno dei “miei”». Irato e stizzito, il giovane leader M5s vuole giustamente difendersi dopo le tante accuse rivolte contro di lui, anche se restano quelle parole all’interno della chat che non possono essere smentite, dato che lo stesso blog 5Stelle le ha ripubblicate praticamente pari. Come riporta una prima replica di Repubblica, accusata di giornalismo killer dal Movimento, «Il blog di Grillo inoltre spiega la definizione di “servitore dello Stato” con cui Di Maio indica Marra con “il fatto che Marra era della Guardia di Finanza”. Va ricordato che Marra ha lasciato la Guardia di Finanza da più di dieci anni. Da allora ha lavorato come direttore dell’Unire guidata all’epoca da Franco Panzironi, lo stretto collaboratore di Gianni Alemanno arrestato nella retata di Mafia Capitale del dicembre 2014. Poi è entrato al Comune di Roma con lo stesso Alemanno, che dal 2015 è sotto processo per corruzione e finanziamento illecito». Clicca qui per il video-replica di Luigi Di Maio
Non è mancata la replica immediata del blog di Beppe Grillo alla notizia pubblicata su Repubblica e Corriere della Sera questa mattina su Luigi Di Maio che avrebbe mentito sul suo rapporto con Raffaele Marra: un servitore dello stato viene definito in una chat mandata alla sindaca Virginia Raggi, una sorta di garante al contrario di quanto lui stesso dice da quando è scoppiato il caso Marra a Roma. Le ire del Movimento arrivano pochi istanti fa, pubblicate sul Blog: «Oggi quattro giornalisti differenti su tre giornali diversi riportano la stessa fake news su Luigi Di Maio. La faccenda è di una gravità inaudita perchè quello che hanno scritto è falso». L’attacco è contro Bonini, Sarzanini, Errane e Menafra, quattro colleghi che sono inseriti nella “lista nera” presentata una settimana fa proprio da Di Maio all’Ordine dei Giornalisti. Viene pubblicata la presunta vera chat, con tanto di commento dello stesso M5s: «Quanto alle ragioni di Marra. Aspettiamo Pignatone (il MoVimento 5 Stelle aveva chiesto alla Raggi di far verificare il nominativo Marra a Pignatone, il procuratore di Roma, ndr). Poi insieme allo staff (quello che allora era chiamato mini direttorio, ndr) decidete/decidiamo. Lui non si senta umiliato. È un servitore dello Stato (Marra era della Guardia di Finanza, ndr). Sui miei (intendendo chiaramente i suoi collaboratori, ndr) il Movimento fa accertamenti ogni mese. L’importante è non trovare nulla».
Grossi guai, ancora per il M5s a Roma ma questa volta per Luigi Di Maio: secondo le ultime indiscrezioni rilasciate da Repubblica questa mattina, ci sarebbero le prove che il giovane leader grillino avrebbe mentito sul caso Marra che sta inguaiando ormai mezzo Campidoglio a Cinque Stelle. Pare infatti che non sia vero quanto riferito da Di Maio nella celebre intervista a In mezz’ora da Lucia Annunziata dove affermava appena scoppiato il caso Marra – il braccio destro di Virginia Raggi detenuto a ormai due mesi in carcere con l’accusa di corruzione – che il 6 luglio 2016 incontrò l’ex capo del personale in Campidoglio per cacciarlo, salvato solo dall’ostinazione della sindaca a volersi fidare di lui. Secondo Carlo Bonini dunque la prova della falsità politica di Di Mano arriverebbe proprio con altre chat, come del resto già capitato per il sindaco Raggi, Marra, Frongia e Romeo, i protagonisti della chat “quattro amici al bar”. «Non è vero che fu l’ostinazione della sindaca Virginia Raggi a impedirne l’allontanamento. E’ vero piuttosto il contrario. Perché, ancora il 10 agosto 2016, oltre un mese dopo il loro incontro e nel pieno dello scontro interno al minidirettorio che ne chiedeva la testa, Di Maio sollecitava Marra a resistere perché “servitore dello Stato”», scrive Bonini presentando le chat dello “scandalo” che sono al momento in possesso dei magistrati di Roma.
Luigi Di Maio ha sempre sostenuto che su Raffale Marra ci furono forti discussioni all’interno del Movimento 5 Stelle, con il mini direttorio e lui stesso che non volevano l’assunzione di Marra, ma che invece fu Virginia Raggi a garantire per lui. Con questo nuovo materiale pubblicato oggi da Repubblica pare invece il contrario, con Di Maio che sarebbe il primo vero “garante” dell’uomo accusato di corruzione e con altre indagini a suo carico sull’attuale amministrazione romana. Le chat sono due in particolare, entrambe datate 10 agosto 2016 e custodite nella memoria dello smartphone di Raffaele Marra sequestrato al momento del suo arresto. Ecco la prima: «Vorrei anche ricordarti che ho manifestato la mia disponibilità a riprendere l’aspettativa sin dal giorno in cui ho incontrato il vice presidente Di Maio a cui manifestai la mia disponibilità a presentare l’istanza qualora non fossi stato in grado di convincerlo, carte alla mano, sulla mia assoluta correttezza morale e professionale. L’incontro, come sai, andò molto bene, tanto che lui mi disse di farmi dare da te i suoi numeri personali. Cosa che per correttezza non ho mai fatto. Pensavo che quell’incontro potesse rappresentare un punto di svolta. Evidentemente mi sbagliavo», scrive Marra alla Raggi. Ma è la risposta che la Raggi che confermerebbe la menzogna politica del giovane leader fidato di Beppe Grillo: il sindaco di Roma, per rassicurare Marra, gli gira il messaggio dello stesso Di Maio che diventerà un caso politico nei prossimi giorni. «Quanto alle ragioni di Marra, lui non si senta umiliato. E’ un servitore dello Stato. Sui miei, il Movimento fa accertamenti ogni mese. L’importante è non trovare nulla». (Niccolò Magnani)